Gli ultimi giorni di vita del Palazzo Municipale di Messina

Anche il 7 agosto di quel 1913 ai messinesi tocca vivere, o meglio sopravvivere, in una bolla di caldo umido insopportabile come sempre accade nei giorni tra luglio e agosto nella città dello Stretto. La sala che ospita la riunione del Consiglio comunale è all’interno di un edificio costruito in legno in via La Farina (Fig. 5), sede provvisoria in attesa del nuovo Palazzo municipale “ che non avrà nulla da invidiare all’antica (Rosario Pennisi) “, così sperano molti tra i sopravvissuti al terribile terremoto del 28 dicembre di cinque anni prima.  In quel giorno è prevista un’adunanza straordinaria pubblica con la presidenza del Sindaco Avv. Gian Silvestro Pulejo Ainis.1

Il Segretario Generale del Comune f.f. prof. Carmelo Stagnitta su invito del Sindaco procede all’appello dei consiglieri eletti, al termine sono presenti:

Blancato, Scarcella, Brancati, Calamarà, De Cola, Proto, Stagno d’Alcontres Ferdinando, Fleres, Morgana, A.Martino, Stagno d’Alcontres Alberto, Fortino, Hopkins, Ciraolo,Marangolo,  Lauricella, Magaudda,Trombetta, Interdonato,Corso, Macrì, Bette, Giunta, Cordaro, Galletti, Pulejo, Papa, Vinci, Geraci, Savoca, Ainis, Farenda, Picciotto, Ainis A., Furnari, Oliva, Cesareo, Cutrufelli, Tripodo, Marullo, Sollima, Novi, Macrì, Pellizzeri, Siracusani, Tornatola, Pisani. 

Il sindaco, verificata l’esistenza del numero dei consiglieri che rende legale l’assemblea, si rivolge al segretario e lo invita a dare lettura dell’ordine del giorno.

Il Segretario Generale Stagnitta prende la parola:” Oggi 7 agosto 1913 nei locali del Comune di Messina, temporaneamente siti in via La Farina, si riunisce il Consiglio Comunale per decidere e deliberare sul seguente ordine del giorno:

Punto uno: Mozione del Consigliere Papa per la conservazione del vecchio Palazzo Municipale;

Punto due: Rettifica agli allineamenti delle vie che circoscrivono gli isolati 316,317,319.

Per quali motivi i Consiglieri in quel giorno, dopo 5 anni dalla tragedia, si occupavano  del Palazzo Comunale? Perché l’ing. Papa aveva presentato quella mozione?  Per comprendere meglio i fatti che avevano determinato nell’interesse della città una riunione del Consiglio comunale, nonostante il caldo, ci è necessario approfondire i termini della  questione di cui,  dopo oltre cento anni, abbiamo oggi scarsa memoria. Ci è utile allo scopo tornare alla mattina del 7 gennaio 1909 perchè in quel giorno avremmo visto uno sparuto ma qualificato numero di cittadini, guidato dal deputato nazionale Ludovico Fulci,  riunirsi –secondo “La Tribuna del Mezzogiorno”2– sotto la tettoia della Stazione ferroviaria. I presenti, senza distinzione di appartenenza politica, elaborano una petizione, da presentare al Parlamento Italiano: affermano essere “un dovere storico e nazionale il risorgimento di Messina”. E’ opportuno ricordare che in quei giorni la città e la provincia di Messina rischiano di sparire dalla storia e dalla geografia, perché nelle menti di alcuni influenti uomini politici, tra essi l’on Colajanni, il senatore Paternò, il ministro Bertolini e il generale  Mazza

Palazzata di Messina
Figura 1-Palazzata

commissario governativo per l’emergenza, matura l’idea di completare con la dinamite la distruzione della città iniziata dal sisma e di spezzare la provincia in due zone territoriali da associare rispettivamente a Catania e a Palermo. L’intervento immediato degli onorevoli messinesi Fulci, Cutrufelli e Faranda e per altri canali diplomatici dell’Arcivescovo D’Arrigo, riesce a vanificare l’incredibile idea. Il 15 gennaio 1909 con Regio Decreto – e apprezzabile solerzia- il Governo nazionale nomina una Commissione di esperti con il compito d’individuate i criteri di massima da seguire per avviare la ricostruzione della città nel rispetto di moderne norme asismiche che tengano conto dei dati acquisiti a seguito dei danni causati alle strutture dalle recenti scosse telluriche e dal conseguente maremoto  3.

Proprio  in considerazione dei danni che il maremoto aveva causato agli edifici con onde alte fino a 12 metri -sul porto di Messina non superarono i 3 metri- abbattutesi con violenza straordinaria sulla città e sull’intera costa ionica,  la Commissione, tra l’altro, dispone il vincolo che non consentirà la costruzione di edifici in prossimità della spiaggia a meno di 100 metri  dal mare.

Il successivo R.D. n.193 del 18 aprile 1909 adotta le conclusioni della Commissione e stabilisce pure all’art. 22.

