La Galea del Piano di S. Giovanni Gerosolimitano: una “Machina” della Festa tra ‘600 e ‘800 a Messina

(Parte seconda)

La Galea 

 Tra le “Machine” effimere più imponenti, che in quelle occasioni apparivano in città, vi era una Galea, cioè finta nave per dimensioni, materiali utilizzati e forma molto simili ad una vera galea.Per apprezzarne le dimensioni e la bellezza

 e farci così un’idea, anche se vaga, dello spettacolo che essa offriva armoniosamente inserita in un contesto architettonico di notevole eleganza, è necessario prendere avvio dalla descrizione del luogo in cui essa veniva inserita: il Piano di S. Giovanni Gerosolimitano.

Quel luogo evocava importanti avvenimenti del glorioso passato della città. Del Piano di San Giovanni, con una grande vasca e un fonte monumentale detto Fontana di Delfino, collocati all’incirca nel suo centro, troviamo ampi riferimenti soprattutto nei secoli XVII e XVIII, in numerosi scritti di letterati messinesi o di viaggiatori presenti a Messina in occasione delle principali ricorrenze festive.

Il Piano si trovava nella parte nord della città,

 

a circa 250 m dalla cinta muraria e lungo i suoi lati si affacciavano importanti edifici. Particolarmente bella e ricca di storia la Chiesa di S. Giovanni di Malta, con attiguo Gran Priorato dell’Ordine militare dei Cavalieri Gerosolimitani, perché sede di quei Cavalieri dal 1523. Sul lato nord la Chiesa di Gesù e Maria di S. Giovanni, poco distante sempre con prospetto principale sul Piano, la Chiesa di S. Nicolò dei Greci; vicinissima la Chiesa di Gesù e Maria della Concezione con l’attiguo Conservatorio di donne. Le dimensioni del Piano di S. Giovanni le possiamo trarre da dati riportati da più fonti che sostanzialmente convergono, iniziando da Filippo Gotho 9. Nel 1589 egli dice che (il Piano) misurava da: “levante a ponente 600 palmi”, e da: “mezzodì a tramontana 500 palmi”; ovvero, circa 156 m in direzione monti-mare e circa 130 m nord-sud, con un diametro medio di circa 145 m.

La vasca detta Lavatoio delle sete, era un grande fonte di acqua potabile utilizzato anche per lavare la seta grezza, in quegli anni principale fonte economica della città, sia per fare abbeverare gli animali da soma prima che lasciassero la città per la campagna o vi rientrassero dalla vicina Porta Reale. Nel 1606 il messinese Giuseppe Buonfiglio e Costanzo, (1547-1622) , sempre impegnato ad esaltare Messina in polemica con Palermo, e ottima fonte di notizie sulla storia della città, in: “ Messina città nobilissima”, descrive sia il Lavatoio sia l’ attigua monumentale Fontana di Delfino

Fig. 10 - (Mecheln,1540-Koln,1590) Messana urbs
Fig. 10 – (Mecheln,1540-Koln,1590) Messana urbs

“ …Et nella Piazza di S. Giovanni dal fianco verso la marina si vede una bella struttura & copiosa d’acqua, eretto il lavatoio delle sete, le quali prima costumando di lavarsi nell’acqua salsa della marina, facevano i drappi delle sete non della desiderata convenevole perfettione per fare i tintori e mercanti parimenti inscusabili, fu eretto il purgo a spese del pubblico…”. 10

Fig. 11- Fontana di Delfino in Piazza S. Giovanni ( da S.A.P Catalioto-Messina nel 1672, Ed. DiNicolò Messina)
Fig. 11- Fontana di Delfino in Piazza S. Giovanni
(da S.A.P Catalioto-Messina nel 1672, Ed. DiNicolò Messina)

Giuseppe D’Ambrosio anch’egli messinese, parroco nella chiesa di S. Leonardo, nel 1685 ci dà notizie sulle dimensioni del lavatoio: 11

“ … l’apia Fontana o’ Gebbione di palmi centocinquanta di longhezza…”. Dunque era lungo circa 39 m.

E nel 1728 Giuseppe Ortolano ci informa che la grande Galea si costruiva su quel lavatoio e ne occupava l’intera lunghezza: “alla quale lunghezza serve di anima tutta la suddetta lunga urna di marmo…”. 12

L’anno dopo, Orazio Turriano in un suo “Ragguaglio” 13 ci dà ulteriori notizie sulla dimensione del Piano avendone misurato empiricamente la circonferenza: “E’ dunque questa gran piazza di circuito passi cinquecento…”. Con ragionevole approssimazione, considerando un passo equivalente a circa un metro si può calcolare, che la piazza avesse un diametro di circa 150 m.

