Rubroboletus satanas un nuovo epiteto per il Porcino Malefico

Premessa

Da sempre posizionato nella sistematica fungina nel genere Boletus (1) e conosciuto universalmente con l’originario epiteto specifico di Boletus satanas, è stato recentemente, a seguito approfonditi studi di natura filogenetico-molecolare, riposizionato nel nuovo genere Rubroboletus che ospita, in atto, numerose altre specie appartenute al genere Boletus, mantenendo, in ogni caso, il “satanico” identificativo di specie che invita l’immaginario collettivo ed i micofagi tutti ad evitare il consumo di questa meravigliosa specie fungina, dalle grandi dimensioni e dai colori contrastanti tra il bianco del cappello ed il rosso del gambo e dei pori, che è ritenuta, come confermato dai numerosi studi di micotossicologia, altamente tossica e causa di sindrome gastroenterica (2) di una certa entità.

Genere Rubroboletus Kuan Zhao & Zhu L. Yang 

Phytotaxa 188 (2): 67 (2014)

E’ un genere di recente istituzione, con specie tipo Rubroboletus sinicus (W.F. Chiu) Kuan Zhao & Zhu L. Yang 2014, inteso a diversificare basidiomi già appartenenti alla famiglia Boletaceae, caratterizzati da dimensioni medio-grandi e da caratteri macroscopici ben definiti, quali cappello dalle colorazioni con varianti tonali rosso, rosso-arancione, rosso sangue; imenoforo a tubuli dal colore giallo inteso, con pori di colore rosso più o meno intenso; gambo centrale, ingrossato, ricoperto da reticolo (3) ben definito, con colorazione rossastra; carne virante al blù [Kuan Zhao e altri, 2014 – Miceli, 2018]. Nel genere trovano posto specie fungine già appartenenti al genere Boletus ed inserite nella sezione Luridi (4)) che, per le peculiari caratteristiche filogenetiche, emerse a seguito di approfonditi studi di natura molecolare, sono state trasferite nel genere di recente istituzione, quali, ad esempio: R. satanasR. legaliaeR. rhodoxantus; R. pulchrotinctus; R. rubrosanguineus ecc. [Della Maggiora, 2016]

 

Rubroboletus satanas (Lenz) Kuan Zhao & Zhu L. Yang

Phytotaxa 188 (2): 70 (2014)

 

Accentazione: Rubrobolétus sátanas

Basionimo: Boletus satanas Lenz (1831)

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Boletales, famiglia Boletaceae, genere Rubroboletus.

Etimologia: dal latino sàtanas, con riferimento a Satana, perché ritenuto malefico, velenoso.

 

Principali sinonimi: Suillus satanas (Lenz) Kuntze (1898); Tubiporus satanas (Lenz) Maire (1937); Suillellus satanas (Lenz) Blanco-Dios (2015).

Nomi volgari: Porcino malefico, boleto malefico, boleto di satana.

Nomi dialettali: è conosciuto con una miriade di nomi dialettali che variano da una località all’altra, ci limitiamo a riportare quelli comunemente usati nel territorio siciliano: funciu lardaro, funciu villinuso, funciu cancia culuri [Bonazzi, 2003 – Vasquez, 2012].

 

Descrizione macroscopica

Tavola 1:	Rubroboletus satanas
Tavola 1: Rubroboletus satanas Disegno incompiuto di Gianbattista Bertelli

Cappello sodo e carnoso, di medie-grandi dimensioni, può raggiungere anche 25-30 cm. di diametro, da emisferico a convesso, guancialiforme (quando si presenta a forma di cuscino), cuticola inizialmente vellutata, poi, verso la maturazione, liscia e asciutta, di colore bianco-latte, bianco-sporco, grigio tenue, crema, tendente, verso la maturazione, ad assumere una colorazione bruno-olivastro. Imenoforo a tubuli lunghi, facilmente separabili dalla carne soprastante, da giallo a giallo-verdastro, poi di colore olivastro, tendenti al grigio-azzurro al taglio. Pori piccoli, tondeggianti, inizialmente gialli, poi, a maturità, rosso-arancio, giallastro verso il margine del cappello, leggermente viranti al bluastro alla digito pressione. Gambo carnoso, sodo, tipicamente obeso, a volte slanciato, bulboso alla base, giallo nella parte apicale, rossastro nella parte centrale, giallo-rossastro nella parte inferiore (caratteristica, questa, per la quale viene chiamato “fungo tricolore”); ricoperto da un reticolo finissimo concolore o rosso sangue, virante leggermente al bluastro al tocco. Carne biancastra o giallo pallido, leggermente virante all’azzurro al taglio con maggiore evidenza a tempo umido. Sapore dolciastro, odore inizialmente debole, poi, verso la maturazione, sgradevole.

