Messina, la trasformazione del confine terracqueo: 1598-1621

Dalle mura urbiche alla prima Palazzata di Jacopo Del Duca.

L’imperatore Carlo V accompagnato dal viceré Ferrante Gonzaga, durante  la sua  breve permanenza a Messina nel 1535, per dare un più razionale assetto a quel territorio della Corona spagnola in continua crescita demografica ed economica,  collocato sul principale fronte di scontro tra Spagna e Impero Ottomano, disponeva  la realizzazione di importanti trasformazioni urbanistiche che ne modificarono  la fisionomia che in quei primi anni del Cinquecento permaneva ancora con caratteristiche medievali . Le recenti conquiste della flotta di Solimano sulla costa africana, il territorio di Algeri nel 1529, l’isola di Rodi nel 1522 abbandonata dai Cavalieri dell’Ordine militare di S. Giovanni rifugiatisi a Malta, consentivano agli Ottomani di controllare le rotte commerciali del Mediterraneo orientale.  Il “pericolo turco” rappresentava uno dei principali problemi esistenziali dei siciliani e dei messinesi in particolare. Siamo in un tempo della storia in cui  la Spagna, principale potenza mediterranea, è in perenne contrasto politico e militare con l’impero Ottomano, e conseguentemente era impegnata nell’allestimento di eserciti, nella costruzione di navi, in opere di ingegneria militare per la protezione delle coste possedute con fortificazioni di moderna concezione per contrastare le nuove artiglierie che consentivano ora di lanciare  proiettili con traiettoria quasi orizzontale; si rendeva  necessario disporre  di mura attorno alle città con spessore anche di  8 metri rinforzate con numerosi bastioni. Messina avamposto  sullo Stretto, appare al monarca spagnolo priva di adeguate difese militari per contrastare la frequente aggressività in quegli anni dei pirati turco-barbareschi verso le popolazioni delle coste della Sicilia orientale e indifendibile nel caso la Sicilia fosse stata attaccata dalla potente flotta Turca. Carlo V dispose, di conseguenza, importanti e necessari interventi di ingegneria militare affidandone la progettazione e la costruzione a Antonio Ferramolino, a Domenico Giuntalocchi da Prato, al fiorentino Giovannangelo Montorsoli e al messinese Francesco Maurolico. 

I lavori di adeguamento iniziavano nel 1537, in gran parte a spese degli stessi messinesi, si costruiva un nuovo percorso murario seguendo la conformazione fisica del territorio,

Fig. 1: Cinta muraria della città di Messina nel secolo XVI 
1) Forte S. Giacomo; 2) Forte dell’Andria o di S. Francesco; 3) Castello di Roccaguelfonia o Matagrifone; 4) Forte di Basicò e di S.Maria dell’Alto; 5) Forte dell’Alterone; 6) Forte dello Spirito Santo; 7) Forte di Boccadoro; 8) Forte di S. Chiara; 9) Baluardo Don Blasco; 10) Forte S. Giorgio; 11) Palazzo Reale; 12) Cattedrale; 13) Forte del Castellazzo; 14) Castello Gonzaga; 15) Quartiere di Terranova.