Turriano ci segnala pure l’esistenza del Lavatoio: “Nel mezzo di essa Piazza innanti il ragguardevole Fonte di Marmo ivi eretto per il pubblico commododi palmi 150 di lunghezza”. Stessa misura data da D’Ambrosio, circa 39 metri. 

Quarantasette anni dopo, nel 1776 Domenico Sestini conferma la presenza della lunga vasca nel Largo di San Giovanni: “…la quale (la Galea) artificiosamente era disposta sopra un gran Vivaio d’acqua, che è sulla Piazza di San Giovanni di Malta”14 .

I dati fornitici dai testimoni ci consentono di concludere che il Largo di S. Giovanni aveva un diametro medio di circa 150 m e il Lavatoio si estendeva, un po’ decentrato, per più o meno 39 m. e occupava un quarto dell’ampio Piano.

La conoscenza di questi dati è elemento utile per poter capire se le informazioni pervenuteci sulle dimensioni della Galea, da parte di chi la vide, sono attendibili, perché coerenti con le dimensioni di quel lavatoio sul quale veniva costruita oppure se i nostri informatori, in buona fede, o perché sollecitati a ingrandire per fini campanilistici la realtà di quel manufatto ci abbiano tramandato notizie false.

Nel 1832 la fontana e la grande vasca, furono smontate e spostate in altro luogo. Si può ipotizzare che la decisione sia stata presa perché il fonte non serviva più per fare abbeverare i cavalli e per pulire le sete come nel passato o forse pure per dare una nuova e ritenuta più moderna destinazione alla grande piazza. 

In quell’area, fu fatto sorgere un moderno giardino all’inglese: “Villa Florio”, oggi “Villa Mazzini” 15.

Dopo esserci fatti un’idea della piazza e del lavatoio delle sete su cui veniva montata la Galea, cerchiamo ora, da notizie di prima mano, di sapere con ragionevole certezza in quali anni e per quali avvenimenti importanti essa apparve e perché suscitasse stupore e meraviglia in coloro che ebbero l’opportunità di ammirarla. Vari letterati vissuti tra ’800 e ‘900 ci hanno tramandato la memoria esistente in città nel loro tempo delle feste celebrate da metà ‘600 in poi a Messina, ma purtroppo non sembra che ci abbiano lasciato prove documentali che la Galea fosse costruita anche nelle feste degli anni precedenti il ‘600. Enrico Mauceri vissuto dal 1869 al 1963 afferma in una sua pubblicazione, senza dare però riferimenti, che: “la tradizione durò, come pare, fino ai primi dell’800 … e dovette forse avere origine nel ‘600 come dimostrerebbero i quadri in rame sbalzati e dorati, della poppa, conservati oggi in Museo”16 . Quel “come pare” vuole dire probabilmente che l’autore non avesse bibliografia originale e si affidava alla memoria orale. Egli afferma pure che la Galea era stata costruita negli anni dal 1764 al 1804, con sospensione nei tempi immediatamente successivi al terremoto del 1783. Maria Pitrè, in un suo scritto del 1900 riporta la descrizione della Galea in quel Largo fatta da un non precisato viaggiatore straniero transitato da Messina nel ‘60017 senza specificare l’anno. Anche la ricerca bibliografica più moderna non sembra avere rintracciato prove certe che la Galea venisse montata anche prima della seconda metà del 160018. Dagli scritti di chi realmente vide la Galea, e che di seguito prenderemo in esame, sappiamo che essa, in quanto” machina festiva”, veniva mostrava prevalentemente nelle grandi occasioni religiose cittadine e, come già detto in precedenza, eccezionalmente per la presenza in città di illustri ospiti, infatti, è in alcuni resoconti di quegli avvenimenti che se ne trova la menzione, ma a quanto pare solo dal 1685; infatti nelle descrizioni delle feste precedenti quell’anno non si rinviene alcun riferimento alla sua presenza. Uno dei primi resoconti di una importante festa a Messina lo dobbiamo a Francesco Gotho, nobile cavaliere e senatore messinese, colto e molto stimato in città, che nel 1589 illustra la festa19nei dettagli, in un volume di otre 170 pagine, organizzata per il ritrovamento delle presunte reliquie di S. Placido e dei suoi compagni martiri. Tra le tantissime strutture mobili collocate per rendere sontuoso il percorso della processione con le reliquie dei santi non troviamo segnalata la nave. L’assenza però può essere in questa occasione comprensibile perché la Galea compare successivamente sempre , con rarissime eccezioni, per la ricorrenza della Madonna della Lettera. Nel 1606 , Giuseppe Buonfiglio e Costanzo nel suo “ Ragguaglio su Messina” in otto tomi, scritto con il preciso intento di esaltare la sua città in contrapposizione a Palermo, elenca con scrupolo le vere o supposte prestigiose prerogative storiche di Messina, la sua nobile e gloriosa origine , descrive le sue belle chiese, i monasteri e i monumenti notevoli, segnala le opere d’arte, le principali feste, le famiglie nobili residenti, e pure gli avvenimenti miracolosi che si ricordavano e tanto altro. In quella scrupolosa e prolissa elencazione non manca infatti di descrive, – come già detto in precedenza-, anche il Largo di S. Giovanni Gerosolimitano con il suo lavatoio e con la sua fontana. Al nostro autore nulla sembra sfuggire, si può perciò realisticamente supporre che non avrebbe certo dimenticato di sottolineare e ricordare che nelle occasioni delle feste per la Madonna della Lettera, allora celebrata l’8 settembre, o dell’Assunzione il 15 agosto, o in altre occasioni, in quella vasca veniva montata una finta galea di notevoli dimensioni. Nei suoi otto tomi non vi è infatti cenno alcuno 20. Altro importante testimone delle feste della città è il domenicano vicentino Alberto Guazzi sacerdote dei Padri Predicatori, che nel 1657 nell’occasione della ricorrenza della festa per la Madonna della Lettera- dal 1636 ricorreva solennemente il 3 di giugno- e in quell’anno durò ben quattro giorni, descrive le sfarzose coreografie montate come al solito: festoni, luminarie , archi , arazzi, altari e altro per rendere il percorso processionale uno spettacolo gradevole alla vista ed emotivamente coinvolgente . Ovviamente non tralascia il Piano di S. Giovanni Gerosolimitano, tappa obbligata delle processioni, ma non segnala l’esistenza di alcuna Galea in quel luogo. Ove ci fosse stata, certamente non avrebbe potuto non documentarne la presenza come faranno negli anni successivi altri testimoni 21.

