L’attuale Stato Delle Conoscenze Sugli Ipogei Artificiali Del Colle Dell’Immacolata Di Monforte San Giorgio (Messina)

ROSARIO ABBATE°, ROSA MIDILI°° & GUGLIEMO SCOGLIO °°°

(°) Istituto Comprensivo di San Pier Niceto, via R. Ilacqua n. 12, 98145 San Pier Niceto (ME) – Email: prof.saro@virgilio.it.

(°°) Istituto Comprensivo di San Pier Niceto, via R. Ilacqua n. 12, 98145 San Pier Niceto (ME) – Email: framiro@tiscali.it

(°°°) Cyber community “Friends and Sons of Monforte San Giorgio“, via Vittorio Emanuele, 98041 Monforte San Giorgio (ME) – Email: guglielmo.scoglio@gmail.com.

RIASSUNTO

Monforte San Giorgio è un centro collinare del messinese ubicato alle falde dell’accidentato Colle dell’Immacolata. Grazie alla facile erodibilità della roccia che costituisce la suddetta altura, l’area è caratterizzata dalla presenza di antichi ipogei artificiali scavati in epoca protostorica e adoperati come tombe dai Sicani. Queste cavità in seguito sono state riutilizzate da una comunità monastica verosimilmente originaria dall’Asia Minore (VIII-IX sec.) che creò due insediamenti cenobitici rupestri. La gran parte delle succitate cavità non sono mai state oggetto di studio sistematico e, nonostante che in periodi successivi siano state ristrutturate e modificate per altre utilizzazioni, hanno mantenuto le originarie caratteristiche. Nella presente Nota gli AA., dopo un breve inquadramento geologico dell’area esaminata e un’analisi storica del sito, descrivono le cavità artificiali sino adesso esplorabili e suggeriscono delle linee d’intervento per tutelare e valorizzare questo pregevole ″bene″ naturalistico e archeologico dell’area peloritana.

ABSTRACT

Monforte San Giorgio is an ancient hill town of Peloritani Mountains that extends on the base of the Immaculate Colle (377 m). Thanks to its easy erodibility, on the rock the area is characterized by the presence of ancient man-made tombs excavated in prehistoric time. Later, in the VIII-IX century, these caves have been reused by a monastic communities probably originally from Minor Asia. The cavity above, although in later periods have been renovated and changed to rear uses (homes, barns, sheds), has maintained their original characteristics. Inside them some elements are recognizable that allow them to be identified as a place of worship in the Byzantine and medieval time.

In these notes the AA., after a brief geological and morphological classification of the examined area, describe the cavities explored until now and suggest lines of action to protect this valuable archaeological site.

Parole chiaveSicilia Orientalecavità artificialieremiti bizantinicenobi rupestri.

Key wordsEastern Sicilyartificial cavitiesbyzantine hermitscave monasteries.

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E CENNI GEOLOGICI

Il settore orientale tirrenico della provincia di Messina è costituito da diversi centri collinari caratterizzati dalla presenza di interessanti e ancora non del tutto esplorati gruppi di cavità artificiali di età bizantina. Sotto questo aspetto una delle località più importanti è Monforte San Giorgio, un antico paese ubicato a circa a 260 m d’altitudine alle pendici dell’accidentato Colle dell’Immacolata (Fig. 1), che si estende su una superficie di 32,3 km² ed è composto dalle frazioni di Monforte San Giorgio, Pellegrino e Monforte Marina.

Chiesa di San Giorgio Martire di Monforte San Giorgio
Chiesa di San Giorgio Martire di Monforte San Giorgio

Il nome del paese, Montisfortis, compare per la prima volta in un documento che porta la data del 1104, mentre il geografo arabo Idrisi chiama il paese Munt da furt (“Monte dei forti“) per ricordare l’eroica resistenza dei monaci bizantini e degli abitanti contro gli arabi. Tra i principali monumenti ricordiamo: la Chiesa Madre, edificata secondo la tradizione da Ruggero I di Sicilia e dedicata a San Giorgio patrono del paese (Fig. 2), e a Pellegrino il Santuario della Madonna di Crispinoche conserva una “Madonna con Bambino” del Gagini (1507).