lungo il letto dei torrenti e dei declivi delle colline prospicienti l’abitato. La cinta muraria medievale sul molo portuale, alta circa 8 m  ancora esistente sul molo vecchio, che  si fermava con il Forte  dei Cannizzari subito prima del  torrente Buzzetta (oggi Boccetta), veniva prolungata sul molo stretto, ( tratto corrispondente all’attuale Passeggiata a mare) (Fig.2, linea di colore grigio) per comprendere un’ ampia zona di costa di recente insediamento urbanistico, prima di un  fossato alluvionale ( la via Fossata oggi lo ricorda)  ponendo lì un nuovo forte dedicato a S. Giacomo (Fig.2 n. 19). Da esso iniziava un altro tratto murario che si inerpicava verso le prime colline raggiungendo il Forte dell’Andria, volgendo poi verso sud circondava Rocca Guelfonia e il Colle della Caperrina con il forte Basicò e saliva sulla collina del Tirone con i baluardi dello Spirito Santo e dell’Alterone, e da lì scendeva rapidamente verso il mare fino al forte di S. Giovanni. In quel luogo le nuove mura, formando un angolo di novanta gradi includevano il quartiere di Terranova (Fig.1 n15) e procedevano verso il forte S. Giorgio e il Palazzo Reale, chiudendo il circuito di protezione con quelle portuali. Il sistema difensivo si completava dal 1540 al 1557 con due forti isolati Gonzaga  e Castellaccio oltre le mura, sulle colline a circa 150 m di altezza e sul porto nel 1546, collocando un forte sulla punta della Falce il Santissimo  Salvatore in Lingua Phari che prendeva il posto in quel luogo  del Monastero omonimo che abbattuto, veniva  ricostruito più a nord lungo il torrente Annunziata. La caratteristica conformazione circolare del porto messinese protetto dal braccio di terra di S. Raineri, con un unico ingresso dal mare dello Stretto, dava ora con le nuove opere militari di protezione, più che nel passato, la possibilità di controllare l’accesso al mare interno da quello esterno dello Stretto, assicurando una valida difesa della città. Quel caratteristico bacino portuale circolare aveva permesso ai messinesi, fin dal XIII secolo, di concedersi una originale cortina muraria sul porto con numerosi varchi tra banchina e retrostante   territorio abitato, diversa da quelle esistenti in altre città marittime. Nel cinquecento quella cortina si estendeva per circa 1600 m rinforzata con  8 torri di avvistamento  con   ben 16 porte  tra molo e retrostante agglomerato urbano, più o meno una ogni 100 m, 12 sul molo vecchio e 4 sul molo stretto.

Fig. 2: Porte delle mura sul molo nel secolo XVI 
Molo Vecchio: Palazzo Reale (1), Porte: S. Maria del Piliere (2); Conceria Vecchia (3); del Campo (4);  della Pescheria (5) ; Porticella (6); della Dogana Nuova (7); del Sale (8); della Dogana Vecchia (9); di Martoriare (10); dei Gentiluomini (11); di Pozzo Leone (12); dei Coculi (13): Forte S. Giorgio al Molo Vecchio o dei Cannizzari (14);  Molo Stretto: Porta Cannizzari o Porta Paola (15); Dei Tintori o Vittoria (16), S. Giovanni (17); Del Borgo poi Reale di sotto (18); Forte S. Giacomo (19); Porta Reale (20); Fontana del Nettuno (21); Torrente Boccetta (22).Con tratto di colore rosso si indica il Molo vecchio; con tratto di colore grigio si indica il Molo stretto  

