Recensioni

L’arte come occhio sul mondo

“Sguardo” di Valentina Certo (ANIMAMUNDI EDIZIONI Otranto Lecce 2022 pagine 68) è un testo pregevole e molto profondo che affronta tematiche artistiche di rilievo con grande competenza riuscendo a cogliere la vita spirituale dell’arte. Un testo sintetico ma ponderoso allo stesso tempo fatto di sguardi e di piacevolissime escursioni nel mondo dell’arte. Un importante riferimento è fatto a Kandisky che nel 1910 prevenendo studi che successivamente avrebbero ottenuto un grande rilievo scrisse un saggio di notevole interesse: “Lo spirituale nell’arte”. Il saggio disquisiva sapientemente in merito all’emotività e alla motivazione al sapere ed alla educazione come “processi interdisciplinari e connessi che favoriscono la maturazione e la formazione culturale e sociale dell’individuo”. Nel medesimo anno la prima opera di arte astratta (un acquerello che rappresenta il mondo spirituale) dà corpo alla concezione che solo l’arte che è pura può alimentare nell’osservatore e nello studioso “Una fiamma inestinguibile che induce alla curiosità ed alla conoscenza”. Bisogna quindi sguardare o meglio indagare(con un criterio sperimentale) ciò che ci circonda per raggiungere la piena armonia con il creato. A scuola la dimensione teorica e quella operativa sono simbiotiche ed inducono all’educazione al bello. Il laboratorio consiste nel produrre il bello mediante l’osservazione diretta la ricerca l’immaginazione la percezione e la sperimentazione.

Sguardare vuol dire quindi guardare con intensità e con criticità positiva il mondo nella sua realtà con una finalità importante: entrare a far parte di esso”in equilibrio ed armonia”. Nelle scuole l’educazione artistica è un insegnamento che coniuga l’aspetto teorico con l’educazione alla bellezza: una sorta di laboratorio per risolvere i problemi attraverso progetti predeterminati. Il laboratorio è quindi un luogo che consente la sperimentazione e la produzione del bello . Esso si rivela fondamentale per la crescita culturale e sociale dell’individuo. Il filosofo e pedagogista americano John Dewey nella sua pubblicazione “Democrazia ed Educazione” del 1916 si sofferma sulla metodologia dell’imparare che crea questa fondamentale osmosi tra teoria e pratica. I modelli proposti da Dewey sono due: la scuola attiva ( sviluppatasi negli anni ’60 con la progettazione di laboratori cognitivi ed interpretativi) che promuove un apprendimento collettivo e creativo di scrittura e di risoluzione dei problemi fanno comprendere la necessità di sapersi muovere in un mondo così complesso e divengono fondamentali per la crescita culturale e sociale dell’individuo. John Dewey filosofo e pedagogista americano nella sua pubblicazione “Democrazia ed Educazione” del 1916 si sofferma “sull’imparare facendo” che è una metodologia che consente nel contempo d’imparare e di produrre. Nel 1896 egli istituisce nella scuola un laboratorio creativo ed educativo che produrrà l’accrescimento della creatività e della fantasia e contemporaneamente l’interazione positiva tra docente e discente. Due sono i modelli di scuola a cui si attiene:la scuola attiva e la scuola a tempo pieno. La prima si sviluppa negli anni ’60 con la progettazione e la realizzazione di laboratori cognitivi ed interpretativi .

Entrambi comunque integrano i diversi interessi che agitano l’umanità componendoli in un’armonia che si definisce sapere prospettico. In Italia Borghi molto vicino al pedagogista americano coordinò la scuola di Firenze che divenne fulcro di ricerche e di rinnovamento. Anche Bruno Munari organizzò dei laboratori per far conoscere ai bambini fino a dieci anni le collezioni musicali e la sua metodologia. Egli sosteneva che l’arte potenziava i processi educativi con un ruolo educativo rilevante. Il giovane educato all’arte diviene più consapevole e più libero.