” le strade devono essere larghe almeno 13,50 m… le case non possono avere verso la strada sulla quale prospettano altezza maggiore della larghezza della strada stessa…”. Le regole definitive saranno date con Testo Unico R.D. n.1261 del 1913.

Le nuove disposizioni di legge stabiliscono che la città può rinascere nel medesimo sito ma l’applicazione dei nuovi parametri tecnici e igienici, nei fatti, impone l’abbattimento dell’intera “Palazzata”. Appresa la decisione ministeriale, nulla hanno da ridire nel merito quei cittadini che- riteniamo in buona fede- desiderano ricostruire una città nuova su un disegno urbano moderno completamente diverso dall’esistente, ormai irriconoscibile per le tante macerie,  ottocentesco e in qualche zona ancora medievale. Sono convinti che ne avrà guadagno soprattutto il porto con maggiori spazi per le operazioni commerciali. Se questi bravi messinesi di allora avessero potuto vedere le condizioni del porto ai nostri giorni chiuso dai binari del tram con assenza assoluta di qualsiasi attività 

commerciale, fatta eccezione per qualche bar o negozio di souvenir, certamente avrebbero lottato anche loro per mantenere in vita la “Palazzata” del Minutoli.

Notizie sulla “ Palazzata”

La “Palazzata” era la serie ininterrotta di edifici aventi il medesimo stile architettonico disposti ad arco sul porto per circa 1500 m, dalla Dogana a sud a Piazza Vittoria a nord. Per la sua imponenza i messinesi la chiamavano pure, con evidente orgoglio, “ Teatro marittimo” (fig.1;fig.2 ). Il Palazzo Municipale si trovava nel suo centro. (fig.3) La “ Palazzata” risaliva agli anni 20 del XIX secolo: prestigiosa concretizzazione della volontà del ricco ceto medio allora presente in Città prevalentemente dedito alle attività produttive e commerciali. Essa era il risultato di un originale disegno dell’architetto Giacomo Minutoli che aveva ampiamente restaurato e in parte ricostruito la precedente Palazzata settecentesca di Simone  Gullì anch’essa gravemente danneggiata da un terremoto nel 1783.  Basile così la definiva: ”… assumeva nella lontananza, una sintesi prospettica la visione di una grande sequenza edilizia… era un capolavoro per la straordinaria pienezza del suo ritmo e la unificante conclusione spaziale della cerchia panoramica cui era connessa”.

La nuova Palazzata era divisa in 36 isole con altrettante porte che consentivano il passaggio  tra le due strade che lato mare e lato monte correvano lungo la successione degli edifici;   ventitré porte si distinguevano per magnificenza ed eleganza architettonica. I palazzi erano alti 20 m, prima del terremoto del 28 dicembre non tutti erano stati  ultimati;  per ciascun piano si contavano dall’inizio alla fine ben 268 aperture.  Il Palazzo del Municipio ai suoi lati aveva due passaggi  sormontati da archi chiamati rispettivamente Porta del Nettuno e Porta S. Camillo: queste due stradine mettevano in comunicazione la via Garibaldi col Corso Vittorio Emanuele o più familiarmente indicato dai messinesi via Marina. I due prospetti principali dell’edificio, sia quello che guardava il mare sia l’altro rivolto alla Piazza del Municipio, erano colonnati in stile neoclassico, ventidue le colonne sul prospetto lato mare , sei sulla Piazza. Il palazzo si presentava a tre livelli oltre attico; all’interno lo scalone principale, a doppia rampa, portava ai piani superiori, nel primo ballatoio in una nicchia si trovava una statua in stile classico di Giuseppe Prinzi rappresentante Messina (oggi nel Largo Minutoli)4.

Il terremoto del 28 dicembre aveva gravemente danneggiato soprattutto le isole poste a nord del Municipio, quelle a sud avevano resistito alle onde sismiche subendo solo modesti danni alle strutture, in gran parte si erano salvati i prospetti. (fig.4 )

Il Palazzo municipale aveva subito danni alle strutture interne ma  non irreparabili; purtroppo  un successivo incendio estesosi dall’attiguo Hotel Trinacria aveva ulteriormente accresciuto i danni ma si erano salvati i  muri  perimetrali e le facciate.

Sul destino da assegnare alla Palazzata in città nascono due opposti orientamenti: salvarla  o abbatterla? Alcuni, una minoranza, con solide ragioni intendevano conservarla interamente e con essa, ovviamente, anche il Palazzo Municipale, non solo perché costituiva uno dei monumenti più belli della loro Messina, ma pure perché  apparteneva idealmente alla loro vita, faceva parte dei bei ricordi del  passato vissuto all’ombra di quei   palazzi di cui andavano tanto fieri. Erano decisi, nonostante lo scoramento e i lutti di quei giorni, a difendere i tanti  monumenti, le chiese non crollate e con essi la storia e l’identità della loro comunità cittadina, disposti pure ad accettare soluzioni architettoniche di compromesso con il nuovo Piano Regolatore della città. Altri,  compresi i nuovi cittadini giunti dalla provincia e dalla Calabria dopo il sisma perché in gran parte assunti per i lavori di sbancamento delle macerie o impegnati nei nascenti nuovi piccoli commerci, ritenevano inutile lasciare retaggi del passato che impedivano di guardare alle nuove prospettive e  a ipotetiche moderne soluzioni urbanistiche, uniformandosi in ciò all’atteggiamento culturale ottimistico di quegli anni d’inizio secolo diffuso in Europa. Forse il secondo orientamento non fu abbracciato, da alcuni, solo dal desiderio di scelte architettoniche innovative e futuristiche ma pure da possibili “ghiotte operazioni immobiliari di compravendita dei suoli fabbricabili connessi al risanamento edilizio, il terremoto fungeva così da volano per lo sviluppo di un ceto affaristico di costruttori e appaltatori”( Barone).