L’intero sistema difensivo della città era stato ormai affidato ai forti esterni sulle colline e alle mura bastionate che circondavano la città sui  lati sud, nord e ovest, la cortina  sul porto aveva perso definitivamente il suo originario ruolo di difesa militare  rimanendo solo quello fiscale; il nuovo confine a est della città non si trovava  più sulle acque portuali ma si era spostato oltre la penisola di S. Raineri sul mare dello Stretto. La città, con i suoi 65.000 abitanti, in quegli ultimi decenni   del ‘500, vive un tempo di benessere per i tanti privilegi politici e commerciali di cui gode, concessi dalla Corona a fronte sempre di notevoli donativi a favore di Madrid e per il vivo commercio per le tante merci prodotte nel suo ampio territorio e esportate in Europa, soprattutto seta grezza e lavorata, broccati, damaschi, cotone, manufatti in oro e argento, pesce, vino, olio, nocciole. Tra i più importanti e originali privilegi di cui godeva Messina, l’obbligo per la Corte vicereale di Sicilia di risiedere a Messina per 18 mesi in ogni triennio e gli altri 18 mesi a Palermo, il riconoscimento per il suo Studium di potere dottorare, l’esclusività del suo porto per l’esportazione della seta prodotta nella Sicilia orientale e nella Calabria Inferiore. Dopo il 1571 con la vittoria di Lepanto dei regni cristiani sulla Sublime Porta, la Sicilia viveva anni di relativa tranquillità politica e militare. Il momento favorevole dei rapporti internazionali e la positiva realtà economica consentivano a Messina di rinvigorire la mai cessata competizione con Palermo per il primato di prima città della Sicilia, superiorità presunta che Messina voleva ora dimostrare anche in ambito urbanistico progettando e costruendo una  più bella e moderna città.  A Palermo che  lastricava la strada del Cassaro che incrociando la via Maqueda formava i Quattro Canti e restaurava ed edificava la Vicaria  e avviava un imponente arricchimento museale della città con la costruzione di palazzi nobiliari, chiese e conventi, Messina rispondeva con analoghi importanti investimenti in ambito urbanistico e architettonico nel centro cittadino rivedendo il disegno della piazza della Cattedrale, dove collocava la fontana di Orione di Giovanni Angelo Montorsoli nel 1553, ma soprattutto con  un formidabile progetto edilizio sul porto intendeva dimostrare la ricchezza della sua classe dirigente. Le ricche famiglie messinesi tali per gli ottimi introiti commerciali e per l’attività portuale, prendevano sempre più consapevolezza che quel loro territorio aperto sul mare con il meraviglioso panorama dello Stretto e dei monti della Calabria, sarebbe stato il luogo ideale per edificare le loro nuove e moderne residenze che assieme, una accanto all’altra, avrebbero costituito un esclusivo e innovativo quartiere residenziale anche nel confronto europeo. Quell’idea nasceva dalla percezione che da sempre i messinesi avevano di quel mare, circondato dal molo e dalla stretta penisola di S. Raineri che teneva lontano i marosi dello Stretto, a loro sembrava non tanto un anonimo bacino portuale ma una  grande piazza non lastricata ma fatta  d’acqua interna alla città. Con questa consapevolezza, fin  dagli anni cinquanta di quel secolo avevano avviato con coraggio iniziative per  realizzare un diverso e più elegante affaccio sul mare: significativa la decisione di collocare proprio lì davanti alle mura tra abitato e mare, sul molo vicino la Dogana Nuova nel 1557 (Fig.2 n.21), e non  in una piazza interna, la bella fontana del Nettuno

Fig.3: Fontana del Nettuno di Giovanni Angelo Montorsoli, 1557

commissionata dal Senato a Giovanni Angelo Montorsoli, che dava  inizio a un rinnovamento  culturale e a un nuovo modo di concepire la città. Quella piazza d’acqua circondata da palazzi residenziali era allora solo una idea, un progetto di non facile realizzazione per le condizioni di degrado ambientale e architettonico in cui versava il porto. Le mura fortemente corrose dal vento di Scirocco, avevano perso la loro originaria severità militare, soprattutto nel tratto tra il Forte S. Giorgio e Porta Reale (Fig. 2, n14 e 18) e (Fig. 5) adiacente al Forte S. Giacomo dove, con la tacita acquiescenza dell’autorità, erano stati scavati pure vani nello spessore che misurava oltre 3 metri utilizzati per “potighe” e spazi abitati ma pure per aprire una cappella vicino alla porta Coculi, con numerose finestre  fronte mare.

Fig. 4: Anonimo, Veduta cinta muraria di Messina tra porta della Dogana vecchia e porta Reale, da Gotho F, Breve ragguaglio dell’Inventione et feste… Bufalini, Messina, 1591
Fig. 5: Abraham Louis-Rodolphe Ducros, Porta Reale, circa 1799