Per quello stesso anno 1657 abbiamo pure la testimonianza di Placido Reina 22 messinese, socio con lo pseudonimo di Offuscato, della importante Accademia cittadina della Fucina. Nella sua: “Relazione sulla solenne festa della Sagra Lettera celebrata a tre di giugno 1657 nella città di Messina” descrive la festa della Sagra Lettera del 3 di giugno 1657, testo di ben 91 pagine, compostocon le stesse finalità campanilistiche del Guazzi di esaltazione delle glorie cittadine, riporta minuziosamente quanto approntato dal Senato cittadino per rendere onore e ringraziamento alla Madonna della Lettera sua principale protettrice divina, ma anch’egli non segnala la presenza di alcuna nave in quella Piazza di S. Giovanni. 

Dopo il 1657 abbiamo un’altra testimonianza nel 1659 grazie a Domenico Argananzio, nato nel 1617 a Messina, appartenente alla Compagnia di Gesù. Nel suo trattato:“ Pompe Festive celebrate nella Nobile ed Esemplare Città di Messina nell’anno MDCLIX”23,egli riferisce, con la solita particolare enfasi del tempo, la festa organizzata il 3 giugno per la lode sempre della Madonna della lettera. Illustra le opere effimere montare nel Largo di San Giovanni ma non segnala la presenza della Galea sul lavatoio delle sete.

Dobbiamo arrivare al 1658 per trovare quella “machina festiva”. La segnalazione per quell’anno la dobbiamo a Giuseppe D’Ambrosio“ 24 che pubblica a Messina, per i tipi della Stamperia di Vincenzo D’Amico, un tomo di 644 pagine, con il dichiarato intento di confutare le tesi avverse negazioniste sostenute soprattutto da Palermo in merito alla veridicità dell’esistenza di una lettera di saluto inviata a Messina personalmente dalla Vergine Maria madre di Gesù nell’anno 42 d.C. D’Ambrosio, afferma che fra i tanti apparati che arredavano le principali strade cittadine in quel 3 di giugno, nel Piano di S. Giovanni vi era collocata sul Lavatoio delle sete una grande Galea: “ Ma quello che più alimenta lo stupore e rendeva estatica la devozione era l’ammirare nel detto Piano una smisurata Galeazza architettara sopra e d’intorno l’apia Fontana… “.