Palazzata e Fontana del Nettuno
Palazzata e Fontana del Nettuno

Non mancarono valide proposte alternative di mediazione tra le due posizioni estreme che non furono neppure prese in considerazione.  La proposta più significativa  per serietà scientifica e sensibilità d’approccio, fu quella sostenuta dall’ingegnere Augusto Guidini, ticinese di nascita ma vissuto professionalmente a Milano. Egli alimentò la speranza nei superstiti che non solo la “Palazzata potesse essere restaurata, ma che fosse un obbligo, un segno di rispetto verso la Città che ciò accadesse5. L’ing. Guidini –si ribadisce non messinese- propose un Piano Regolatore 6 della Città dettagliato e documentato alternativo a quello elaborato dall’ing. Borzì per conto della municipalità, al quale contestò la necessità di alcune sue sbrigative soluzioni e tra queste l’abbattimento dell’intera Palazzata, non supportate da reali motivi tecnico-scientifici. Egli, nel rispetto delle norme asismiche, affascinato dalla bellezza dei tanti monumenti della città ancora recuperabili e soprattutto dalla Palazzata da lui definita “di così monumentale e grandioso aspetto” propose di rispettare dove possibile il disegno urbanistico della città ottocentesca con i suoi monumenti e architetture per mantenere con essi il significato civico, culturale e storico della città. Guidini con le sue soluzioni supera il problema della ristrettezza della banchina portuale, punto focale delle critiche degli oppositori, proponendo di avanzarla verso il mare- così commenta-”Perché dunque distruggere l’intera Palazzata e arretrare il fronte della città?Perché non dovrà invece essere conservata: e meglio perché non dovrà risorgere-almeno in parte- nella identica zona d’impianto, nello storico e scenico suo aspetto…” Si coglie dagli scritti di allora che le soluzioni viarie e architettoniche del Piano Borzì turbavano e creavano viva disapprovazione  soprattutto  in una parte dei cittadini del ceto medio sopravvissuti e rimasti in esiguo numero in città. Si coglie la loro profonda tristezza e rabbia  in uno di loro: Giacomo Longoche così si esprimeva: “ Distrutta la Palazzata per determinare un corso ampio e dritto che corre dalle Fornaci alla Dogana; e qui fare angolo con lo sterminato viale S. Martino-atterrati e spostati gli edifici pubblici e privati- scartata quella intersezione di vie, il cui vago disordine rendeva elegante la Città  -sostituito insomma l’ordine delle case e delle strade, con quali criteri osate chiamare Messina questo nuovo paese ???”

Municipio di Messina
Figura 3 – Municipio di Messina

Il 4 gennaio 1910 il Consiglio Comunaleadotta il primo nuovo Piano Regolatore della Città elaborato dall’Ing. Luigi  Borzì Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico comunale. Nell’occasione si legge che furono respinti i reclami presentati dall’Arcivescovo D’Arrigo e da altri numerosi cittadini che intendevano salvare alcuni immobili di loro proprietà che le nuove geometrie del Piano avrebbero abbattuto. Interessante quanto accadde, nonostante l’opposizione dell’alto Prelato, al

Palazzo Arcivescovile e Seminario: il palazzo fu in parte abbattuto per dare posto alla prosecuzione della via Garibaldi fino a Piazza Cairoli. ( alla nota 8 si riporta la delibera)