Lungo la banchina portuale, nel retrostante pomerio e per tutto il percorso della strada dei Banchi, che correva parallela più in alto, si svolgeva la vita cittadina con un vivace commercio  con presenza di botteghe artigiane, stalle, officine, taverne,  fondaci, macellerie;  bancarelle con cambiavalute, notai , speziali, ciabattini,  calzolai, orefici, librai. Numerose e sgradevoli alla vista nella loro provvisorietà anche baracche destinate ai più vari utilizzi costruite appoggiate alle mura ma anche sopra. In quella gasba dove le navi in porto trovavano le merci necessarie per poter riprendere il mare, non mancava  una forca che in bellavista poneva un freno psicologico ai più facinorosi,  assieme ai gabinetti pubblici vicino alla fontana del Nettuno e agli scarichi fognari che poco distanti olezzavano l’ambiente. Il disordine caotico esistente, soprattutto nel tratto dalla porta del Sale (Fig.2, n. 8) e quella detta di  Pozzo Leone (Fig. 2 n.12) era tale da fare intervenire in più occasioni i viceré del tempo, che già molti anni prima nel 1546 avevano inviato ai Giurati messinesi un forte rilievo, senza peraltro ottenere i desiderati risultati, perché provvedessero nel merito facendo abbattere le superfetazioni e riportassero l’ordine e il decoro in quella zona della città: ”Tenemo informatione como dentro e fora li mura  de questa cita de Missina attecati cun ditti mura della città vi sonno multi baracchi de tavuli et casi et in alcuni de li turrione de ditti mura  ve sonno alcuni stantii et habitatione cum fenestri , spragle et porte de la parte de la parte de la Marina et in quelli tenino forgi de ferrari et potii puplici de merchi et deversi mercancii…”.  (N. Aricò,  Mare di città…,cit.,pag 57). Marco Antonio Colonna negli anni del suo vicereame siciliano (1577-1584),  un tempo in cui le città portuali mediterranee davano una nuova importanza al loro fronte mare,  aveva già avviato una importante stagione di lavori pubblici in città in particolare per migliorare la condizione di degrado ambientale di quel porto, prima immagine con la quale la città si presentava allo straniero. La presenza a Messina dell’architetto del Senato Jacopo Del Duca dal 1589 al 1599 nominato direttore delle opere portuali, confermava la speranza in città di poter realizzare una ideale grande piazza sul fronte marittimo tra il  molo, con quella bella fontana del Nettuno già collocata, mare interno e penisola di S. Raineri ricca di opere civili e religiose (Vecchio Lazzaretto 1576-D>1695; Chiesa di S. Maria della Grazia di S. Raineri F.1576-D 1681; Fontana di S. Raineri C1614-D1681; Lanterna di S. Raineri 1555-Esistente; Chiesa del SS. Salvatore 1082-D.> 1641;Castello del SS. Salvatore 1546-Esistente ). Grazie alla sua competenza ed esperienza, Del Duca sembrava l’uomo adatto, per dare nuovo impulso ad ulteriori necessari lavori di risanamento di quel lungomare per renderlo finalmente interamente  percorribile e gradevole alla vista, si immaginava anche di poterne utilizzare una parte  per  future piacevoli passeggiate dei messinesi nei giorni di festa. Con Jacopo Del Duca nel 1590 si avviavano importanti lavori, si rifaceva e si allargava la strada del molo dedicandola poi a Marcantonio Colonna, si abbatteva parte del forte S. Giorgio, e si riparava ampliandolo e rendendolo   carrozzabile un ampio tratto  tra questo e Porta Reale dove il mare raggiungeva le mura. Si davano inoltre precise disposizioni e vincolanti criteri per contenere le costruzioni edilizie abusive nel pomerio retrostante alle mura, curando che l’altezza delle nuove case autorizzate non fosse superiore alla cortina. Sembra che con quegli interventi di fine  Cinquecento non si volesse abbattere l’intera muraglia ma solo costruire negli spazi liberi nuovi edifici e ristrutturare i tratti del muro rimasti in situ, infatti nel 1596, si era intervenuti solo per fare abbattere tra la porta Reale e porta Cuculi: “i ballaturi di tavole appoggiati sopra li mura…quali oltreché rendono brutta vista …” che i messinesi costruivano e ricostruivano eludendo le disposizioni. E ancora nel 1600 si rinnovava l’ordine e si promettevano innovazioni, affinché “[…] si sdirupassero tutti li timpagnoli et ballaturj di legnami che si ritrovano di la porta reali in fin al palazzo di questa Città acciò si dovesse portare una architettura per tutta questa marina conforme a la casa di Petru Scavuni…”. (N. Aricò,  Mare di città…,cit.,pag.85 e 110 ). Con quei primi apprezzati risultati estetici e funzionali ottenuti in quella zona esterna all’abitato, diveniva sempre più concreta e prendeva forma quell’idea, da tempo nelle menti dei cittadini più ricchi, di costruire lungo quel molo, abbattuta tutta la muraglia, le loro residenze che una accanto all’altra avrebbero costituito una imponente “Palazzata”. Delle vecchie mura si pensava di lasciare la Porta e le Torri della Dogana Vecchia, Porta dei Martoriati, Porta Real basso, Forte S. Giorgio al molo vecchio, Forte S. Giacomo. Il Senato prendeva atto e valutava positivamente l’interesse cittadino per quel progetto e apriva  all’intervento economico dei privati che acquistavano tratti delle mura e varie casette attigue da abbattere e sostituire con edifici privati e che  a fronte delle concessioni edilizie ottenute o da ottenere, si impegnavano a rispettare le norme tecniche stabilite per le nuove costruzioni e a ristrutturare i tratti  ancora rimasti della corrosa muraglia confinanti con i loro lotti. Il progetto si avviava e prendeva corpo dal  1598.  Tra i primi messinesi ad acquistare lotti delle mura, avviando la trasformazione, il commerciante Tommaso Cuffaro per costruire un magazzino, il notaio Domenico Mollica nel 1589 per farne una residenza e nel 1598 Vincenzo Romano. Dal 1592, erano già stati innalzati, gli importanti edifici pubblici della Tavola Nummularia (Banco pubblico)