D’Ambrosio ci dà pure le misure della finta nave, che per lui era lunga 200 palmi (51m circa). Le dimensioni della nave ci stupiscono e ci sollecitano qualche dubbio sulla loro veridicità: si ricorda che il fonte che faceva da supporto era lungo 38 metri. Si può supporre- ma il confronto con altre testimonianze ci daranno ulteriori elementi di valutazione – che l’autore abbia voluto aumentare di qualche palmo la dimensione reale della nave, per colpire l’immaginazione dei lettori non testimoni con l’intento di suscitarne lo stupore e l’apprezzamento per la città che mostrava di possedere e mostrare una simile meraviglia.

Nel 1702 La Galea è ancora presente nel Largo di San Giovanni il 15 di agosto per la festa della Madonna Assunta, l’informazione la dobbiamo a Giuseppe Cuneo, fervente patriota messinese, appartenente alla fazione dei Malvizzi dichiaratamente avversa alla Spagna nella rivolta del 1674. Egli così scrive nel suo “Avvenimenti della nobile città di Messina occorsi dalli 15 Agosto 1695 nel qual giorno si promulgò la Scala Franc”25“…Nel Piano di San Giovanni Gerosolimitano, sopra appunto la gran beveratura e come suole farsi ogn’anno per la festa della Sacra Lettera, si architettò una bellissima e vaga Galea, tutta addobbata con carte colorate e ben disegnate…”, e ci dà preziose altre notizie. Intanto, che la Galea si montava in quegli anni normalmente in occasione della Madonna della Lettera il 3 giugno e che in quel 1702 eccezionalmente si decise di collocarla sul fonte anche per le feste del 15 agosto per la ricorrenza della Madonna Assunta. Ma la presenza in città in quel giorno di agosto del nuovo re Filippo V dal 1701 sul trono di Spagna e di Sicilia, ci fa sospettare che la seconda apparizione servisse non tanto a rendere onore alla Madonna Assunta che in giorno si festeggiava ma- come era stato fatto in città in altre occasioni di visite di regnanti- al nuovo re con il concreto scopo di accattivarne i futuri favori. 

Purtroppo Cuneo non ci dice nulla delle dimensioni della nave. Però, dopo averne descritto la bellezza delle decorazioni, ci dà invece contezza delle spese sostenute per costruirla e di chi le sostenne: “dal Governatore della città con 40 onze e dai nobili per un totale di oltre 100 onze”. Con un calcolo ovviamente molto approssimativo, si spese una somma corrispondente a circa 18.000 dei nostri euro. Dal suo ponte si spararono fuochi d’artificio,: ” … nel Piano di S. Giovanni Gerosolimitano…Da un finestrone di questi il Conte di Tolosa vidde il gioco di fuoco della Galera …finito il gioco di fuoco, li Francesi di marinaggio e di servitio delle navi saccheggiarono la Galera di tutte le lanterne e carte dipinte che vi erano portandole via in allegria” .

Per la festa della Madonna della Lettera del 3 giugno 1728 abbiamo la testimonianza di Giuseppe Ortolano con il suo “Trionfo di fede e di ossequio…”, egli ci dice che la nave era poggiata sulla vasca e ci dà le sue dimensioni: lunga 240 palmi compreso lo sperone di prua e l’altezza sul lato poppa di 40 palmi, a prua vi erano montati quattro piccole pietrere (piccoli cannoni), oltre 3000 lanterne che la illuminavano posizionate tutte attorno allo scafo e alle vele , e inoltre sul suo ponte vi trovò spazio un’ orchestra che in quelle sere allietò il popolo 26.

L’anno successivo 1729 Orazio Turriano 27, sempre per il 3 giugno ci conferma la presenza della Galea: “…or su questa fonte (Beveratura) a spese del clero si architettò una Galea di palmi 240 dalla poppa alla prora, fornita di tutto punto, che quasi sembrava all’occhio abile a solcar l’onde”. Egli ci precisa che le spese in quell’anno furono sostenute dal Clero. Per questi due anni 1728 e 1729 le dimensioni della Galea sono le medesime, come pure la presenza degli arredi (bandiere, dipinti, tele dipinte trofei militari, insegne, ecc.) e le lanterne in numero di circa 3200. Turriano così prosegue nella descrizione :“ …or su questa fonte (Beveratura) a spese del clero si architettò una Galea di palmi 240 dalla poppa alla prora , fornita di tutto punto, che quasi sembrava all’occhio abile a solcar l’onde. L’altezza della sua Poppa da terra fino al mergolo della Tenda era di palmi 40 .Tutto il fusto di essa dipinto, e toccato parimente ad oro in campo rosso; Su le spalliere d’entrambi i lati poi si spiegavano varie bandiere di diversi colori ,e aste, che le sostenevano venivano circondate da un fregio di tela dipinto a Trofei Militari …Le antenne poi in tutte le sere in tutte le sere spiegavano le loro vele, che venivano formate da vari lumi pensili al numero di 600, oltre di moltissimi altri che in tutto ascendevano a n. di 3200…”.