Si coglie subito da questa  decisione  in modo evidente che in quegli anni era vivo lo scontro ideologico tra il blocco radical borghese e quello clerico moderato; le istanze della Chiesa messinese erano tenute in scarsa considerazione  dal potere politico di matrice massonica dominante in città. Fu, infatti, la Massoneria siciliana sotto la guida del senatore Ludovico Fulci iscritto alla Loggia “Roma Risorta”, associata alla Massoneria di Palazzo Giustiniani in Sicilia, che gestì la ricostruzione di Messina. I “poteri forti” di allora o più precisamente gli interessi economici delle influenti famiglie messinesi del ceto alto borghese e di singoli notabili che si muovevano indipendentemente dalle appartenenze politiche,  riuscirono a ridurre significativamente in città i simboli e il potere ecclesiastici.  Ne è prova- applicato il Piano Borzì perfettamente funzionale al loro scopo 9–  il ridotto numero di chiese costruite nel XX secolo oggi presenti in città, sapendo che prima del terremoto nell’area corrispondente all’incirca all’attuale centro cittadino ( via S. Cecilia- Piazza Castronovo ) se ne contavano tra piccole e grandi oltre cento. E’ un dato incontestabile che molte chiese di rilevante valore storico e architettonico e  più modeste  cappelle di proprietà della Chiesa e delle Confraternite cittadine non erano crollate  ma avevano subito solo danni in alcuni casi  lievi, ugualmente furono  abbattute perché “ ostacolavano” il rispetto delle norme igieniche e il nuovo disegno stradale del Piano.10  Con il Regio Decreto 26 giugno 1910 e con l’approvazione  ministeriale definitiva del Piano Borzì, nel dicembre del 1911, era obbligo abbattere anche ciò che rimaneva della Palazzata. Restava, nella speranza di tanti, qualche possibilità di salvezza per il Palazzo Comunale perché la Commissione Governativa di Antichità e Belle Arti, per la valenza monumentale del Palazzo, non aveva ancora deciso se porre o no il vincolo al suo abbattimento. L’ing Borzì e i suoi sostenitori pur di raggiungere il loro scopo proponevano di smontarlo per ricostruirlo alle  spalle del futuro Palazzo Municipale per utilizzarlo come museo, o in alternativa  in altro luogo. Si comprende che era solo un tentativo per rinviarne l’abbattimento in attesa che chi si opponeva al progetto si stancasse e orientasse la propria attenzione su altro tema. Alla fine del 1911 si sperava ancora che il Palazzo potesse sopravvivere dove si trovava con opportuno intervento di restauro. 

L’8 gennaio 1913 La Corte Cailler nel suo diario riporta  :” Nel giornale di Sicilia Arena Capici pubblica la notizia che il Progetto Zanca pel nuovo Palazzo municipale è stato approvato, in massima, al Consiglio Superiore LL.PP. In quanto al monumentale rudere del Minutoli, egli dice sarà ricostruito al Museo decorandone le due facciate, ma questo e un sotterfugio perché si sa che la legge non consentirebbe la ricostruzione di un edificio che supera i 16 metri. Ed il Palazzo Senatorio è alto m 22. Si tratta quindi d’ingannare la gente.”. E ancora Il 2 marzo 1913: ” Nel Germinal di ieri (n.844) Domenico Calabrò pubblicò anonimo, si capisce, un violento articolo contro chi vuol distrutto il Palazzo Senatorio di Messina, ed attacca anche Fulci…che non c’entra, ritengo.” 11 

Nel 1913 il Regio Commissario della città di Messina Alessandro Salvadori dispose che il Palazzo del Minutoli fosse smontato e ricostruito (genericamente) in altro luogo.

Il 7 agosto del 1913 prende vita l’ultimo disperato tentativo per salvare il Palazzo.

Palazzata dopo il 28 dicembre 1908
Palazzata dopo il 28 dicembre 1908

Torniamo dunque a quel giorno e all’ingegnere Giuseppe Papa che sta per prendere la parola.

Sig. Sindaco signori consiglieri, ritengo che le ragioni per le quali la Giunta nella riunione di ieri abbia stabilito di dare esecuzione alla deliberazione del Regio Commissario di demolire il vecchio Palazzo di Città siano solo quelle accennate nella stessa riunione di Giunta dal Sindaco. Personalmente non ritengo che nessuna di esse giustifichi con ragioni tecniche la grave decisione che oggi si vorrebbe prendere. Si è detto che è necessario abbattere il palazzo municipale perché così prevede il Piano regolatore del Borzì, ma nessuno ha mai dimostrato come la conservazione del Palazzo impedisca la sistemazione del porto. Ricordo ai presenti che ieri ho rilevato e oggi confermo che l’Ufficio del Ministero dei LL.PP. non ha detto che il palazzo debba essere obbligatoriamente demolito, e che, per parte sua, si riteneva estraneo alla questione, anzi aggiunse che quando fu interessato dal Collegio degli ingegneri del problema, rispose che nel caso in cui noi avessimo stabilito di mantenere il Palazzo, avrebbe fatto tutte le pratiche per portare avanti le varianti necessarie al Piano Borzì. Poi, permettetemi di dire, che ritengo risibile e privo di alcun fondamento, l’affermazione di alcuni che sostengono che il Commercio a Messina sarebbe gravemente compromesso, anzi si disse proprio distrutto. Sarò io per primo a richiedere la demolizione del Palazzo quando sarà dimostrato con dati certi e non a orecchio e perciò con la presentazione di un piano con la ripartizione e utilizzazione di tutte le zone dalle quali si possa evincere la necessità della demolizione. Si è pure detto che la sua permanenza arreca ostacolo al Piano regolatore, sempre al solito con affermazioni verbali senza portare alcuna prova tecnica documentata. Condivido invece il timore che l’attuale condizione di degrado possa ritenersi un pericolo per possibili crolli e perciò propongo che non si perda tempo, ormai sono trascorsi quattro anni da quella notte, e si provveda con gli opportuni restauri. Del resto, non si è deliberata una spesa di oltre 100.000 lire per la demolizione? Se ne spenda il doppio e si provveda al restauro.