Settore meridionale del Colle dell’Immacolata
Settore meridionale del Colle dell’Immacolata

Dal punto di vista geologico-strutturale i Monti Peloritani costituiscono l’estrema porzione meridionale dell’Arco Calabro-Peloritano: un’area tettonicamente attiva interessata da frequenti eventi sismici e un intenso vulcanesimo, formata da una struttura a falde costituita da unità cristalline, alcune delle quali presentano una copertura sedimentaria meso-cenozoica. Le unità tettoniche dei Monti Peloritani, che occupano all’interno dell’edificio montuoso siciliano le posizioni tra quelle geometricamente più elevate, sono rappresentate dalle Unità Longi-TaorminaFondachelliMandaniciMela e Aspromonte; in discordanza con le suddette unità, che sono separate da contatti tettonici di primo ordine, affiorano estesamente la Formazione di Stilo-Capo d’Orlando, le Unità Antisicilidi, i Depositi tortoniano-messiniani e le Coperture Tardorogene Post-Collisionali (Cimino et al., 1996; Carbone et al, 1998; Catalano & Di Stefano, 1997; Messina et al, 2004). In particolare, le ultime successioni litologiche, di età Serravalliano-Pleistocene medio, sono dei depositi che affiorano in prevalenza nei settori costieri e pedemontani del versante tirrenico della catena montuosa e ricoprono, tramite una superficie di erosione, il substrato metamorfico. La successione sedimentaria – che è costituita da sabbie, limi e conglomerati a vario grado di cementazione – è espressione di antichi sistemi di conoidi deltizi (Lentini et al., 1995) ed è caratterizzata da una notevole variabilità latero-verticale delle facies e possiede delle geometrie di tipo downlap.

A Monforte San Giorgio, al tetto del basamento cristallino, si sviluppa trasgressivamente una serie di sedimenti costituiti, dai termini più antichi a quelli più recenti, da: Flysch di Capo D’Orlando; Argille Variegate; Calcareniti di Floresta;depositi torbiditici sinorogeni dal basamento conglomeratico; Trubi; argille e alternanze di arenarie medie-grossolane variamente diagenizzate composte da calcareniti plio-pleistoceniche a stratificazione incrociate o pian parallele e, secondariamente, da sabbia organogena di color giallo ocra. 

Il Colle dell’Immacolata (o “Marra” dal toponimo che allude alla sua natura rocciosa soggetta a frane) deve il suo nome alla presenza di un santuario mariano che ha occupato il posto di un castello medioevale edificato quasi sicuramente sui ruderi di un dongione normanno (Scoglio, 2011). L’anzidetto rilievo litologicamente è caratterizzato da litotipi quaternari costituiti nel settore basale da arenarie e calcareniti organogene medie e fini non classate, a prevalente matrice carbonatica in parte cementata, di colore giallo-arancione, ben stratificate, spessi dai 2 ai 9 m e intervallati da un tenue livello pelitico-sabbioso. Nel settore sommitale, invece, si evidenzia un assottigliamento nello spessore dei livelli arenacei (0.5-1.5 m) che sono separati da strati massivi a facies conglomeratico-calcarenitica. Localmente, a causa dell’abbondanza di vuoti nella roccia e la presenza di fratture beanti ortogonali al piano di stratificazione, i succitati sedimenti sono soggetti a continui fenomeni di crollo che nel tempo sono stati di una certa entità ed hanno coinvolto l’insediamento abitativo.

