Montalbano sono, e Camilleri mi è padre, a me!

Il costrutto alla napoletana “Camilleri mi è padre, a me!” (memento ‘Miseria e nobiltà’) nulla toglie, ed anzi rende in immediatezza, alla forte caratterizzazione di ‘sicilitudine’ che Camilleri ha voluto imprimere al suo personaggio come ha magistralmente teso a dimostrare Giuseppe Rando, qui  e ‘ad hoc’ invitato all’uopo da quello che sempre più si sta rivelando quale ‘topo di biblioteca’, e suggeritore di ‘imput’, il presidente di ADSeT Angelo Miceli, una ‘macchina da libri’ offerti alla attenzione dei Soci del Sodalizio.

In merito all’Intrattenitore sulla odierna disquisizione culturale, tengo di mio ad evidenziare un tratto importante della sua personalità: Egli, pur consapevole del suo merito intellettivo, ama non invadere la scena con la Sua persona e si ritrae da istrionismi e protagonismi da cui rifugge; e dunque per questo dono della Sua modestia, che gli è insito, abbiamo potuto godere i Presenti di un incontro che si rivelerà gradevole non solo per la qualità del Relatore, ma non secondariamente per quella atmosfera gioiosa, da lui richiamata – sapientemente inserita in ogni suo giallo dall’autore-  e che Lui riconosce ai lavori del Camilleri ed al suo, ai suoi, personaggi tutti azzeccati in simpatia nei ruoli del cartaceo e della riduzione televisiva.

L’evento di questo 30 maggio 2017 è prioritariamente introdotto dal Moderatore prof. Nino Grasso, il quale invita ad attribuire gli ‘onori di casa’ il Direttore Amministrativo del Liceo ‘Emilio Ainis’ di Messina, la dottoressa Leonarda Ilardo, Lea, delegata a rappresentarlo dal Dirigente scolastico Elio Parisi, impedito ad esser presente da forza maggiore; Lea – divoratrice di libri pur Ella –  si è compiaciuta di poter dare il benvenuto a nome del Liceo – lusingato di questa presenza – ad un autorevole docente universitario, il prof. Giuseppe Rando, maestro di Letteratura Italiana presso l’Ateneo peloritano, riconoscendoGli l’autorevolezza del curriculum culturale d’eccellenza; invitando, per altro, gli Astanti a consumare un rinfresco che ha avuto il piacere di curare di offrire loro, restituisce la parola.

La parola va quindi ad Angelo Miceli, il quale ringrazia la scuola per l’ospitalità concessa ed il Relatore per la sua disponibilità all’incontro; rivolgendosi poi agli Occupanti l’Aula Magna, gremita al completo, si compiace della affluenza massiccia che l’Evento ha generato, certamente dovuta alla rilevanza del nome del Relatore ospitato e contestualmente all’argomento in tema, quel Camilleri che dalle pagine del cartaceo alle riduzioni televisive di successo la Gente ha imparato ad apprezzare ed a prediligere, e, con una punta di legittimo orgoglio, ascrive ad ADSeT la validità delle scelte del Suo Direttivo circa l’attività a 360° del Sodalizio con le sue Visite guidate, i suoi incontri Colti, la sua ricerca di autori di testi da sottoporre all’appetito intellettuale dei Soci  e degli Estimatori di ADSeT; rammenta come l’Associazione sia cresciuta mirabilmente da quel 19 marzo 2014 ad oggi e come in proiezione è destinata a crescere ulteriormente. Dà quindi contezza dell’attività sociale svolta ed in programmazione di svolgimento e si arrende, a chiusa, alla tirannia del tempo.                                          

Riprende la parola il Dirigente emerito, prof. Nino Grasso.