Chiedo dunque all’Assessore Interdonato di chiarire ulteriormente a questo consiglio e cortesemente anche a me portando motivazioni convincenti sulla necessità di togliere questo glorioso avanzo della nostra Messina che fu. Grazie.

L’avv. Antonino Martino chiede al Sindaco di poter intervenire.

“Cari colleghi, ho ascoltato con interesse, anzi con sentimenti di partecipazione all’accorata proposta dell’ing Papa. Però,se lo stesso me lo consente, trovo strano che l’ing. Papa combatta oggi una deliberazione del Regio Commissario Salvadori, mentre a suo tempo, se non ricordo male, non seppe frenarsi dal desiderio di votargli un voto  di plauso quando lasciò la sua funzione”.

Il Papa, impermalito per l’affermazione del Martino che mette in dubbio la coerenza del suo operato politico chiede al Sindaco di poter rispondere nel merito avv. Martino. E riprende la parola.

“Gentile avv. Martino le vorrei ricordare che non ho avuto bisogno di aspettare fin’oggi e dunque l’assenza del commissario Salvadori per giudicare e anche quando necessario criticare il suo operato, avendolo io fatto  in più occasioni durante il periodo del suo svolgimento a Messina e soprattutto quando gli altri dormivano; ma di aver creduto, perché doveroso di votare il voto di plauso verso la persona e non verso alcune sue decisioni, persona che ha avuto il merito grandissimo di essere uscita dopo quattro anni di amministrazione tormentosa e tumultuosa, a differenza di altri con le mani pulite”.

“Ingegner Papa”– gli risponde immediatamente Martino -“ Quanto da lei affermato non basta a costituire per l’Amministrazione un titolo di merito, perché occorre che pure nei suoi atti si riscontri sempre quel senso d’indipendenza che dà la caratteristica della persona cosciente e veramente onesta. Osservo poi e mi rivolgo al Sindaco che esiste già una deliberazione di questo Consiglio per la demolizione del Vecchio Palazzo Municipale, ove  la si voglia revocare sia messa all’ordine del giorno la revoca stessa”.

Prende la parola il Sindaco:

“ Prendo atto delle riserve del consigliere Martino, ma mi coglie l’obbligo di precisare che il consigliere Papa, con la sua mozione, intende proporre, come chiaramente si legge nella stessa, di sospendere l’esecuzione di quanto deliberato dal Regio Commissario in merito alla demolizione e di rinviare la decisione definitiva al parere della Soprintendenza dei monumenti, da investire del problema, sulla possibilità tecnica del consolidamento . Mi permetta ora l’ing. Papa di rivolgergli un caldo invito ad una riflessione meno offuscata dal comprensibile e condiviso sentimento di amore per questa città infelice e di guardare con fiducia al futuro. Non è il caso di ostinarsi a voler tenere in vita ciò che la natura ha distrutto. Occorre avere la visione delle generazioni future che hanno diritto a godere dell’aria e della luce del nuovo Palazzo municipale che dovrà sorgere di fronte al vecchio. E’evidente che, lasciando l’attuale, resti deturpato e privo di visuale l’altro . Né, credo, che il sentimento della popolazione sia favorevole per la conservazione”.

Vuole intervenire il consigliere Cutrufelli.

“Sig. sindaco, illustri colleghi, sento il dovere da messinese di aderire alle considerazioni esposte dall’ing. Papa. A Messina dopo il disastro è venuta la mania della distruzione, quante chiese, quanti palazzi si è deciso di abbattere senza reale motivo e per dare spazio a un disegno di città che cancella la precedente. La conservazione del Palazzo non toglierebbe aria e luce, come si dice in questa sala, al nuovo da erigersi. E quanto è meschino parlare di risparmio. Della nostra bella Messina rischiamo di non lasciare nulla alle nuove generazioni, invece è nostro dovere che restasse questo monumento per parlarsi dell’antica vita del comune di Messina che fu uno dei più gloriosi d’Italia. Il nostro Palazzo Municipale è uno dei più ragguardevoli monumenti d’Italia. Prima ,quindi,di procedere ad un atto intempestivo, richiamo con forza l’attenzione di questo Consiglio perché valuti bene la proposta dell’ing. Papa.”

Il Segretario generale Stagnitta informa che si è iscritto per intervenire nel dibattito il consigliere Tripoto.