Habitat

Specie tipica del periodo estivo-autunnale, predilige boschi caldi e asciutti di latifoglie, con preferenza verso querce e castagni; gradisce luoghi aperti ai margini dei boschi. Poco comune.

Commestibilità, tossicità e curiosità

Tossico, velenoso. NON COMMESTIBILE.

Anche se le caratteristiche morfocromatiche: colore rosso dei pori, viraggio al blù della carne e odore sgradevole hanno, indubbiamente, contribuito ad alimentarne la fama di fungo molto velenoso e quindi mortale, è, in realtà, come precisato in premessa, un fungo tossico che causa sindrome gastroenterica (2) di notevole entità caratterizzata da vomito incoercibile che si protrae per numerose ore, dolori addominali, diarrea e conseguenze sull’equilibrio salino [Pelle, 2007].

Contrastanti, tuttavia, sono i pareri sulla sua tossicità: viene da tutti considerato tossico da crudo, mentre sul consumo da cotto emergono diverse scuole di pensiero tra di loro divergenti: molto velenoso per i micologi della scuola tedesca; commestibile anche se pesante e difficile da digerire per quelli della scuola francese; consumabile ben cotto, senza conseguenze, secondo tradizioni locali come avviene in alcune zone della Sicilia e della Calabria [Alessio, 1985 – Pelle, 2007 – Milanesi, 2015]. 

Concordando con le tradizioni locali, Giacomo Bresadola, padre della micologia italiana, affermava che dopo adeguata bollitura ed eliminazione dell’acqua di cottura, “perde la sua forza deleteria e può essere mangiato senza pericolo” [Bresadola, 1899].

Analogo parere veniva espresso dal noto micologo siciliano Giuseppe Inzenga (Palermo, 1816-1887) il quale testualmente affermava: “Quantunque questa specie fosse messa dalla scienza a sentenza di bando come velenosa per eccellenza, pure essa in Sicilia, segnatamente nella regione boschiva dell’Etna ove sviluppasi in grande abbondanza, raccogliesi e vendesi nei pubblici mercati come una delle specie più mangiative ed innocue di quelle contrade” [Inzenga, 1869]. 

Oggi, alla luce delle nuove e maggiori conoscenze acquisite sulla problematica, così si esprime Gianrico Vasquez, noto micologo di “Casa Nostra”: “anche se il Boletus satanas in realtà non è presente sull’Etna perché predilige i boschi caldi ed asciutti di latifoglie esclusivamente su terreno poco acido, in talune località siciliane tale specie viene regolarmente consumata. Ma come? è proprio il B. satanas o altre specie similari? Viene consumato fresco o conservato? E’ possibile che il substrato di crescita influenzi la formazione e la concentrazione delle sostanze tossiche responsabili, ma è altrettanto vero che ne viene documentata in letteratura la sua provata tossicità e, pertanto, a tutt’oggi resta sempre un fungo velenoso” [Vasquez, 2012].

Sembra, in effetti, che in alcune zone della Sicilia la specie viene regolarmente consumata, ben cotta e dopo trattamenti empirici, senza conseguenze alcune. La motivazione potrebbe essere ricercata nella natura del suolo che, diversificandosi da una zona all’altra, fa sì che la stessa specie fungina possa essere più o meno pericolosa in rapporto al luogo ove la stessa si produce in conseguenza dei diversi elementi chimico-fisici contenuti nel substrato di crescita che possono influenzare la formazione e la concentrazione di sostanze tossiche [Inzenga, 1869 – Alessio, 1985 – Vasquez, 2012 – Galli, 2013] o, ancora, nel fatto che la specie consumata non sia da ricondurre a R. satanas ma ad altre specie similari come, ad esempio, R. rhodoxanthus o R. legaliae con le quali questi viene scambiato e confuso.

In merito alla sua comprovata tossicità emergono, dalla letteratura micologica, testimonianze attendibili riconducibili a Umberto Nonis il quale avendo personalmente consumato la specie è stato colto, entro breve tempo dall’ingestione, da violentissimi conati di vomito ad intervalli di 10-15 minuti, scariche diarroiche, abbondante sudorazione, forti dolori addominali protrattisi per 4-5 ore [Nonis, 1976].