L’area investigata morfologicamente è caratterizzata dall’alternarsi di pendii ora terrazzati ora scoscesi con versanti in parte ortogonali dall’andamento geometrico e rettilineo. La rupe dell’Immacolata domina imponente sia la parte centrale della Fiumara di Monforte (o Bagheria) sia una sfilza di valloni secondari a regime torrentizio assai irregolare e thalweg a “V” che, conseguentemente, conferiscono alla reticolare struttura idrografica superficiale uno specifico assetto a “traliccio“, fenomeno tipico di uno stadio morfogenetico evolutivo giovanile con un reticolo idrografico ancora poco sviluppato.

Dal punto di vista pedogenetico il territorio monfortese è costituto dall’associazione dei suoli ″Roccia affiorante Litosuoli″ e ″Suoli bruni acidi – Suoli bruni – Suoli bruni lisciviati″: la prima, dalle potenzialità agronomiche nulla o quasi nulla, è presente quasi esclusivamente nel Colle dell’Immacolatacon una vegetazione nettamente pionieristica e di solito di tipo erbaceo e arbustivo nel settore orientale e settentrionale; nella seconda invece, che è tipica degli aspri pendii peloritani, nel complesso la potenzialità dell’associazione è giudicabile discreta soprattutto per le aree boschive (Fierotti et. al., 1988).

LE PROBLEMATICHE STORIOGRAFICHE CONNESSE ALL’ORIGINE DEGLI IPOGEI ARTIFICIALI MONFORTESI

Nei Monti Peloritani durante il dominio bizantino esistevano numerose comunità di monaci cosiddetti basiliani che abitavano luoghi isolati rupestri tra cui un tipico esempio di laura è fornita dalle tracce d’insediamento ricadenti presso il Colle dell’Immacolata. 

Durante la fase del monachesimo italo-greco i cenobiti vivevano isolati in celle scavate nella roccia e condividevano con gli altri una struttura della comunità conventuale adibita a luogo di preghiera, di ritrovo e comunione. Questo modello organizzativo si chiamava laura (o “lavra”) ed era una situazione intermedia di vita monastica; altri esempi erano il cenobio (“il monastero vero e proprio”) e l’asceterio (o “eremitaggio”). Tra i tre diversi tipi di organizzazione monastica, la laura, distinta dall’eremo (“dove il monaco vive solo“) e dal cenobio (“dove vive in comunità“), era costituito da un gruppo di celle cenobitiche separate tra loro, ma con una chiesa in comune.

L’aspro Colle grazie alla sua facile erodibilità è caratterizzato alle sue pendici dalla presenza di antichi ipogei artificiali verosimilmente scavati in epoca protostorica e adoperati come tombe dai Sicani. Queste cavità in seguito sono state riutilizzate da una comunità monastica originaria dall’Asia Minore (VIII-IX sec.) che creò due insediamenti cenobitici rupestri: uno sorgeva a sud, a mezza costa sotto l’ex-castello, l’altro vicino al Piano del Rosario. 

La gran parte delle suddette cavità non sono mai state oggetto di studio sistematico e, nonostante che in periodi successivi siano state ristrutturate e modificate per posteriori utilizzazioni, hanno mantenuto le originarie caratteristiche. Al loro interno non è stato ancora possibile individuare tracce di affreschi e decorazioni che consentirebbero una certa datazione, mentre sono riconoscibili degli elementi che consentono di identificarle come luogo di culto in età bizantina e medioevale.

Ricerche archeologiche condotte negli anni sessanta, sul versante tirrenico dei Monti Peloritani, hanno permesso di localizzare degli insediamenti preistorici che hanno consentito di documentare la presenza dell’uomo in quel territorio sin dall’eneolitico. L’uomo che abitava queste alture conduceva un tipo di vita nomade e pastorale com’è provato dal tipo di capanne ritrovate con la presenza di resti di orci a bocca larga, colatoi, raschiatoi e altro. Le tombe, nella maggior parte dei casi, erano di tipo a “fornicello” ovvero a grotticelle artificiali scavate nella tenera roccia, spesso precedute da una specie di anticamera con la quale costituivano una struttura non dissimile al forno dei contadini siciliani (da cui anche la denominazione di “tombe a forno“), coperte da uno sportello costituto dello stesso materiale litologico in cui sono state scavate; la ceramica rinvenuta appartiene all’Età eneolitica e presenta affinità con imateriali appartenenti alla tipologia di facies Piano Conte (Scoglio, 1982; Ardizzone & Coiro,1992).