Per l’anno 1735 ancora da Giuseppe Ortolano 28 che nella tipografia “ Chiaramonte e Provenzano” stampò il tomo “  Tre memorie rimarchevoli alla storia di Messina. Cioè la Maestà in soglio. Il Genio in trionfo. La Fedeltà in ginocchio nela occasione della maestosa prima venuta e solenne reale ingresso di Carlo di Borbone” , veniamo a sapere che la Galea compare sempre nello stesso luogo ma questa volta eccezionalmente il 10 marzo per la visita in città di Carlo di Borbone dal 1734 re di Napoli e di Sicilia, ma possiamo ritenere che in quell’anno sia stata costruita anche il 3 giugno per la Madonna della Lettera. In quel 1735 il nuovo re prese concreto possesso delle sue terre con un viaggio che iniziò da Napoli il 3 gennaio e, percorrendo la Calabria, giunse a Messina precisamente al Villaggio S. Agata il 9 marzo, facendo il suo ingresso trionfale in città attraverso la porta Grazia il 10 marzo. Come già si era fatto nel 1702 per Filippo V la città non badò a spese per accogliere il nuovo sovrano sperando di conquistarne il favore e forse anche per far dimenticare, se possibile, quanto essa aveva osato fare 60 anni prima, con la rivolta antispagnola degli anni 1674-78. 

Anche in quella occasione si pensò di stupire gli illustri ospiti mostrando al monarca e alla sua corte, eccezionalmente, anche l’imponente Galea nel Largo S. Giovanni: “S’alzò questa seconda Machina alle spese del Clero…E’ longa da poppa a prora palmi 240. Dalla terra fino alla mergolata del suo tendale contasi palmi 40…Se non ugguaglia le misure di una Galea naturale, la ugguaglia al meno nel lavoro, alzato a rilievi o punti in tela o’ ntagliati in legname”.

Arriviamo così al 1776 a Domenico Sestini 29 fiorentino, personaggio di cultura poliedrica, forse massone, soprattutto numismatico e naturalista, che nei suoi viaggi in Europa e nell’Impero Ottomano alla ricerca attenta di luoghi e tradizioni, visita Messina. Vi approda con l’intento di assistere alla festa della Madonna della Lettera, di cui aveva sentito parlare interessato a studiarne gli aspetti religiosi e folcloristici: “Più volte io aveva sentito parlare con entusiasmo della Festa che annualmente è in Messina per la ricorrenza di una Madonna sotto il titolo della Lettera “. Percorrendo le strade cittadine, anche in quell’anno addobbate con ricchezza di altari, tendoni, luci e altro, come nei precedenti anni, vede la nave che descrive: “A far della sera principiarono a illuminare una lunga Galera la quale artificiosamente era disposta sopra un gran vivaio d’acqua, che è sulla Piazza di San Giovanni di Malta. Era la medesima ben lavorata e arricchita di vaghi ornamenti e dorature, e simetricamente costrutta. Ciò mi giunse nuovo e molto ne restò pago l’occhio nel vederla tutta illuminata. Le vele erano tante corde perpendicolarmente tirate alle Antenne degli alberi, e sopra ciascheduna corda in ugual distanza vi erano distribuiti dei lampanini accesi che recavano vaga mostra , e di quando in quando seguivano alcuni spari dalla Galera…Quindi il popolo si portò in gran folla sulla solita Piazza di San Giovanni di Malta, ove era fabbricata la Galera, nella quale per un’ora continua si veddero varj fuochi d’artifizio, e per la vaghezza , e invenzione dei medesimi veddi, che in alcune città , che passano per ingegnose, e di buon gusto nelle arti non si è ancora giunti ”.

Troviamo ancora la Galea nel Piano di San Giovanni nel 1797, però il 15 agosto perché dal 1788 le feste di mezz’agosto inglobarono la ricorrenza della Madonna della Lettera del 3 di giugno. Il terremoto del 1783 con i tanti danni e vittime causati aveva imposto ragionevolmente di contenere le spese evitando di organizzare due feste distinte. Della testimonianza siamo debitori a un poeta popolare messinese don Pippo Romeo che, tra i versi ironici di una sua “cicalata”, scritti in occasione di un fatto a tutti noto accaduto in città in quel 15 agosto che aveva suscitato l’ilarità popolare, dice, tra le sue rime, che nella festa di quell’anno si vedevano: ” li Palia, lu Gilanti, li fochi, la Galera “30. Si può ritenere che non parlasse dell’altra nave che si costruiva a Messina, cioè del Vascello dei frumenti–di cui si dirà dopo- avendo utilizzato il termine “ Galea “. Dunque quella nave fu costruita certamente anche in quell’anno e pure in anni successivi.