Questi si dice assolutamente onorato di introdurre l’Ospite del giorno, visto che si tratta di un docente del nostro Ateneo particolarmente addentrato nella Critica Letteraria e nelle Letture Comparate presso la Scuola Superiore per mediatori linguistici di Reggio Calabria, nonché membro del Comitato Nazionale per l’Edizione Nazionale dell’Opera Omnia di Federico De Roberto e componente del Comitato Scientifico della Fondazione Corrado Alvaro, il quale dunque è l’uomo giusto per condurre questa disamina del Camilleri, scrittore ad ampio raggio ed in particolare nella specificità odierna della giallistica di Montalbano. Antepone quindi il Moderatore alle riflessioni sulla detta giallistica di cui riferirà il prof. Rando un ricco riferimento allo studio che il Medesimo ha dedicato, con risvolti assolutamente innovativi, alla figura di Vittorio Alfieri, e continua ricordando come sia altresì un cultore di letteratura meridionalistica e dialettale. Piace, in prosieguo, al Grasso richiamare altri punti di forza dello studio da ricercatore – come egli stesso ama riconoscersi –  del Rando: Egli dirige le collane   editoriali ‘L’Arco’ presso Luigi Pellegrini di Cosenza, ‘Otto-Novecento Siciliano’ presso EDAS di Messina e ‘Il Ponte’ presso Falzea Editore di Reggio Calabria. Ricorda quindi i saggi ed i volumi che il prof. Rando ha al Suo attivo su: Alfieri, Leopardi, Verga, Pirandello, Pascoli, Alvaro, Quasimodo, e di letteratura meridionale ‘Da Verga ad Occhiato’ e pure le ristampe di opere di Boner, Cesareo, Onufrio, Misasi, Deledda. Su questo dire il Moderatore si duole di dover limitare l’esposizione della produzione intellettuale del Relatore ai soli nominativi di riferimento, e non ai contenuti, imposta dalla tirannia del tempo entro cui muoversi, e – invitando al consulto delle pagine dedicate su internet per approfondire – cede al parola al prof. Giuseppe Rando.

Entrando nel tema, Questi esordisce offrendo visione del testo di recentissima pubblicazione, che vede protagonista Montalbano “La rete di protezione”, edito da Sellerio in questo mese di maggio, ed aggiunge che quando si disserta di testi è bene mostrarli nella loro fisicità cartacea e non indicarli in un empireo solo accennato; in correlazione mostra e dà il titolo di quella che fu la prima apparizione del personaggio Montalbano in ‘La forma dell’acqua’, nel lontano 1994. In questa più che ventennale produzione del suo Commissario, Camilleri ne ha tirato fuori trenta storie delle quali il Relatore dice di averne lette ben venticinque.

Egli, il prof. Rando, appoggerà il suo discorrere alle singole opere, che volta per volta vengono richiamate a prova di quanto, passo passo, sostiene e che in un rapido richiamo quale questa presente notazione vuole essere è fuori luogo riproporre anche per la difficoltà a memorizzarne i passaggi.

Ciò evidenziato, vediamo gli argomenti di supporto alla tesi nella sua relazione.

Qualcuno, sostiene il prof. Rando, ha accostato la figura del commissario al Maigret di Simenon, all’Ingravallo di Gadda, a Colombo, a Derrik, addirittura a Falcone, ma la verità è che il personaggio camilleriano dai vari poliziotti di tutte le letterature si discosta in una sua originalità che riguarda le sue specificità caratteriali, di cui parlerà, e per l’originalità della lingua: una miscellanea di italiano e siciliano agrigentino.

Altro aspetto tipico del narrare di Camilleri è il pervenire alla soluzione finale del caso non lasciando alcun margine di dubbio sulla reale colpevolezza, sviscerata districando tra evidenze fallaci, giochi di potere, connivenze, sovrapposizioni di situazioni fuorvianti, interazioni malavitose, che grazie alla sua meticolosità smontano altrui costruzioni superfetate, volute, create o ipotizzate in depistaggio. Questa peculiarità narrativa distingue il Camilleri da uno Sciascia, nelle cui opere la colpevolezza è intravista, ma difficilmente punita, sia pure in coerenza con l’ideologia sciasciana della collusione dei poteri con eventi delittuosi.

Originale e rivelativo è quell’accostamento concettuale che il Relatore fa circa la metodologia operativa del Montalbano: egli procede sulla linea, tipicamente siciliana, del “vidennu facennu”, e dunque ben discosta da un assioma investigativo quale lo scientismo di Conan Doyle e del suo Sherlock Holmes, quindi rivela l’empirismo di quella sicilianità che caratterizza il personaggio e lo connota in specificità.

In difformità dai richiamati personaggi letterari terzi Montalbano non si pone come poliziotto ‘deus ex machina’: non è insomma l’investigatore isolato alla Poirot-Christie/Hammer-Spillane, che confida e riesce grazie al suo personale acume logico-deduttivo, viceversa è uomo di squadra, che perviene alla riprova fattuale delle sue intuizioni grazie al supporto di collaboratori che legano con lui sul piano umano otre che su quello professionale, ciascuno con una sua specificità interattiva preziosa, e che comunque vedono ed intendono in lui il capo; e non di rado Montalbano entra nelle loro vite da amico, da mentore, da condivisore delle loro angustie. Insomma il commissario è un uomo assolutamente umano e normale, addirittura caratterizzato da tratti di questa normalità che lo fanno sentire affine al proprio sentire dal lettore: e tutto questo si traduce nel piacere di leggere, piacere che non di rado si compiace del ridere.