Abbiamo ritenuto opportuno, per completezza dell’argomento trattato, riportare le fonti bibliografiche che fanno riferimento, relativamente alla commestibilità e tossicità della specie, a pareri contrastanti concludendo con la precisa affermazione che la specie deve essere ritenuta tossico-velenosa e quindi da non consumare nella maniera più assoluta, nemmeno cotta o dopo essere stata sottoposta ad inutili trattamenti empirici. Incontrandola nei boschi limitiamoci ad ammirarla, a fotografarla ed a studiarla per accrescere le nostre conoscenze in materia.

 

Caratteri differenziali

Facilmente riconoscibile e ben differenziato dalle atre specie simili, si riconosce per le grandi dimensioni e per il portamento robusto; per il colore del cappello su toni bianco-biancastri privo di tonalità, sfumature e aloni rossastri; per il gambo molto ingrossato alla base e per la colorazione dello stesso: gialla all’apice, rossastra nella parte centrale, giallo-rossastra alla base; per la carme biancastra virante leggermente al taglio; per l’odore sgradevole a maturità; per la esclusiva crescita su terreni calcarei.

 

Specie simili

Anche se le caratteristiche morfocromatiche generali, in particolare le notevoli dimensioni, le tonalità biancastre del cappello, il colore rosso-arancio dei pori, l’odore sgradevole a maturazione, lo rendono ben difficilmente confondibile con altre specie appartenenti alla famiglia delle Boletaceae, indichiamo le specie che presentano maggiori similarità:

  • Rubroboletus rhodoxanthus (Krombh.) Kuan Zhao & Zhu L. Yang 2014 [basionimo Boletus rhodoxanthus (Krombh.) Kallenb. 1925]
Rubroboletus rodoxanthus
Rubroboletus rodoxanthus Foto Franco Mondello

Si differenzia per il colore del cappello che, anche se con tonalità similari, si macchia facilmente di rosa; per i pori di un marcato colore rosso-sangue; per il gambo giallo più o meno carico con evidente reticolo concolore ai pori; per la carne che vira all’azzurro solo nel cappello rimanendo immutabile nel gambo [Buda, 2012].

 

  • Rubroboletus pulchrotinctus (Alessio) Kuan Zhao & Zhu L. Yang 2014 [basionimo Boletus pulchrotinctus Alessio 1985]
Foto Franco MondelloRubroboletus pulchrotinctus
Rubroboletus pulchrotinctus Foto Franco Mondello

Molto simile nella conformazione morfo-cromatica, si distingue facilmente per le colorazioni del cappello presto rosso-rosato, poi rosso; per i pori a lungo gialli poi con tonalità aranciate ed infine rosso-brunastre.

 

  • Rubroboletus legaliae (Pilát & Dermek) Della Magg. & Trassin. 2015
Rubroboletus legaliae
Rubroboletus legaliae Foto Franco Mondello

[basionimo Boletus legaliae Pilàt 1968] 

Molto simile da giovane per il colore bianco-biancastro della cuticola dovuto alla presenza di una sottile pellicola pruinosa che sparisce verso la maturazione evidenziando il colore di fondo rosato, rosa vinoso che lo differenzia dal R. satanas, unitamente al più intenso viraggio della carne al taglio ed alla crescita su terreno calcareo.

 

  • Rubroletus demonensis Vasquez, Simonini, Svetasheva, Mikšík & Vizzini 2017
Rubroletus demonensis
Rubroletus demonensis Foto Gianrico Vasquez

Pur non presentando marcate caratteristiche di similarità con R. satanas, tranne che per esemplari giovani per il colore della cuticola, riteniamo opportuno, in considerazione della similarità della denominazione, ricordarne le principali caratteristiche generali che lo rendono assolutamente inconfondibile: colore biancastro del cappello solo in esemplari giovani poi, verso la maturazione, rosso-brillante; tubuli corti o di media lunghezza, liberi al gambo, inizialmente di colore giallo intenso tendente, verso la maturazione, al verde-olivastro; pori piccoli e rotondi di colore rosso vivo, rosso-porpora, rosso scuro, viranti al bluastro alla pressione, caratterizzati, a volte, da un alone giallo-aranciato in prossimità del margine del cappello; gambo di colore rosso-intenso, rosso-sangue su tutta la superficie [Miceli, 2018].