Nel nuovo secolo l’ inglese William Henry Smyth capitano della Marina Britannica, in un suo diario dalla Sicilia: ” La Sicilia e le sue isole “, dice che trovandosi a Messina nell’agosto del 1814 in occasione della festa per l’Assunta vede la Barra (Vara) e la Galera: “…ed una magnifica Galera costruita con grandi spese nella fontana della Piazza di San Giovanni, commemora l’arrivo miracoloso di alcuni vascelli carichi di grano , durante una carestia…” 31 Il visitatore inglese dà, comprensibilmente per la breve durata della sua permanenza a Messina, notizie parzialmente errate sul significato della nave , forse pure perché in città si andava dissolvendo il ricordo dei “ perché” di quella Galea, e la si assimilava alla tradizione di un altro vascello , quello dei “ Frumenti”, che pure era costruito e collocato nelle feste in altro luogo della città, per ricordare l’arrivo miracoloso in porto, in anni di particolare carestia , di imbarcazioni cariche di derrate alimentari. Tradizione che mitizzava più prosaiche azioni di pirateria fatte a spese di navi annonarie intercettate lungo lo stretto dalla marineria messinese. 

Conclusioni

Sulla base delle informazioni raccolte dagli autori che descrissero la Galea per averla vista, possiamo affermare con ragionevole certezza che quella “machina festiva” era una finta nave di circa 50 m di lunghezza e 10 m di altezza costruita dalle maestranze del cantiere navale messinese, e collocata nel Piano di San Giovanni Gerosolimitano su una grande vasca. 

La Galea non può essere considerata propriamente una “Machina del Fuoco”, perché non veniva incendiata ma soltanto utilizzata come base dalla quale lanciare i fuochi d’artificio. Infatti, essa al termine delle feste veniva smontata e riposta per il suo riutilizzo negli anni successivi. La Galea entrava nel progetto coreografico al termine del complesso delle cerimonie previste per la Festa, nel momento che sanciva il trionfo della città e della sua classe dirigente. Messina così conferma, anche con la Galea, la sua tradizione di impiego nelle feste dei fuochi d’artificio e delle machine del fuoco; sappiamo infatti che fu la prima città dell’isola a potersi regalare simili spettacoli nelle sue feste ,soprattutto dal ‘500, periodo legato ad una positiva condizione economica di cui godeva in Sicilia. 

La Galea per i significati che rappresentava, era collegata alla ricorrenza della festa liturgica della Madonna della Lettera protettrice della città, ma sappiamo che venne mostrata anche in altre eccezionali occasioni. Fu costruita sicuramente dal 1685 agli inizi dell’ottocento.

Varie sono le conclusioni che si possono avanzare, anche sulla base dei dati fornitici dai cultori di storia patria messinese, in relazione ai significati, alle ragioni e alle finalità che motivavano la sua periodica presenza annuale, interrotta solo negli anni in cui gravi fatti della storia della città la impedirono. 

Il fatto che la prima presenza della Galea è documentata-secondo i dati acquisiti- in occasione della Festa della Madonna con il titolo della Lettera attorno al 1685, periodo di forte competizione municipalistica tra le principali città dell’isola, fa supporre che essa fosse funzionale, in primo luogo, a tenere vivo nel popolo messinese la convinzione di essere destinatario privilegiato di una speciale e particolare benevolenza della Vergine Maria, attestata da quella lettera-come si è detto- che tutti o quasi tutti in città erano sicuri che Ella avesse consegnato all’ambasceria messinese, nell’anno ’42 d.C., destinata alla città e giunta su una nave, che quella simile Galea ricordava in quel Piano di S. Giovanni . La nave e la lettera tra loro collegate, ribadivano pure nel confronto municipalistico con le altre città dell’isola, l’esistenza di un privilegio che altre comunità non potevano certamente vantare e in nessun modo superare e dunque, il diritto di Messina ad essere considerata la vera capitale dell’isola, quasi per volere divino. 