Montalbano rifugge dall’eroismo, e tuttavia, in virtù del suo spiccato di responsabilità, sa esporre la sua persona al rischio della vita quando il suo lavoro lo richieda, senza strafare e, se si può, riducendo intelligentemente i rischi.

In questo suo stacanovistico senso del dovere egli tuttavia non si rivela un sottomesso esecutore di ordini, che anzi col potere non di rado ha un rapporto di distanziazione, e qui si allude alla sua carriera, e talora di insubordine se questo serve, scavalcando le regole d’ingaggio, a dipanare situazioni investigative, e ciò nasce, sì, dal senso della sua responsabilità, ma anche da scelte ideologiche oppositive.

Non è estranea al Commissario una vocazione culturale, sorretta da buone letture, ma è di fondo un passionale, intriso di quella accennata umanità che affiora nella sua professionalità, ma che ha radici nel profondo del suo privato; egli vive di due passioni: è un votato all’amore, l’amore familiare, coltivato nel ricordo vivo del padre e della madre, l’amore verso la donna inteso nel rapporto paritario, l’amore per la bellezza femminile che talora lo fa scivolare nella scappatella, pur essendo lui fondamentalmente fedele alla sua compagna di turno, verso la quale tuttavia non accarezza l’idea matrimoniale né procreativa; l’altra passione è quella del cibo. Per questa sua dedizione al cibo, Montalbano sembrerebbe un clone del Leone Gala pirandelliano, ma così non è: infatti il Gala vi si rifugia a compenso delle sua annoiata atarassia esistenziale, ciò che assolutamente non vale per il personaggio camilleriano.

Una figura portante della sua vita privata è Adelina non tanto perché sua governante, ma soprattutto perché dispensiera di prelibate pietanze di sicula tradizione che, grazie a Camilleri, hanno conquistato altre regioni italiane ed europee.

Questo quadro ormai esauriente del personaggio Montalbano apre uno squarcio sulla lettura verace della narrativa Camilleriana: inizialmente il Narratore fu visto dalla critica con decisa sufficienza, solo in tempi recenti di lui si è avuta la rivalutazione letteraria. Uno dei suoi analizzatori abbastanza addentrato nella sua trattatistica, Nino Borsellino, nel suo ‘Storie di Montalbano’, colui che ne inaugurò la valutazione accademica, comunque non rese giustizia alla intuizione dello scrittore: infatti catalogò il commissario per linee molto generiche di collocazione tra i vari investigatori della letteratura, gli attribuì genialità e spirito ‘sessantottino’ e decisamente scontentò il Camilleri quando sostenne che egli si sia costituito da commissario a dio; Camilleri ebbe a rettificare questo svarione interpretativo sostenendo che Montalbano non è un semidio, bensì un uomo.

Il prof. Rando sostiene, di contro, che Camilleri abbia inventato il suo personaggio in antitesi alla concezione dei personaggi pirandelliani, infatti egli vuole discostarsi dall’Agrigentino sulla base di quella insoddisfazione esistenziale che egli riscontra nella vita privata del Drammaturgo e ne dà interpretazione in ‘Storia del figlio cambiato’, laddove crede di poter individuare tutta una serie di scompensi esistenziali e identitari nell’Uomo, senza con questo metter in discussione lo scrittore.

Concludendo, il Relatore sostiene che Montalbano è il primo personaggio post-pirandelliano, l’uomo nuovo del terzo millennio, che mangia, ama, vive valori e credi, ha il senso realistico della vita, àncora le sue scelte di vita alla ragione, alla giustizia ed al progresso, sbaglia, entra in crisi, non si commisera e invecchia: tutto ciò a giudizio del Professore lo colloca nell’area del ‘New realism’ e può benissimo rimandare ad autori come Ferraris ed Eco.

Sullo scemare del lungo appaluso che ha premiato il colto dire del Relatore si sono di seguito innestati gli interventi di  Paolo Piccione sulla conciliabilità del limite della democrazia con il sociale, di Gustavo Ricevuto, che ha evidenziato come Camilleri abbia dovuto misurarsi in un ambiente sciasciano e pirandelliano  non favorevole, e tuttavia sia riuscito ad affermare il suo ruolo di apprezzato scrittore, e di  Ignazio Vasta, che si è chiesto se l’ausilio della rappresentazione per il tramite del mezzo televisivo abbia in qualche modo influito sull’ ‘exploit’ camilleriano.  A loro il Relatore ha dato il suo esaustivo punto di vista.

 

                                                                                 Claudio Sergio Stazzone

 

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