 Consigliere Tripodo: “Mi permetto di non condividere le preoccupazioni dei consiglieri Papa e Cutrufelli. Anch’io ho rispetto e sento mie le nostre case e i monumenti che rappresentano una delle migliori epoche del passato, ma coloro che si lascano guidare da questi sentimenti non guardano bene gli altri lati della questione. Fin’oggi si è parlato di conservare questo Palazzo, ma non si è detto per quali finalità. Si è pensato, è vero, a destinarlo a Museo, ma dato il pericolo che, non ostante i restauri presenterebbe, se n’è abbandonata l’idea: e allora mi chiedo e vi chiedo, perché conservarlo ?Forse per ricordarci il dolore? Si è detto che trattasi di un’opera di pregio artistico che conviene conservare, ma secondo me, il pregio s’imperniava sulla linea di tutta la Palazzata, essendo venuta meno questa, che resta più di artistico nel vecchio Palazzo Municipale? E poi, l’ing. Papa si è rappresentato quel che diverrà questo palazzo allorché verrà innalzata la strada al livello previsto dal nuovo Piano regolatore della città ? E il futuro Palazzo comunale non sarà assai brutto quando verrà nascosto, perché si vuole mantenere il ricordo del passato, dietro i ruderi del vecchio ? Finisco il mio intervento e dichiaro per le su esposte ragioni che sono dolente di non poter essere d’accordo con l’egregio ing. Papa. Grazie dell’attenzione”.

Il Segretario generale:

“Hanno chiesto di parlare  nell’ordine i  Consiglieri Fortino, Savoca, Lauricella e Vinci, si proceda dell’ordine stabilito “

Inizia il primo intervento:

Consigliere Fortino: “Dichiaro di votare contro la sospensiva proposta dal Consigliere Papa, con questa decisione ritengo di interpretare il sentimento della cittadinanza”.

Consigliere Savoca: ” Ricordo a tutti i presenti e soprattutto a chi sembra averlo dimenticato, che la ristrettezza e l’angustia dei locali della marina hanno in passato intercettato il transito e costituito un grave intralcio allo svolgimento del movimento del commercio. A nessuno può sfuggire che mantenere quel Palazzo obbligherebbe a continuare negli inconvenienti del passato. Messina deve riprendere il suo antico commercio e quel Palazzo non può ivi mantenersi”.

Municipio di Messina in baracca dopo il 1908
Municipio di Messina in baracca dopo il 1908

Consigliere Lauricella: ” Egregi colleghi, concordo con altri sul valore artistico del Palazzo ma non vorrei che per esso venisse sacrificato quello evidente del nuovo palazzo che dovrà nascere perché questo rappresenterà un organismo integro, coordinato con gli altri edifici che lo attorniano, il vecchio Palazzo resterebbe isolato e pesante a gravare con la sua mole sulle linee estetiche della ricostruenda città. Per queste regioni voterò contro la mozione Papa”. 

Consigliere Vinci: “ Il consigliere ing. Papa propose al Collegio degli ingegneri di conservare questo palazzo nel 1909. In quell’epoca concordo che vi era effettivamente la mania di distruggere ed egli sentiva il dovere di proporre che pria di addivenirsi alla demolizione di quel Palazzo occorresse esaminare con diligenza la questione. Ma dopo di allora si è avuto il nuovo Piano Regolatore della Città, il quale ha fatto cadere dalla sua mente ogni concetto di conservazione. L’elevazione altimetrica, infatti, della strada obbligherebbe ad eseguire attorno al palazzo un fossato che contribuirebbe a ridurre la larghezza della via Garibaldi, riduzione che avrebbe per effetto di rendere forse difficile l’esercizio della tramvia. D’altra parte dovendosi la via Garibaldi spostarsi anche dal lato a valle, non ricorrerebbe più la linea perché sarebbe interrotta da questo edificio. In terzo luogo è stato da tutti rilevato che il palazzo vecchio coprirebbe la visuale di quello nuovo che dovrà sorgere, togliendo così ogni sua bellezza. Quanto poi alle tradizioni di questo palazzo credo che non risalgano all’epoca in cui veramente la città rifulse. Per concludere- chiedo scusa se mi sono dilungato su aspetti tecnici, sono d’accordo con il Sindaco che la cittadinanza non condivida l’opinione del collega Papa. “.

Terminato il discorso del consigliere Vinci il Sindaco riprende la parola:

Egregi colleghi, gli interventi di alcuni di loro illustri rappresentanti delle parti politiche di appartenenza hanno portato in quest’aula il sentire dei cittadini messinesi su un tema che ormai da anni ci vede tutti nelle ambasce dovendo decidere se rinviare l’abbattimento del Palazzo Municipale gloria del recente passato della nostra città. Tutti avere esposto con dovizia di argomentazioni il vostro parere e quello dei cittadini che rappresentate, chiedo ora all’ing. Papa se intende esporre controdeduzioni alle argomentazioni fin qui esposte”.