Nel territorio monfortese le più antiche testimonianze attestanti la presenza dell’uomo son state individuate in alcuni scavi da Giacomo Scibona in località Pistarina a Pellegrino e sono pertinenti a un villaggio preistorico a carattere pastorale, le cui capanne erano costruite su un fondo di argilla, risalente all’età del bronzo: si tratta di cocci a impasto grezzo, a superficie rosso-chiara o nero-lustra e di frammenti di grossi vasi decorati a cordoni e intacchi o con fregi geometrici e incisioni a denti di lupo (Coiro, 1969; Scoglio, 1982). Per Ardizzone & Coiro (1992) il materiale raccolto riveste notevole importanza perché presenta della ceramica decorata a denti di lupo che si differenzia dalla coeva ceramica eoliana e potrebbe far pensare ad una “facies peloritana“. Sempre gli stessi AA., segnalano altri frammenti di ossidiana a selce nel territorio circostante e individuano in Contrada Ula Margiotta, nel territorio di San Pier Niceto, la scoperta di un altro insediamento preistorico con il ritrovamento di materiale che presenta le stesse peculiarità di quello di Contrada Pistarina.

Allo stesso periodo appartiene una tomba preistorica a “grotticella” individuata da Ryolo nel 1966 in un ipogeo ubicato in un ripiano vicino al cancello che transenna l’accesso alla scalinata che conduce al santuario; per adesso la cavità non è accessibile poiché quasi interamente coperta da una coltre di terriccio antropico e detriti urbani e/o vegetali. Sempre nelle adiacenze è possibile osservare alla base di una parete rocciosa un incavo riempito di terra ritenuto verosimilmente interpretabile come una tomba preistorica del tipo a “grotticella” (Fig. 3).

 

Colle dell’Immacolata: tomba preistorica a "grotticella"
Colle dell’Immacolata: tomba preistorica a “grotticella”

In analogia con le conoscenze acquisite dallo studio degli ipogei artificiali ubicati nel vicino centro montano di Rometta, diversi elementi ci conducono a ipotizzare che gran parte degli incavi artificiali del Colle, già scavate in epoca protostorica e adoperate come tombe dai Sicani, siano stati sede di un insediamento monastico bizantino presumibilmente risalente al VIII-IX secolo. 

È noto che lo stanziamento di cenobi monastici in zone in cui esistevano cavità già utilizzate come luoghi di sepoltura in epoca protostorica sono piuttosto frequenti in Sicilia. A Monforte San Giorgio sino adesso non sono state ancora identificate delle tracce di affreschi e decorazioni che attesterebbero in modo inequivocabile la presenza degli asceti bizantini, ma in base agli “elementi strutturali tipologici” identificati sia all’interno sia esternamente è possibile valutare e supporre che gli ipogei siano le sedi di più laure rupestri. 

Soltanto Ardizzone Gullo (2002) segnala alla base del Colle dell’Immacolata, all’interno di un orticello recintato, “…due ampi ambienti di forma rettangolare con volte a botte e con alle pareti numerosi incavi e tracce di antiche pitture“; purtroppo, l’inaccessibilità alle due cripte artificiali ubicati in una proprietà privata non rende possibile analizzare nel dettaglio le suddette pitture. 

Per Scoglio (1987), l’unico elemento che ci consente d’ipotizzare la provenienza dei primi monaci che abitarono il Colle è legato al nome di un torrente detto “Carruggiu di Limbia” che incanala le acque meteoriche che discendono dal versante nord del succitato rilievo. Il termine Limbia (originario dalla parola greca ȱλνπίάζάϐος) sembrerebbe verosimilmente che derivi da “Olimpo“, un monte della Bitinia in Asia Minore che tra l’VIII e il IX secolo ospitava un centinaio di monasteri e numerosi eremitaggi abitati da quasi diecimila monaci. 