Fig. 6: Francesco Sicuro, Palazzo della Tavola Nummularia poi Palazzo Senatorio, in Vedute e prospetti della città di Messina, 1768.

il cui prospetto raggiungeva una lunghezza di circa 80 m e la Dogana Nuova  nel tratto tra Porticella e Martoriare entrambi  su disegno dell’architetto  Jacopo Del Duca.  La bella architettura dei primi edifici costruiti che raggiungevano circa 20 m di altezza confermava nei Giurati e nel popolo la convinzione che continuando a sostituire le fatiscenti mura dal Palazzo Reale a Porta Reale con moduli architettonicamente validi, applicando regole di uniformità , quel luogo sarebbe diventato il più bello della città e l’orgoglio della comunità messinese da presentare alle altre città non solo siciliane. I giurati evidentemente consapevoli della tendenza dei loro concittadini a personalizzare i disegni delle loro case incorrendo in abusi edilizi, imponevano nel 1600  che tutti i prospetti  futuri facessero espresso riferimento al medesimo  stile  architettonico, da loro scelto come prototipo, ovvero a quello di casa Scavone  già edificata prima del Forte S. Giacomo. Ormai il progetto edilizio di Jacopo Del Duca con moduli di simile architettura diveniva realtà. Del Duca moriva nel 1600, e con lui veniva a mancare il maggiore artefice di quella idea di globale trasformazione del porto. Chi gli succede, Francesco Zaccarella da Narni nel 1600, non riesce a contenere le resistenze dei privati che non vogliono né edificare seguendo le regole urbanistiche stabilite, né togliere le loro casette né venderle ad acquirenti più disponibili al cambiamento e cercavano sempre compromessi per soddisfare le loro personali esigenze, così ostacolando i lavori e compromettendo la qualità estetica dell’opera finale. Gli ostacoli posti dai proprietari e difficoltà tecniche ridimensionavano il progetto, il nuovo direttore dei lavori prendeva  consapevolezza che tolta la muraglia apparivano in più tratti i  vani interni  con tutte le loro irregolarità delle case retrostanti in gran numero ubicate nel Pomerio, delle quali le mura urbiche costituivano una parete. Nonostante i tanti problemi da risolvere o da aggirare, in pochi anni l’intero progetto, probabilmente con varianti in corso d’opera, fu portato a compimento.   Giovanni Simone Comandè con il suo dipinto “ Madonna del Buonviaggio