La nave era del tutto simile ad una galea militare e veniva costruita accanto alla Chiesa di San Giovanni e alla Sede prestigiosa dei Cavalieri di Malta. Struttura e luogo fanno ritenere che con essa si volesse inoltre vantare il contributo dato dalla città 32, con suoi uomini e con alcune simili vere galee, costruite nel suo arsenale, alla flotta cristiana che il 14 settembre del 1571, guidata da don Giovanni d’Austria, era partita dalla sua costa 20, verso Lepanto dove aveva sconfitto la flotta Turca. Ma pure il privilegio avuto da quei Cavalieri Gerosolimitani che fin dal lontano 1136 avevano scelto la città come avamposto nella lotta che conducevano per la riconquista del Santo Sepolcro, e dal 1523 vi avevano trasferito il loro Gran Priorato dopo la perdita della sede di Rodi. 

I motivi appena espressi nulla tolgono, ma anzi confermano, che la Galea, allestita dalle maestranze del suo importante cantiere navale, servisse pure ad esprimere anche l’orgoglio della comunità messinese, fiera delle sue glorie marinare e mercantili e della sua autonomia, quasi città-stato, che la rendevano culturalmente e sociologicamente molto diversa dalle altre città dell’isola.

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NOTE SECONDA PARTE

Le Galee o Galere erano navi di diversa dimensione costruite in tutto il Mediterraneo occidentale, utilizzate per fini militari dalle nazioni cristiane ma pure, con i necessari adattamenti strutturali, per il trasporto delle merci. Avevano uno scafo prevalentemente lungo 50 m e largo 6-7 m, con immersione sui 2 m procedevano sia a remi sia a vela. Sulle più grandi trovavano posto anche 400 addetti tra rematori e soldati . A prua uno sperone dal quale la nave prendeva il nome Galeotes: pescespada. A prua un palco con sotto piccoli cannoni. 

Cfr. Sisci R., L’arte dei maestri d’ascia nella tradizione del messinese, Messina, Ed. Di Nicolò, 2005, pag. 50

Cfr. Capponi, Niccolò, Lepanto 1571, Milano, Il Saggiatore, 2006, pag. 161

9 Gotho, Filippo, Ragguaglio su Messina, Messina, 1591. pag. 32, in  Arte tipografica messinese del XVI secolo , Messina, Ed. GBM, 1980 

10 Buonfiglio e Costanzo, Giuseppe, Messina Città Nobilissima, Venezia, MDCVI, Libro I, pag. 8 

11 D’Ambrosio, Giuseppe, Quattro Portenti della Natura dell’Arte, della Grazia e della Gloria, Rappresentati nella Nobile Città di Messina nell’anno 1685 ne’ i festeggiamenti della Sacra Lettera, Messina, Stamperia Vincenzo D’Amico, 1685, pag. 68

12 Ortolano, Giuseppe, Trionfo di Fede e di Ossequio, ovvero ragguaglio delle pompe festive apparecchiate quest’anno 1728 dalla nobile ,fedelissima ed esemplare Città di Messina in commemorazione della Sacra lettera, Messina, 1729

Cfr.: Principato, Nino,  Dal Piano di S. Giovanni alla Villa Mazzini , in “Messenion d’Oro”, 2005, n.3,pag. 5.

13 Turriano Orazio,  Ragguaglio della Festa celebrata dalla Nobile, Fedelissima, ed Esemplare Città di Messina nell’anno 1729 in commemorazione della Sacra Lettera, Messina, Stamperia Chiaramonte e Provenzano, 1729, pagg.4-5;7-8

14Sestini, Domenico, “Lettere del sig. abate Sestini, scritte dalla Sicilia e dalla Turchia a diversi suoi amici in Toscana, Firenze, Stamperia Vanni e Tofani, MDCCLXXX”, Tomo II, pag.153. 

– Cfr., Martino, Giuseppe, Porto Privilegi & Pulici: Marineria, Porto, Traffici marittimi, e Deputazione di salute a Messina nel settecento, Messina, Giambra, 2019.

15 Catalioto, Silvio A.P., Messina nel 1672, Messina, Ed. De Nicolò ,2016, pag. 253

16 Mauceri, Enrico , Messina nel settecento, Messina, Libreria Bonanzinga, 1981, pag. 231-234

17 Pitrè, Maria, Le feste in onore di S. Rosalia in Palermo e dell’Assunta in Messina, descritte dai viaggiatori italiani e stranieri, Palermo 1900, pag. 174

Pitrè, Giuseppe , Feste patronali in Sicilia, Palermo, 1900, pag. 171

18 Santoro, Rodolfo, Le Machine navali di Messina (La Galea e il Vascello dei Frumenti, in Archivio Storico Messinese,III Serie XXIII, vol. 47, pag 49-72

19 Gotho, Filippo, op.cit.

20 Buonfiglio e Costanzo, Giuseppe, Op.cit. pag. 8

21Guazzi, Alberto, Entusiasmi d’affetto del padre Alberto Guazzi vicentino domenicano Per il Trionfo della Nobile & Esemplare Città di Messina, nella solennità della Sacra Lettera di Maria, Messina, MDCLVII.