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  1. Genere Boletus L. 1753 

Si tratta, senza ombra di dubbio, di uno dei più conosciuti generi del regno dei funghi, ad esso appartenevano, prima dell’avvento della micologia molecolare che ne ha radicalmente modificato la struttura originaria, basidiomi omogenei (quando cappello e gambo presentano la stessa struttura molecolare tanto da essere uniti l’uno all’altro), carnosi, terricoli, simbionti, con imenoforo (parte fertile del fungo posizionata, generalmente, nella zona inferiore del cappello) costituito da tubuli e pori, facilmente asportabile: tubuli generalmente adnati (quando si uniscono, per tutta la loro lunghezza, al gambo) e, in alcuni casi decorrenti (quando si prolungano sul gambo in maniera più o meno evidente); pori piccoli e tondeggianti, di colore bianco, giallo, verde, rosso; gambo generalmente obeso, pieno, ricoperto da un reticolo, in alcune specie punteggiato, raramente liscio o glabro. Carne immutabile al taglio in alcune specie, in altre più o meno virante verso tonalità bluastre. Sporata in massa di colore bruno-olivastro.

Il genere, inizialmente di natura polifiletica (quando vi appartengono specie discendenti da più capostipiti), ospitava numerose specie fungine che, a seconda delle caratteristiche morfo-cromatiche generali e microscopiche venivano suddivise in sezioni: Edules, Appendiculati, Calopodes, Luridi. In atto, con l’applicazione della filogenesi molecolare, è stato possibile individuare, nelle singole specie, caratteri distintivi tali da consentirne il riposizionamento in altri generi, alcuni già esistenti, altri di nuova istituzione, quali, ad esempio: Butyriboletus, Caloboletus, Imperator, Lanmaoa, Neoboletus, Rubroboletus, Suillellus ed altri [Della Maggiora, 2016].

Per quanto sopra, l’attuale genere Boletus, divenuto, quindi, monofiletico (quando nel genere sono inserite specie fungine discendenti da un unico capostipite), ospita le specie già inserite nella sezione Edules dell’originario genere: B. edulis, B. aereus, B. estivalis, B. pinophilus ossia quelle specie fungine comunemente note come Porcini. 

 

  1. La sindrome gastroenterica, detta anche resinoide, viene inserita nella categoria delle “Sindromi a breve latenza”, così definite in quanto gli effetti si manifestano entro le 6 ore dal consumo dei funghi [Assisi e altri, 2008]. E’ una della manifestazioni tossiche più frequenti e meno gravi tra quelle prodotte dal consumo di funghi [Siniscalco].
  2. Si manifesta, generalmente, entro 2-3 ore dal consumo dei funghi con manifestazione di nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, prostrazione. 
  3. Si ritiene che le tossine responsabili della sintomatologia siano numerose e riconducibili a diverse specie fungine, tanto che non sempre è stato possibile isolarle [Assisi ed altri, 2008]. La bolesatina, contenuta nel B. satanas, costituente il principio tossico di questa specie, è stata isolata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Strasburgo nel 1989 [Milanesi, 2015]
  4. L’elenco delle specie responsabili è abbastanza lungo tanto da rendere difficoltosa la sua stesura, si ritiene che possa allungarsi nel tempo a seguito di ulteriori approfonditi studi che potrebbero individuare altre specie, in atto ritenute commestibili o di commestibilità non comprovata, responsabili di tossicità. Tra le specie maggiormente indiziate citiamo: R. satanas, R. legaliae, R. rhodoxanthus; Entoloma lividum, E. vernum, E. rhodopolium; Imperator rhodopurpureus (= B. rhodopurpureus), I. luteocupreus (= B. luteocuprus). I torosus (= B. torosus);Suillellus pulchrotinctus (=Boletus pulchrotinctus), Tricholoma pardinum, T. josserandii, T. saponaceum, T. sulphureum; Omphalotus olearius; Hypholoma fasciculare; Armillaria mellea; Agaricus xanthodermus; Lactarius torminosus, Tricholoma saponaceum [Miceli, 2016].
  5. Reticolo: dal latino retìculum = piccola rete, reticella. Ornamentazione tipica e molto coreografica di diverse specie fungine appartenenti alla famiglia Boletaceae, formata dall’incrocio di linee in rilievo che incontrandosi formano un tipico disegno a forma di rete a maglie più o meno allungate. Si tratta di una impronta caratterizzante il gambo ed acquisita durante la fase embrionale del carporofo, quando la superficie imeniale risulta racchiusa sul gambo a stretto contatto con lo stesso, sul quale, premendovi sopra, può lasciare traccia della conformazione dei pori che viene evidenziata, in forma più o meno allungata, con la crescita dello stesso [AMINT, sito web]. 
  6. La sezione Luridi, ospita basidiomi che al minimo tocco tendono a macchiarsi in maniera più o meno evidente di blù, con carne giallastra, virante al bluastro al taglio; con pori di colore rosso, rosso-arancione, a volte, nella fase iniziale di maturazione, anche gialli; gambo reticolato o, in alcune specie, costolato o punteggiato. Numerose specie inizialmente inserite nella sezione, a seguito dei recenti studi di natura filogenetico-molecolare, sono state trasferite in altri generi. (Esempio: B. Luridus = Suillellus luridusB. queletii = Suillellus queletiiB. rhodoxantus = Rubroboletus rhodoxantusB. erytropus = Neoboletus luridiformisB. torosus = Imperator torosus…) [Della Maggiora, 2016].