Il consigliere Papa, consapevole ormai che la sua mozione molto difficilmente sarà approvata, riprende a esporre le sue tesi:

Grazie sig. Sindaco. Certo che intendo rispondere ai signori intervenuti per dire loro che nessun argomento è stato messo in luce per dimostrare la ineludibile necessità di demolire il vecchio Palazzo Municipale. Non si è fatto altro che ripetere ancora una volte quelli già noti. Nessuno ha potuto dimostrare che il vecchio Palazzo non si possa consolidare in modo da eliminare qualunque pericolo per la vita dei cittadini. Tutti i contrari al recupero hanno invece affermato che il vecchio Palazzo deve demolirsi perché esso non si coordina per linee e livelli col nuovo Piano Regolatore. Sig. Sindaco, colleghi, mi volete per favore indicare il nome di quella città non solo in Italia ma se esiste in tutto il mondo nella quale gli avanzi degli antichi monumenti sono obbligati a coordinarsi sui nuovi piani regolatori? Per quanto è a mia conoscenza, ma attendo lumi da lor signori, sono i nuovi piani regolatori che tentano di coordinarsi con l’esistenza degli antichi monumenti. Se così non fosse, il Colosseo e tutti gli altri antichi monumenti di Roma dovrebbero sparire . In quanto alla questione commerciale gli oratori che se ne sono occupati hanno dimostrato semplicemente che dei bisogni specifici e positivi del commercio ne sappiano molto meno di me. In tesi generale volete sostenere che se la zona falcata, libera attorno il porto da 250.000 mq si riducesse a 247.000, il commercio non può svilupparsi, è tale argomento che raggiunge i limiti dell’amenità. Valevoli argomenti per provare la necessità della demolizione non ne furono prodotti. Un solo argomento per quanto triste e doloroso risultato vero quello accennato dall’ing Interdonato, non siamo né a Firenze né in Roma, né in Venezia dove è vivo e caldo il sentimento delle tradizioni e delle glorie patrie. In Messina questo sentimento è molto tiepido. Concludo… In qualunque modo io prego l’illustrissimo Sig. Sindaco di mettere a votazione la mia mozione. Il Consiglio la respingerà a grandissima maggioranza, ma almeno così non potremo tramandare ai posteri   questo glorioso monumento della grandezza di Messina al momento della sua caduta, tramanderemo ai posteri i nomi di quei messinesi che hanno deliberato la distruzione di questo glorioso ricordo della terra che li ha visti nasce”.

IL Sindaco, non richiedendo alcun altro di intervenire nel dibattito, mette in votazione per appello nominale la mozione dell’ing. Papa, così concepita come da riportare a verbale e invita il Segretario Generale Stagnitta a procedere alle operazioni di voto.

Esaurite le operazioni di voto per appello nominale, il Segretario Generale compila il verbale e ne dà lettura: Segretario Stagnitta: Do lettura di quanto riportato a verbale in relazione alle operazioni di voto, dell’intero verbale con gli interventi delle SS.LL saranno fatte copie che saranno consegnate agli atti e ai presenti. 

“Omissis.  Si passa alle operazioni di voto sulla mozione presentata dal consigliere Papa così riportata:

Il Consiglio-Considerato che l’antico Palazzo Comunale è uno dei Migliori monumenti che esistono in Sicilia dall’epoca del Risorgimento dell’Architettura in Italia;

-Considerato che esso compendia e rappresenta tutta la grandezza della città caduta;

-Considerando che non è neanche a discutersi la possibilità che si possa consolidare per eliminare ogni pericolo per la vita dei cittadini;

-Considerando che la sua conservazione non può per nulla pregiudicare gli interessi commerciali della città;

-Considerando che in nessuna altra città d’Italia si sarebbe pensato demolire un monumento che costituisce la più bella tradizione di tramandare ai posteri.

Delibera

Sospendere l’esecuzione del deliberato del Regio Commissario, e dare mandato alla Giunta perché faccia le opportune pratiche per affidare all’Ufficio Tecnico della Soprintendenza dei Monumenti di Sicilia residente in Palermo, perché studi un progetto di consolidamento e di parziale ristauro del Vecchio Palazzo. Si riserva ogni ulteriore deliberazione dopo l’esame di tale progetto”.

Si  allontanano i consiglieri Tortorella e Fleres.

Sull’ordine del giorno suddetto rispondono SI i consiglieri Papa, Cutrufelli, Giunta, e Blancato.

Rispondono NO tutti gli altri in numero di 40.

Il Presidente proclama il risultato della votazione dichiarando respinto l’ordine del giorno Papa.

Si passa al secondo punto all’ordine del giorno”.

Non molto tempo dopo in ossequio a quanto deliberato dal Comune di Messina la dinamite farà il suo lavoro.

“La città non è più in grado di offrire oggi, a chi viene dal mare, il suggestivo spettacolo di un unico “ teatro” che circonda il porto ”12.

NOTE

1)-In questo essenziale resoconto degli avvenimenti salienti che riguardarono l’abbattimento della “Palazzata “ del Minutoli e con essa del Palazzo Municipale, si riporta integralmente il verbale della seduta del Consiglio Comunale di Messina del 7 agosto 1913 reperibile presso l’Archivio storico del Comune di Messina. Si precisa che vi sono state apportate necessarie marginali modifiche per stemperarne lo stile burocratico.

2) La Tribuna del Mezzogiorno supplemento 28 dicembre 1958”riportato da: Alberto Straci, Messina: Lo stretto indispensabile, Reggio Calabria,Città del Sole, 2015, pag28.

3) Piatanesi, Lorito, Romano, Il grande maremoto del 1908: analisi e modellazione.2008, INGV, Roma, pag 184.