Sempre Scoglio suppone che un gruppo di monaci fuggiti dalla Bitinia, dopo le invasioni degli Arabi o a causa della persecuzione iconoclastica (813-820), siano sbarcati in Sicilia e abbiano scelto il Colle dell’Immacolata come luogo per avviare una nuova comunità religiosa organizza secondo le regole di San Basilio da Cesarea; la suddetta località, cui era attribuita la denominazione di Limbia in accordo con la trascorsa esperienza monastica, era stata prescelta giacché isolata, lontana dai rumori e offriva la possibilità di utilizzare gli ingrottati già scavati per dimorare e pregare.

GLI IPOGEI ARTIFICIALI DEL COLLE DELL’IMMACOLATA

Come già riferito in precedenza, il nucleo principale delle succitate cavità è ubicato nel versante settentrionale del Colle dell’Immacolata, in coincidenza con il settore più soleggiato del rilievo, e distribuiti su uno o più livelli di ipogei corredati da generici servizi (armadi a muro, mensole, cisterne, ecc…) (Fig. 4).

Colle dell’Immacolata: cavità artificiali corredate all’interno da generici servizi (armadi a muro,     mensole, cisterne).
Colle dell’Immacolata: cavità artificiali corredate all’interno da generici servizi (armadi a muro, mensole, cisterne).

Allo stato attuale le cavità maggiormente conosciute sono quelle che sorgono nelle adiacenze della scalinata che conduce al santuario della Madonna dell’Immacolata, mentre altre (e sono la maggioranza) non sono visitabili poiché ubicate all’interno di proprietà private o colmate da terreno agrario e materiale detritico (costituito prevalentemente da argille-limose e sabbie provenienti dall’erosione dello strato superficiale dei litotipi arenacei) o situate in luoghi non facilmente esplorabili all’asperità e avversità del territorio (versanti e pendi rocciose strapiombanti, zone franate, presenza di fitta e selvaggia vegetazione a macchia mediterranea).

Sovente gli anfratti artificiali presentano la primitiva conformazione, altre volte l’aspetto originario è modificato per posteriori scavi o ristrutturazioni avvenuti nei secoli successivi per susseguenti utilizzazioni in uso domestico (abitazioni, ripostigli, cantine, pollai, stalle) o lavorativo. Adesso gli ipogei artificiali si trovano contigui o inglobati all’interno di civili abitazioni e riadattati dai proprietari in base alle proprie esigenze personali: per cui non è insolito osservare che essi sono utilizzati come garage, depositi di merce alimentare e non, cantine, botteghe, studi professionali e anche come stanze da letto (Fig. 5).

Colle dell’Immacolata: cavità artificiali.
Colle dell’Immacolata: cavità artificiali.

Nel rione Portaterra, sia all’interno sia esternamente alle spalle della seicentesca chiesa di Gesù e Maria, si trovano degli ipogei artificiali, di cui alcune del tutto riempite di terra, utilizzati come celle per i carcerati sino al XV secolo.

Gli ipogei, che in genere mostrano le porte d’ingresso quasi a filo con la roccia incassante, sono costituiti internamente da uno o più ambienti (Fig. 6), che presentano, usualmente, dalle forme absidali a planimetria squadrata e delle coperture che per Giglio (2002) sono “a forma di corta volta a botte senza alcuna sagomatura di conca“; a volte queste camerette sono corredate sulla parete di fondo da singoli arcosoli. La presenza all’interno di alcune delle suddette escavazioni di specifiche strutture e manufatti dalle forme caratteristiche (croci, piccoli altari di tipo latino, piani di appoggio per gli oggetti liturgici, sepolture ad arcosolio, ecc.) conduce a ipotizzare a una loro utilizzazione di natura religiosa in epoca medioevale. All’esterno, inoltre, alle pareti è possibile osservare fori, piccole nicchie sovrapposte da croci scavate nella roccia e, sopra i suddetti ingrottati, delle incisioni nel substrato roccioso che servivano a raccogliere le acque meteoriche dilavanti in apposite conche.