22 Reina, Placido , (Offuscato), Relazione sulla solenne festa della Sagra Lettera celebrata a tre di giugno 1657 nella città di Messina, Messina, 1657

23Argananzio, Domenico,“ Pompe Festive celebrate nella Nobile ed Esemplare Città di Messina nell’anno MDCLIX, Messina MDCLIX 

24 D’Ambrosio, Giuseppe, Quattro Portenti della Natura dell’Arte, della Grazia e della Gloria, Rappresentati nella Nobile Città di Messina nell’anno 1685 ne’ i festeggiamenti della Sacra Lettera, Messina, Stamperia Vincenzo D’Amico, 1685, pag. 68

25 Cuneo, Giuseppe,  Avvenimenti della nobile città di Messina occorsi dalli 15 Agosto 1695 nel qual giorno si promulgò la Scala Franca, Messina,1702, Tomo II, pag. 852

26 Ortolano, Giuseppe, Op.cit. 

27 “ …or su questa fonte (Beveratura) a spese del clero si architettò una Galea di palmi 240 dalla poppa alla prora , fornita di tutto punto, che quasi sembrava all’occhio abile a solcar l’onde. L’altezza della sua Poppa da terra fino al mergolo della Tenda era di palmi 40 .Tutto il fusto di essa dipinto, e toccato parimente ad oro in campo rosso; Su le spalliere d’entrambi i lati poi si spiegavano varie bandiere di diversi colori ,e aste, che le sostenevano venivano circondate da un fregio di tela dipinto a Trofei Militari …Le antenne poi in tutte le sere in tutte le sere spiegavano le loro vele, che venivano formate da vari lumi pensili al numero di 600, oltre di moltissimi altri che in tutto ascendevano a n. di 3200…”. Turriano, Orazio, Ragguaglio della festa celebrata dalla Nobile, Fedelissima, ed esemplare Città di Messina nell’anno corrente 1729, etc, Messina, 1729, Regia e Senatoria Stamperia, pag. 7-8 :

28 “ S’alzò questa seconda Machina alle spese del Clero…E’ longa da poppa a prora palmi 240. Dalla terra fino alla mergolata del suo tendale contasi palmi 40…Se non ugguaglia le misure di una Galea naturale, la ugguaglia al meno nel lavoro, alzato a rilievi o punti in tela o’ ntagliati in legname.” Ortolano,Giuseppe, Tre memorie rimarchevoli alla storia di Messina. Cioè la Maestà in soglio. Il Genio in trionfo. La Fedeltà in ginocchio nela occasione della maestosa prima venuta e solenne reale ingresso di Carlo di Borbone, Messina, Chiaramonte e Provenzano, 1735, , pag 116.

29Sestini, Domenico, Op.cit. pagg 153-157 –“A far della sera principiarono a illuminare una lunga Galera la quale artificiosamente era disposta sopra un gran vivaio d’acqua, che è sulla Piazza di San Giovanni di Malta. Era la medesima ben lavorata e arricchita di vaghi ornamenti e dorature, e simetricamente costrutta. Ciò mi giunse nuovo e molto ne restò pago l’occhio nel vederla tutta illuminata. Le vele erano tante corde perpendicolarmente tirate alle Antenne degli alberi, e sopra ciascheduna corda in ugual distanza vi erano distribuiti dei lampanini accesi che recavano vaga mostra , e di quando in quando seguivano alcuni spari dalla Galera…Quindi il popolo si portò in gran folla sulla solita Piazza di San Giovanni di Malta, ove era fabbricata la Galera, nella quale per un’ora continua si veddero varj fuochi d’artifizio, e per la vaghezza , e invenzione dei medesimi veddi, che in alcune città , che passano per ingegnose, e di buon gusto nelle arti non si è ancora giunti. ”

30Bambaci A.,Principato NLa Vara nel ‘700 ,in ”La Vara attraverso i secoli”,Ass. alla Cultura Città di Messina,1997, pag 58.

31 Smith ,William Henry, La Sicilia e le sue isole, abitanti e idrografia… Trad. di G.D. Catinella, Palermo, Ed.Giada, , 1989

32 Dal porto di Messina partirono 207 galee, 6 galeazze, 28 vascelli, 32 tra fregate e brigantini , 30.000 soldati e 50.000 tra marinai e rematori. 

Capponi, Niccolò, Lepanto 1571, Milano, Il Saggiatore, 2006, pag. 206