Recensioni

Le nuove frontiere del Mediterraneo

“In viaggio tra Mediterraneo e storia” (2017 Ragusa, edizioni di storia e di studi sociali) è un saggio di carattere geografico-etnologico, basato su riferimenti archeologici, storico-politici e letterari, che nasce dalla collaborazione tra due studiosi di chiara fama: Carlo Ruta e Sebastiano Tusa. L’opera presenta una tessitura a mosaico e offre la suggestione di un dialogo tra due interlocutori che, con apporti culturali diversi ma mai divergenti, conducono una trattazione intensa e molto documentata.

L’opera si pone quindi come disamina attenta e meditata nel tempo e nello spazio di quello che, forse arditamente, si potrebbe definire un subcontinente: il bacino del Mediterraneo.  Braudel lo definisce una “pianura liquida” che è in grado di congiungere popolazioni, mescolare culture e stili di vita, creare relazioni civili anche nelle peggiori condizioni”. L’archeologia che parla attraverso il linguaggio delle cose, dà un notevole contributo alla definizione dei dati storici e consente anche di poterli concretizzare, attraverso i reperti.

Fondamentale in un mondo liquido è la sapienza marinara che si evince dai riferimenti letterari ma soprattutto dai ritrovamenti subacquei. Dalle tecniche primitive ai sapienti sistemi mercantili è tutto un affastellarsi di “cose” che il “libro” del mare ci consente di leggere.

Nel mondo antico una stratificazione di saperi e di competenze conduce dai Fenici ai Cartaginesi, ai Greci e particolarmente ai Romani che posero le basi del diritto commerciale. Luogo di scontro tra civiltà, il  Mediterraneo,attraverso i reperti incagliati nei suoi fondali, ci consente di “leggere”la Storia ma anche come luogo di passaggio per scambi culturali ha preconizzato e favorito l’interculturalità tra popoli lontani. Nell’età di mezzo, il jihad islamico ha movimentato il mare sia per spostamenti etnici dovuti a cause endemiche, sia per motivi ideologici e religiosi. La cristianità ne ha avuto un forte scossone ma non sono mancati i vantaggi come, soprattutto, in Sicilia, il sistema di canalizzazione delle acque.

Nell’età moderna, il Mediterraneo diventa centro strategico dei commerci e delle politiche egemoniche delle Monarchie: battaglia epocale, quella di Lepanto del 1571, con il respingimento dei Turchi. Nel XVIII secolo il Grano Tour in Sicilia propone il Mediterraneo come “culla” di civiltà e “laboratorio geologico” per cui gli antichi mestieri e saperi del bacino vengono adattati ai bisogni del tempo e rimodellati in rapporto ai progressi della tecnica.

Esemplare nel primo Novecento è la vicenda dei palombari della nave Artiglio, uomini semplici ma eredi dell’abilità degli antichi “urinatores” romani, capaci di riportare in superficie, a rischio di vita, preziosi carichi. Oggi lo scenario del Mare Nostrum è cambiato, una merce umana lo attraversa giornalmente e non bastano i gesti di solidarietà e di abnegazione.

Le tragedie sono ricorrenti e talvolta la pietà è soverchiata dalla rabbia. Una cattiva politica postcoloniale, la paura del terrorismo, la disposizione al rifiuto contro l’accoglienza hanno reso le sponde del Mediterraneo inospitali e pericolose. Lampedusa rappresenta uno dei pochi fari di civiltà che ancora illuminano acque di morte.