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Intrighi e delitti nella Messina postunitaria

Intrighi e delitti nella Messina postunitaria

L’opera ultima di Gerardo Rizzo “La scellerata setta” (Di Nicolò Edizioni, Messina 2016 pagg.181) non si colloca facilmente in un genere letterario univoco. E’ un documento storico che talvolta assume lo sviluppo narrativo di un romanzo, è un pamphlet di appassionata difesa dei valori repubblicani, è una cronaca giudiziaria, è una periegesi di un luogo che non c’è più. Lo scrittore rigorosamente celato dietro lo sviluppo dei fatti, si palesa, larvatamente, negli attori principali della vicenda, animandoli. Ecco il questore Sborni, analitico osservatore di un mondo che non comprende e desideroso di ritornare nelle sue terre, ecco il magistrato trapanese Attilio Sacco pronto ad espletare l’ultima sua fatica prima della pensione e ancora l’ardente patriota Emanuele Pancaldo, fino all’appassionato avvocato messinese Giuseppe Oliva.

La vicenda complessa e intrigata si svolge tra il 1870 e il 1873: una setta denominata dei Liberi Purgatori firma una serie di delitti inspiegabili, diffondendo il sospetto che essi si possano riconnettere al partito repubblicano locale e al suo ispiratore l’Apostolo G. Mazzini, eletto per tre volte nel 1866 nel collegio messinese. Tuttavia una parte della cittadinanza tende ad attribuirli alla ” longa manus ” della mafia: sarà l’arringa di Oliva a rendere giustizia agli accusati, proditoriamente incarcerati da anni. Al di là del rilievo storico della vicenda, il romanzo fa emergere interessanti aspetti di analisi, I monumenti, le vie, i palazzi nobiliari su cui indugia l’occhio dell’autore, costituiscono uno spartiacque tra il terremoto del 1783 e quello del 1908 e il lettore” flaneur”, passeggiando tra le pagine del libro, cerca di ritrovare la bellezza e il fascino di ciò che fu. Vivace e variegato è lo spaccato della società messinese nel periodo prossimo alla “Belle Epoque”, con le fastose case dei ricchi stranieri e dei nobili cittadini: salotti lussuosi, mense luculliane, donne parate a festa, turgore e fasto. All’ esterno le vie e le piazze, dominio di chi giorno per giorno s’inventa come vivere. In sottofondo, una voce dietro le quinte, quella dei giornali dell’epoca, proni al potere o libertari. Rilievo è dato anche agli apparati scenografici: la grande fabbrica della Vara, i maestosi piroscafi che occupano le banchine del porto. Ombra e luce: l’occhio del fotografo-scrittore Rizzo inquadra ogni dettaglio e il lettore s’inebria di un’epoca pregna di attesa e amaramente la confronta con un deludente presente.