Colle dell’Immacolata: pianta planimetrica di una grotta artificiale ubicata lungo la Scalinata dell’Immacolata (da: Gullo Ardizzone, 2002).
Colle dell’Immacolata: pianta planimetrica di una grotta artificiale ubicata lungo la Scalinata dell’Immacolata (da: Gullo Ardizzone, 2002).

I complessi ipogei artificiali di monfortesi sono stati in parte indagati da Ardizzone Gullo (2002) nella sua dettagliata e pregevole guida sul patrimonio storico e artistico sul sunnominato centro collinare peloritano; mentre altri sporadici contributi su singole cavità sono stati forniti da Scoglio (1987), Messina (2001) e Giglio (2002). 

In prossimità del cancello d’ingresso della Scalinata dell’Immacolata è osservabile, in particolare, un complesso ipogeo costituito da un ampio vano dal profilo quasi quadrato che tramite uno stretto camminamento lungo all’incirca 4 m conduce a un limitrofo vano, sempre di origine artificiale, che si distingue per la presenza di una stretta apertura dalla tipica forma semiellittica (Fig. 7).

Colle dell’Immacolata: ingresso di una cavità artificiale.
Colle dell’Immacolata: ingresso di una cavità artificiale.

Proseguendo in alto sempre verso il Santuario diversi sono gli ingrottati artificiali che si aprono lungo la suddetta scalinata, ma di certo la struttura chiesastica più singolare è quella ubicata in contrada Abramo ad ovest in prossimitàdalla prima Stazione della Via Crucis. La c.d. Grotta di Abramo è chiusa da una costruzione in muratura di pietrame e malta ed è costituita da due vani accostati di geometria irregolarmente quadrangolare (Fig. 8).

Colle dell’Immacolata: pianta planimetrica della Grotta di Abramo (da: Gullo Ardizzone, 2002)
Colle dell’Immacolata: pianta planimetrica della Grotta di Abramo (da: Gullo Ardizzone, 2002)

La prima cameretta (all’incirca larga 2.70 m, profonda 2.20 m e alta 2.50 m) si presenta absidata verso est, mostra un soffitto quasi lineare che in prossimità dell’apertura sembra riprodurre una volta abbassata; l’abside, dalla planimetria tendenzialmente trapezoidalee pavimento rialzato, è all’incirca larga 1.50 m e profonda 0.50 m (Giglio, 2002). La suddetta nicchia, posta proprio di fronte all’ingresso e incrostata per effetto del fumo, non presenta decorazioni pittoriche, ma presumibilmente custodiva un affresco o un’icona, mentre ai suoi lati simmetricamente sono incisi tre piccoli incavi rettangolari di diverse dimensioni (“teche“) che avevano funzione di servizio al culto o di ornamento (Figg. 9, 10).

A destra nel secondo vano (all’incirca lungo 2.25 m, profondo 1.70 m e alto 2.15), che è luminoso grazie ad una finestra ricavata nel muro che chiude la grotta, si osservano svariati piani di appoggio o dispensari, oggi tutti deteriorati; per Scoglio (1987) ciò fa pensare che il succitato ambiente poteva essere stato utilizzato come secretarium o diaconicon, cioè “come sacrestia o come alloggio del monaco incaricato al culto della cappella“. Per Giglio (2002) l’anzidetta chiesetta, che nel prospetto esterno mostra ancora dei residui di decorazioni colorate, non è di antica fattura ma, anche se la cronologia rimane indeterminata, è verosimilmente da ritenere in assoluto anteriore alla venuta dei normanni. 