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Foto: Franco Mondello, Gianrico Vasquez

Tavole micologiche: GianBattista Bertelli, gentilmente concesse dal figlio Aldo

Bibliografia di approfondimento

  • A.G.M.T. (Associazione Gruppi Micologici Toscani), 2013: Io sto con i funghi. Seconda Edizione. La Pieve Poligrafica Editore, Villa Verucchio (RN). I
  • Alessio Carlo Luciano, 1985: Boletus Dill. Ex L.. Colla Fungi Europaei. Libreria Editrice Biella Giovanna, Saronno. I 
  • AMINT (Associazione Micologica Italiana Naturalistica Telematica), 2007: Tutto funghi. (ristampa 2010) Giunti editore, Firenze. I
  • Assisi Francesca, 2012: I funghi: guida alla prevenzione delle intossicazioni. Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda – Centro Antiveleni Milano, Milano. I
  • Assisi Francesca, Balestreri Stefano, Galli Roberto, 2008: Funghi velenosi. dalla Natura, Milano. I
  • Bellù Francesco, Veroi Giulio, 2014: Per non confondere i funghi. Casa Editrice Panorama srl, Trento. I
  • Bianchi Marco, 2017: Boletus satanas. Passione Funghi & Tartufi. Novembre 2017, n. 77: 25 – 33. Erredi Grafiche Editoriali, Genova. I
  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca, 2008: Funghi d’Italia. Zanichelli, Bologna (ristampa 2013). I
  • Bonazzi Ulderico, 2003: Dizionario dei nomi volgari e dialettali dei funghi in Italia e nel Canton Ticino. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I
  • Bresadola Giacomo – 1899: I funghi mangerecci e velenosi. Ulrico Hoepli, Milano. I
  • Buda Andrea, 2012: I Funghi degli Iblei. Vol. I. Ass. Micologica Bresadola – Gruppo di Siracusa, Siracusa. I
  • Cetto Bruno. 1970: I funghi dal vero. Vol. I. Saturnia, Trento. I
  • Della Maggiora Marco, 2007: Gli avvelenamenti da funghi. Micoponte – Bollettino del Gruppo Micologico Massimiliano Danesi, n. 1: 24-40, Ponte a Moriano (LU). I
  • Della Maggiora Marco, 2016: Boletaceae Chevall, Stato attuale della nomenclatura. Annali Micologici A.G.M.T. anno 2016 n. 9: 85-116
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  • Galli Roberto, 2013: I Boleti. 4^ Edizione. Micologica, Pomezia 
  • Illice Mirko, Tani Oscar, Zuccherelli Adler, 2011: Funghi velenosi & commestibili. Manuale macro-microscopico delle principali specie. Tipoarte Industrie Grafiche. Ozzano Emilia (BO). I
  • Inzenga Giuseppe, 1869: Funghi Siciliani. Centuria Seconda. Stabilimento Tipografico Francesco Lao, Palermo. I
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  • Pelle Giovanna, 2007: Funghi velenosi e sindromi tossiche. Bacchetta Editore, Albenga (SV). I
  • Phillips Roger, 1985: Riconoscere i funghi. Istituto Geografico De Agostini, Novara. I
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Sitografia