Technè ed Ars per i Greci e per i Latini quindi erano fondamentali per la formazione dei giovani come anche l’abilità del singolo di creare manufatti. Platone osserva che non si può definire “ars” un’attività irrazionale perché ciò che conta sono le regole rispettate e le norme non derogate. La simmetria e l’armonia dell’opera d’arte vengono definite da Winckelmann nel ‘700 come “nobile semplicità e quieta grandezza”. Seducente la similitudine con il mare che in superficie appare tranquillo mentre in profondità è agitato dalle correnti. Compare l’ideale della “calocagatia” : bellezza e virtù che valorizzano l’individuo una sorta di stretta connessione tra le capacità della mente e la forza del corpo. Le attività teoriche e pratiche che ogni essere umano dovrebbe coltivare sono la ginnastica la musica e la filosofia. Ne è emblematico “il Discobolo” di Mirone( opera bronzea del 455 A.C. ) che rende viva l’immagine di un atleta pronto ad esibirsi. Con Policleto e l’invenzione del canone si raggiunge la perfezione: il suo Doriforo ha misure perfette. Esso avanza poggiando sulla gamba destra mentre solleva il braccio sinistro con la lancia. La statua deriva dall’osservazione di altri modelli ed è molto significativo quanto Platone scriveva in merito:” Non chiamo arte un’attività irrazionale perchè le uniche cose che contano sono le regole e le norme utilizzate. L’ideale del bello e del buono in arte si trasforma in simmetria ed armonia. Platone scriveva: “non chiamo arte un’attività irrazionale poiché le uniche cose che contano sono le regole e le norme . Winckelmann riteneva l’arte greca espressione” di nobile semplicità e quieta grandezza”paragonandola al mare che in superficie appare tranquillo mentre in profondità è agitato dalle correnti. Quindi nell’Atene del V secolo la bellezza e la virtù valorizzano l’individuo ed entrambe sono da ritenersi qualità morali. Il bello ed il buono si assommano qualità fisiche e morali insieme rendono l’uomo valoroso e degno di lode. Le opere d’arte secondo il canone greco evidenziano”nobile semplicità e quieta grandezza” come il mare tranquillo in superficie anche se mosso dalle correnti. Nell’età di Pericle la “calocagatia”indica come anche Platone asseverava nel Timeo che l’uomo deve plasmare il corpo ed arricchire l’anima praticando la ginnastica e ricorrendo alla musica ed alla filosofia .La teoria diventa prassi nella copia romana del “Discobolo” di Mirone come appare nella copia Lancellotti conservata nel museo romano di Palazzo Massimo. Con Policleto e con l’invenzione del canone si arriva alle sculture classiche di maggior rilievo. Nel museo archeologico di Reggio Calabria troneggiano “I Bronzi di Riace” riportati alla luce nel 1972 ed identificati dal prof. Daniele Castrizio. Nell’Umanesimo il punto di riferimento non è più Dio ma l’uomo stesso.

Il David di Donatello è un simbolo del periodo in oggetto realizzato per palazzo Medici si trova al museo del Bargello di Firenze. Il suo corpo non è in tensione anzi sembra un fanciullo quasi efebico che sorride beffardamente perché vincitore. Michelangelo Buonarroti nei primi anni del 1500 realizza una straordinaria statua del David nudo che sta per scagliare la pietra che ucciderà Golia. Essa rappresenta la stretta connessione tra la potenza intellettuale e quella fisica. Sostenitore dei valori classici è Benvenuto Cellini(Perseo con la testa di Medusa) Nel Rinascimento gli intellettuali si interessarono ai grandi classici della letteratura ed ai trattati artistici tradotti ed interpretati. Quindi nell’epoca di mezzo le opere furono tenute in conto per la loro simbologia e per la loro estetica .

Nel Barocco la società si trasforma con modelli più arditi. In epoca neoclassica(1700) l’estetica viene collegata alla concezione di bellezza vista come conoscenza intuitiva e sensibile del bello. Il legame tra estetica e soggetto viene marcato da Hume. Nel passare degli anni l’arte viene valutata di per sé in sostanza perciò che provoca nell’ interessato ed anonimo fruitore del bello. Essa diviene avanguardia culturale e può essere fruita dalla cultura di massa. Nel 1936 Benjamin pubblica un saggio in cui assevera che l’opera d’arte è soggetta alla società ed alle nuove tecniche. Tuttavia essa è indipendente dalla morale dalla società e dalla politica. L’arte che attinge al passato trova una ricca fonte di vita: Eduard Manet si ispira a Giorgione ed a Tiziano per l’opera Olympia del museo d’Orsay di Parigi. Berthe Morisot è una pittrice impressionista molto raffinata. Essa è attratta da Raffaello e da Rubens. Conosce Eduard Manet che la ritrae in undici quadri. Il più famoso è Berthe Morisot con un mazzo di violette. La sua pittura è caratterizzata da “colori brillanti ed armonici”

Tra i pittori contemporanei ha notevole rilievo Renato Guttuso protagonista della pittura neorealista artista impegnato socialmente e politicamente. La sua pittura delinea la storia della Sicilia e dell’Italia nel secondo dopoguerra. Egli tratta in particolare l’eros le donne la politica. La sua ispiratrice è Marta Marzotto: la sua arte è diretta e si rivolge a tutti. Da Bagheria negli anni ’30 va a Milano ed a Roma. Antifascista si iscrive al partito comunista. Tra le sue opere rilevante “La Vucciria”. L’isola dalle mille contraddizioni come compare a lui compare anche nelle opere di Bufalino. La Sicilia pur nelle sue grandi contraddizioni è terra del buio e della luce. Gran parte della sua produzione è conservata a Bagheria. Tematiche di fondo sono la caducità e la precarietà dell’esistenza umana. Nel palazzo “Abatellis” di Palermo c’è l’affresco “Il Trionfo della morte”. L’artista vuole indicare la precarietà e la caducità dell’esistenza umana. Da un lato un giardino paradisiaco dall’altro la morte che è uno scheletro su un cavallo. L’opera immersa in un’atmosfera cupa e surreale è molto attuale e ben si addice alle ombre ed alle luci della nostra modernità. Nel “Trionfo della morte” di palazzo Abatellis i poveri cercano una via di fuga dalla morte i ricchi invece non badano né alla morte né alla caducità del tempo.

L’umanità comunque si defili è inseguita dalla morte che spesso la ghermisce senza offrirle una via di fuga. Tutto ciò di grande attualità ai nostri giorni. I ricchi ingannano la morte i poveri la affrontano a mani nude. Il “memento mori” ci percorre intensamente ma l’arte ci consola proiettandoci in un “ipermondo”.