Fig. 7: Giovanni Simone Comandé, Madonna del Buon Viaggio,1610. Chiesa di Gesù e Maria del Buon Viaggio, in Contrada Ringo di Messina.

presente ancora oggi nella Chiesa del Ringo di Messina: 

Fig. 8: Chiesa di Gesù e Maria del Buonviaggio del Ringo di Messina

“(Per) …ampliare in quella Contrada (del Ringo) il culto, e riverenza di Lei, e dare i primi fortunati auspicij a’ magnifici palazzi ,& alle amene habitationi, che vicino al mare in quella Riviera si cominciavano ad edificare. “ in P. Samperi, Iconologia della gloriosa Vergine Madre di Dio Maria protettrice di Messina…(Messina 1644), rist. anastatica, Messina 1990,p.583 ci lascia l’unica testimonianza di come dovesse apparire ai contemporanei nel 1610  quel  fronte portuale dopo i lavori di costruzione di quel primo Teatro Marittimo (così pure definito dal 1600) “ Vi ripose(don Lorenzo Abate) in quella chiesa l’immagine di Nostra Signora assai misericordiosa, la quale col Bambino nel braccio sinistro, tiene la man destra aperta in modo, che pare, che vogli tranquillar l’onde del Porto, e del Canale, i quali in bellissima prospettiva insieme con la città di Messina vi stanno nel di sotto dipinti.” (P. Samperi op. cit, p.583.) Nella parte bassa della tela

Fig. 9: 1-Porta e Torri della Dogana Vecchia (C. 1540-D.1622), 2-Tavola Pecuniaria (C. 1588/99-D.1783),3-Forte S. Giorgio al Molovecchio e Porta delle Cocule,4-Palazzo Scavone (probabile sito),5-Porta Reale,6-Forte S. Giacomo o di Porta Reale,7-Borgo di s. leone,8-Convento di S. Maria di Porto salvo dei PP.Minori Riformati di S. Francesco.

l’autore, probabilmente su richiesta del committente per contestualizzare il tema generale del quadro alla città, riporta ai piedi della Vergine la  Palazzata che vede senza curarsi, non avendone motivo per le finalità religiose del dipinto, di dettagliarne i tratti architettonici e il numero degli edifici realmente presenti, vi dipinge la Porta e le Torri della Dogana Vecchia, la Tavola Pecuniaria, il Forte S. Giorgio al Molovecchio e Porta delle Cocule, Palazzo Scavone (probabile sito), la Porta Reale, il Forte S. Giacomo o di Porta Reale, di tutto cura solo l’effetto d’insieme sorvolando sui particolari (Fig.9).  Probabilmente il dipinto non ci lascia precisa testimonianza del livello di sviluppo realmente raggiunto da quel progetto nel 1610 (i lavori di sbancamento delle mura erano stati iniziati solo da un decennio), ma forse ne anticipa il fine lavori.  Comandè riporta gran parte delle tante anomalie costruttive di quella prima Palazzata. Si deduce  che i vari proprietari erano stati  lasciati liberi di applicare ai loro edifici varianti al progetto originario pensato dal defunto Jacopo Del Duca. Le disarmonie che emergono dal dipinto sono numerose, con parti delle precedenti mura rimaste e utilizzate come fondamenta dei nuovi edifici, diversità dei singoli prospetti, assenza di vani al piano terra, solette non corrispondenti, finestre non sulla stessa linea, presenza di vuoti. Il risultato finale di quella prima Palazzata nel 1621 fu assolutamente insoddisfacente, non era stato possibile a quelle condizioni, mantenere parte dell’esistente e rendere architettonicamente elegante (come si sperava)  un prospetto  che non poteva in nessun caso divenire tale solo creando una maschera. Quella Palazzata sicuramente non amata dai messinesi, rimarrà fino al 1622 anno in cui il viceré duca di Savoia Emanuele Filiberto, facendo proprio il desiderio dei cittadini la farà abbattere interamente per costruire nello stesso luogo una diversa e finalmente grandiosa nuova Palazzata futuro orgoglio della città.

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