4)“… le colonne aprono cinque grandi arcate nel centro inferiore dalle quali si accede in un cortile che per altra arcata dà nella marina Il cortile, è recinto di portici già destinati a convegno dei negozianti per trattarvi i loro affari di commercio… Ai piani superiori si va per due scale, una a destra modesta ma comoda, l’altra a sinistra ricca e ben messa tutta di bianco marmo con balaustre e adorna della colossale “Messina” del Prinzi.Gli uffici del sindaco, della giunta, e del consiglio sono ampi ed eleganti come pure quelli per i pubblici servizi, rispondenti ai più minuti bisogni moderni.”. “Messina e dintorni Guida a cura del Municipio 1902”, Messina, St.Crupi,  pag.299.    In Ristampa Anastatica Ed Bonanzinga.

5) Alberto Straci, Messina: Lo stretto indispensabile, Reggio CalabriaCittà del Sole, 2015.

6) Augusto Guidini, Piano Regolatore della Città di Messina, Milano, Civelli, 1910. In G.Campione, Il Progetto Urbano di Messina.

7) Giacomo Longo, “Un duplice flagello Messina 1911”, Ristampa Anastatica, Messina, EDAS, 1978.

8) “ L’anno 1910 il giorno 4 del mese di gennaio. Il Regio Commissario assistito dal Seg. Gen. Avv. Prof. Giacomo Crisafulli.

         Visto che il Piano Regolatore della nuova città, compilato dall’Ingegner Capo dell’Ufficio comunale Sig.Cav. Luigi Borzì è stato per 15 giorni consecutivi e cioè dal 13 al 29 Dicembre, depositato nell’Ufficio Comunale, con facoltà ad ogni cittadino di prenderne svisione e presentare le sue osservazioni…Considerato che avverso il piano medesimo sono stati presentati in termine utile venti reclami che separatamente vanno esaminati e discussi, tenendo presenti le norme tecniche e igieniche, stabilite con R.D. del 18-4-1909 n. 193, per le riparazioni, ricostruzioni e costruzioni nuove degli edifici pubblici e privati ed estese al Comune di Messina con R.D. del 18-7 –u.s. n.542; 

-Visto il reclamo presentato da S.E. Mons. Letterio D’Arrigo, nelle sue qualità di Arcivescovo di Messina e quale legittimo rappresentante della Mensa Arcivescovile, con il quale si oppone al taglio del Palazzo Arcivescovile e dell’annesso Seminario. Considerato che ciò è inevitabile sia perché il detto fabbricato è limitato dalle vie Centonze, Dei Verdi, Seminario e Primo Settembre, non aventi la larghezza minima prescritta dalle norme tecniche, sia per il prolungamento della via Garibaldi sino alla Piazza Cairoli;

-Visto il reclamo presentato dallo stesso Mons. D’Arrigo, qual proprietario della Casa privata di beneficenza fu ricovero di orfanelle povere, con il quale si oppone all’abbattimento di una parte dell’edificio e alla occupazione dell’annesso giardino. Considerato che la detta Casa è situata nel quartiere Portalegni, uno dei più popolari e antichi, le cui vie agrestissime sono assolutamente ricoperti di macerie e che le nuove strade ivi progettate debbono avere la prescritta larghezza e non possono arrestarsi davanti la Casa del reclamante ma continuar debbono senza tener calcolo di ogni interesse personale;

-Visti i reclami presentati dai Signori: (seguono i nominativi…) Considerato che le opposizioni rilevate costituiscono gratuite osservazioni…Tutto ciò considerato,…DELIBERA… sono respinte le venti opposizioni presentate per i motivi sopra indicati… E’ adottato il Piano Regolatore della nuova Città di Messina compilato dall’ing. Capo dell’Ufficio Tecnico Municipale, Sig. Cav. Luigi Borzì.” Il Segretario Generale: G. Crisafulli-Il R. Commissario: A. Salvadori

9)  S. Bottari- L. Chiara, La lunga rincorsa-Messina dalla rivolta antispagnola al terremoto del1908, Ed. Lacaita, Roma,2009, pag 131: “ Tale “nodo” di relazioni e di condivisione di interessi di classe che molte volte tendevano a sovrapporsi anche alle appartenenze ad uno specifico raggruppamento o partito politico, così come accadeva in altri diversi contesti urbani della Sicilia ,determinava un ambiente in cui “ soverchia” era la forza dei singoli e delle famiglie d’appartenenza, con la relativa costituzione di un blocco di potere che tendeva a esercitare  la propria influenza sulla società locale  e molte volte era impermeabile alle sollecitazioni e alle trasformazioni introdotte dall’esterno”.

10) Cecilia Ciuccarelli, “Messina e Reggio Calabria: monumenti perduti”, Roma, INGV, 2008

11) G. La Corte Cailler- “Il mio diario 1907-1918”, Messina, Ed. GBM.

12) Amelia Joli Gigante, “Le città nella storia d’Italia, Messina”, Laterza, 1980 pag 139