Personaggi famosi della Sicilia

ovvero…

In ratione scribendi veritas!

… E non solo ‘in vino’ (e forse più pericolosamente): è il motivo per cui sommessamente e con patos reverenziale ho fornito un mio breve autografo in disastrata grafia (quella di sempre) a Barbara Taglioni, timoroso di una sua rivelazione: “Vuoi vedere che Questa mi rivela che col pensionamento sto iniziando ad ottundermi (pensione di ‘vecchiaia’ fu)?!”

Vogliate perdonarmi l’attimo di auto-ironia: è più forte di me, e credo di avere ereditato questa ‘incontinenza’ ironica dal grande preside catanese, amico e collega di mio padre Angelo, Arturo Mannino, brillante ingegno – giornalista, scrittore e italianista d.o.c. – che mi tenne a battesimo alla mia prima supplenza in quel di Catania; taccio per auto-verecondia su quanti anni fa! Tanto quell’uomo non se la teneva, la ‘facies’ ironica, che si procurò per questo non poche astiosità presso alcuni di non adeguata intelligenza, e anche di un personaggio in città decisamente importante.

Ma è il momento di lasciare il faceto e andare sul serio, come Barbara Taglioni ha meritato, per la sua maestria, in questa sua dotta dissertazione. 

La nostra Barbara ha sapientemente iniziato il suo relazionare fornendo ai presenti gli elementi essenziali, ma fondamentali per poter agevolmente intendere come la grafologia sia non una ‘grafomanzia’ esoterica, bensì una metodologia scientifica atta ad evidenziare, nella spontaneità alla quale attinge, dati del carattere della personalità dell’esaminato che non sono dissimulabili, come talora avviene, quasi con una certa automaticità, nel colloquio presso lo psicologo e/o lo psicoterapeuta.

Con questo non ha voluto sostenere che questa metodica può soppiantare le dette scienze fornendo all’operatore grafologo una chiave di lettura superiore e rivelatrice di ciò a cui esse non di rado non riescono a pervenire: andrebbe oltre le reali possibilità della metodica stessa; tuttavia proprio per quella spontaneità che nasce dal vergare uno scritto, per il fatto che colui che lo sta fornendo non è addentro agli indici rivelatori che lo mettono a nudo, essa può rivelare aspetti di un soggetto che, invece, il soggetto stesso in analisi ovvero in seduta psicodiagnostica può abilmente dissimulare rendendosi conto di dove il suo aprirsi all’interlocutore può metterlo in grado di scavare nelle sue profondità spesso ignote al suo stesso io cosciente e da lui temute nel rivelarsi.

Dunque ella ha dichiarato di credere che la metodologia grafologica può benissimo integrare un quadro composito di indagine sulla persona, anche se non ha il possesso univoco di una tale indagine, poiché gli esiti indagatori di uno scritto, da soli, a tanto non possono consentire di arrivare; infatti vanno considerati gli aspetti concomitanti all’esprimersi graficamente: il contesto vitale, il ruolo incarnato, il vissuto grafico-formativo, la finalizzazione dello scritto e la sua destinazione che hanno portato l’esaminato ad esprimersi graficamente in un modo anziché in un altro.

Indirizzato accortamente il popolato uditorio a sapersi muovere su questo binario interpretativo di quanto ella andava a mettere in luce, ha magistralmente offerto in visione campioni di grafie ‘celebri’ – ciò che non sarebbe stato possibile ottenere con degli sconosciuti – che dessero la possibilità di verificare i suoi esiti con quello che su quelle stesse persone era a conoscenza di tutti; è così personaggi come Ottone di Bismark, Sigmund Freud, Albert Einstein, Rita Levi Montalcini hanno confermato con le loro grafie quanto su di essi le cronache attestano.

A tal punto giunti, confrontato sui riferimenti prima messigli a disposizione, ecco divenire facilmente rivelatore per ciascun ascoltatore l’esame della condotta dello stilo sul foglio presso i Siciliani famosi: Vincenzo Bellini, Angelo Musco, Francesco Falcone, Nino Frassica, Maria Grazia Cucinotta, Salvatore Quasimodo, Luigi Pirandello, Giovanni Verga ed altri ancora, qui sottaciuti per non diventar prolissi in questa sede.

Rivelatore – e rassicurante – poi è stato, in più, quanto la Taglioni ha testimoniato sulla gradevolezza o meno delle grafie: non esistono grafie belle o brutte; anzi talora le cosiddette brutte possono essere lo specchio prezioso di impulsi di grande valenza, mentre non è detto che le cosiddette belle svelino personalità di maggior valore.

La relazione sul tema ha coinvolto l’interesse generale dei presenti rendendoli affascinati dall’oratore e dalla disciplina in cui Ella li conduceva – impresa non facile dato il campo spiccatamente specialistico e temerariamente offerto alla loro attenzione da ADSeT – e non solo nessuno si è stancato, distratto o annoiato, ma – di contro – in ciascuno c’era la voglia di sentirne e sentirne ancora.

Le domande sono state spontanee e pertinenti, come quella di Renato Zafarana, che ha voluto vedervi dentro alla metodica con lucida curiosità; allo stesso modo si è rivelato evidente anche l’interesse destato circa il quale Claudio Stazzone ha invitata la relatrice a fornire in una prossima occasione squarci sulle figure di Paolo Borsellino e Oriana Fallaci (riguardo a quest’ultima ella ha detto che in ‘Moleskine’ è già presente un suo studio dedicato). Con non comune garbo ed esaurientemente la relatrice Barbara ha soddisfatto gli interventi tutti.

Compiacendosene fin dall’ apertura, gli esordii di serata di Angelo Miceli e di Maria Muscherà hanno non solo presentato a chi non la conoscesse Barbara Taglioni, ma ne hanno illustrato la competenza professionale, la non comune capacità di analisi e di sintesi sul campo in trattazione.

Geri Villaroel, intervenendo a sua volta ha messo i luce il valore della dialettica con la quale la Relatrice sa condurre il suo dire, rapido, snello, essenziale, ma altamente coinvolgente, e non meno esauriente, e si è complimentato con ADSeT, richiamando il ruolo che essa sta avendo in una città come Messina, che abbisogna di intellettuali e di scuotitori della coscienze in quel clima di prigrizia esistenziale che connota tristemente la città.