La presenza nelle vicinanze di una sorgente, che sgorga all’origine da una stretta fessura, e che oggi è raccolta in una vasca in muratura con mascherone dalla cui bocca sgorga l’acqua (la cd. Fonte di Abramo) induce Scoglio (1987) a ipotizzare che la cripta avesse una funzione liturgica, cioè fosse intesa, come è frequente nell’ambito religioso bizantino, quale simbolo della Zωοδόχος πηγή (“fonte che contiene la vita“), anche se non è da escludere che si tratti di un piccolo santuario rupestre (Figg. 11, 12).

Inonotus tamaricis superficie sterile

 

Colle dell’Immacolata: la Fonte di Abramo
Inonotus tamaricis superficie fertile

 

Colle dell’Immacolata: strutture acquedottistiche della Fonte di Abramo.

Ardizzone Gullo (2002) riferisce che negli anni sessanta dello scorso secolo nella suddetta area è stato ritrovato una pietra intonacata con sopra dipinta una figura di monaco o di santo. Inoltre, non è inverosimile la tesi di Messina (2001) che ipotizza in origine una galleria scavata per captare l’acqua di una sorgente che forniva il castello.

Più in alto si apre un ingrottato di forma trapezoidale – all’incirca alto 3 m, profondo 1,75 m e largo nella parete di fondo e nel lato anteriore rispettivamente 3.95 m e 1.75 m – dalle pareti incavate, dal soffitto liscio, dal pavimento costituito dalla stessa roccia incamerante e il cui ingresso dal profilo arcuato è ostruito da un muretto a secco (Fig. 13);

Colle dell’Immacolata: pianta planimetrica di un ingrottato artificiale a  forma trapezoidale (da: Giglio, 2002).
Colle dell’Immacolata: pianta planimetrica di un ingrottato artificiale a forma trapezoidale (da: Giglio, 2002).

al centro, davanti l’ingresso e attiguo alla fiancata orientale, si trova un altare dalla forma prismatica estratto da un singolo blocco di pietra arenaria parzialmente sotterrato, all’incirca largo 170 cm, profondo 70 e alto 110 (Giglio, 2002) (Fig. 14).

Colle dell’Immacolata: ipogeo artificiale con altare centrale lapideo in parte seppellito.
Colle dell’Immacolata: ipogeo artificiale con altare centrale lapideo in parte seppellito.

Sempre nella stessa area è ubicata una cavità dalle dimensioni ragguardevoli che presenta delle tombe pavimentali e verosimilmente interpretati da Messina (2001) come una zona di fossette” per bambini (Fig. 15).

 

Colle dell’Immacolata: cavità artificiale che presenta delle tombe pavimentali verosimilmente interpretata come una zona di "fossette" per bambini.
Colle dell’Immacolata: cavità artificiale che presenta delle tombe pavimentali verosimilmente interpretata come una zona di “fossette” per bambini.

In prossimità del santuario mariano si apre la Grotta della Madonna (lunga all’incirca 5.90 m e larga 3.90 m) che presenta un altare centrale lapideo (1,70 m x 0,65 m) sito sul fondo della parete (Giglio, 2002) (Fig. 16). Secondo la tradizione locale in quest’antro si custodiva un’icona mariana dipinta su una tavolozza di cedro del Libano che attorno alla fine del X sec. fu nascosta dai monaci basiliani nella Grotta di Crispino a Pellegrino per salvarla dalle scorrerie degli arabi.

Salendo lungo la gradinata che conduce al Colle si possono ammirare le stazioni della Via Crucis scolpite da un artigiano locale nell’800, mentre all’interno della chiesetta della Madonna Immacolata si conserva una statua marmorea di Madonna con il Bambino del XVI secolo. Accanto alla pieve, si trovano le rovine di un cimitero risalente al 1743 che ingloba una cripta sotterranea caratterizzata da gocciolatoi e da parecchi sedili essiccatoi su cui erano deposti i cadaveri in decomposizione (Fig. 17).

 

Colle dell’Immacolata: cripta costruita nel 1743.
Colle dell’Immacolata: cripta costruita nel 1743.

Nel rione Porta Terra, proprio alle falde del Colle e adiacente alla strada che conduce nella zona in cui si ergeva la duecentesca cinta muraria, è possibile osservare diversi ingrottati, tra cui uno composto da un largo portale litoide dalla volta arcuata (Fig. 18).

Rione Porta Terra: portale d’ingresso con arco a tutto sesto di una cavità artificiale.
Rione Porta Terra: portale d’ingresso con arco a tutto sesto di una cavità artificiale.

A est nell’area retrostante la Chiesa Madre, lungo la strada che conduce al Piano del Rosario si aprono diversi ipogei che si estendono in prosecuzione ai piedi dell’irto pendio del Colle dell’Immacolata: alcuni, anche dalle dimensioni ragguardevoli, sono stati riutilizzati dall’uomo per attività lavorative, altri sono irraggiungibili per fattori geomorfologici. Nei pressi del piazzale, sospesa in alto nella parete rocciosa, si osserva un incavo provvisto all’ingresso da archivolto e ghiera che, per Messina (2001), è stata “riutilizzata come colombaia…. e fa pensare ad una residenza signorile fortificata con ingresso rialzato e provvisto di scala mobile” (Fig. 19).

 

Piano del Rosario: ipogeo artificiale sospeso in alto nella parete rocciosa
Piano del Rosario: ipogeo artificiale sospeso in alto nella parete rocciosa

CONCLUSIONI

La valorizzazione del territorio da qualche tempo passa anche attraverso l’indivi­duazione di siti a elevata valenza geologica, geomorfologica e paesaggistica. Gli ipogei artificiali bizantini del territorio di Monforte San Giorgio, nonostante i danni determinati da una continua e incontrollata attività antropica, costituiscono a tutt’oggi un rilevante sito d’interesse scientifico e didattico-turistico, ciò anche in considerazione della loro vicinanza al centro abitato monfortese e dell’esistenza di una fitta rete di vie di comunicazione che rendono abba­stanza facile l’accesso ai luoghi esaminati. 

A tal fine il Colle dell’Immacolata è valorizzato dalle attività divulgative organizzate periodicamente da alcune associazioni locali, mentre di recente è stato inserito tra i siti visitabili durante la manifestazione regionale “Salvalarte Sicilia, 2012“, organizzata dall’Istituto Comprensivo di San Pier Niceto in collaborazione con il Circolo Legambiente del Tirreno di Milazzo. 

Quindi, prima che l’erosione e le attività antropiche devastino ulteriormente i siti descritti, vi è da sperare che il Comune di Monforte San Giorgio e la Regione Siciliana, applicando la normativa vigente, intervengano al più presto per risanare, salvaguardare e utilizzare per scopi culturali-formativi e divulgativi l’area esaminata con il rilevamento e l’accatastamento degli ipogei artificiali di proprietà privata e demaniale, l’attuazione del vincolo paesaggistico e l’istituzione del “Parco comunale naturalistico-culturale-religioso del Colle dell’Immacolata di Monforte San Giorgio“.

Tra le principali cavità di età bizantina del suddetto centro peloritano ricordiamo: la basilica rupestre di Sottosangiovanni trasformata dopo in moschea; la cripta-chiesa di Contrada Sottocastello con all’interno, scavata sin alto sulla parete frontale, una croce greca, due edicolette e un’ampia scansia; il santuario rupestre individuato nell’orto dell’ex Convento dei PP. Cappuccini in cui gli ambienti interni recavano tracce di affreschi e in cui erano distinguibili una figura assisa in trono dal volto rovinato, resti di dipinti affrescati con scene tratte dal Nuovo Testamento e tracce di un’iscrizione greca dipinta (Scibona, 1982).

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