Agrocybe aegerita, ovvero il “Piopparello”, protagonista di un complesso iter tassonomico

Premessa

Tra le numerose specie fungine che durante il corso dell’anno, in corrispondenza del proprio ed individuale periodo di fruttificazione, sono solite attirare le attenzioni dei numerosi cercatori che, come ormai siamo abituati a vedere, sciamano nei boschi spesso con poco rispetto per l’ambiente, un posto di particolare rilievo deve essere riservato ad Agrocybe aegerita, protagonista della nostra “Riflessione Micologica”, conosciuto su tutto il territorio nazionale con la denominazione volgare di “Piopparello” che, senz’altro, trova derivazione dalla sua particolare propensione a legarsi, quale fungo parassita-saprofita, a colture arboree appartenenti al Genere Populus (Pioppo) L. (1753) non disdegnando, in ogni caso, ad associarsi anche ad altre latifoglie appartenenti a generi diversi. 

Per il gradevole sapore e per l’ottima resa in cucina viene considerato un eccellente commestibile ed è, per tale motivo, ricercato durante i diversi periodi di fruttificazione essendo solito fruttificare più volte nell’arco dell’anno con eccezione per i periodi più caldi e molto siccitosi. Si presta molto bene alla coltivazione in serra e trova una larga diffusione commerciale sul mercato mondiale. La sua posizione tassonomica è stata oggetto, nel corso degli anni, di numerose interpretazioni da parte dei diversi specialisti in materia che, in considerazione delle proprie deduzioni, lo hanno posizionato e riposizionato in generi sempre diversi e con diversi epiteti binomiali identificativi della specie.

Ci sembra opportuno, quindi, prima di proseguire nella specifica trattazione, aprire una parentesi al fine di chiarire, specialmente per il lettore meno informato, le problematiche evolutive che, nel tempo, hanno portato e portano al riposizionamento delle specie fungine da un genere all’altro.

 

Sistematica ed evoluzione 

La sistematica è quella parte delle scienze naturali che si occupa della classificazione degli esseri viventi e dei fossili presenti in natura (funghi compresi) suddividendoli in gruppi all’interno dei quali vengono posizionati in base al possesso di caratteristiche comuni, ordinandoli gerarchicamente, come stabilito dalle norme del “Codice Internazionale di Nomenclatura per le alghe, funghi e piante” (1)(I.C.N.), essenzialmente in Regno, Divisione, Classe, Ordine, Famiglia, Tribù, Genere, Specie, Varietà, Forma. 

Inizialmente la sistematica è stata basata sull’osservazione delle caratteristiche macroscopiche di natura morfo-cromatica e, successivamente, dopo l’invenzione del microscopio e del suo perfezionamento, anche sull’osservazione dei caratteri microscopici. Tale modalità operativa, ossia i procedimenti che portano al raggruppamento delle specie fungine attraverso lo studio dei loro caratteri macro e microscopici, viene comunemente conosciuta come “Sistematica Tradizionale” [Vizzini A. ed altri, 2013]. Appare chiaro, da quanto precede, che la sistematica è una scienza che si evolve continuamente anche in funzione delle conoscenze scientifiche che caratterizzano le varie epoche che, con il passare del tempo, si affinano e perfezionano sempre di più. Di conseguenza, oggi, i metodi di studio sono notevolmente cambiati divenendo sempre più sofisticati, portando ad indagini sempre più approfondite che hanno completamente rivoluzionato la nomenclatura tradizionale [Della Maggiora M., 2019]. In particolare, oggi, la “sistematica tradizionale” è stata integrata con informazioni provenienti dall’applicazione di nuove metodologie di indagine e, in particolare, dallo studio delle macromolecole biologiche e degli acidi nucleici, dando origine ad una nuova forma di sistematica definita “Sistematica Molecolare” che si basa, soprattutto, sullo studio del DNA (Deoxyribonucleic Acid, in italiano Acido Desossiribonucleico, ADN) [Vizzini ed altri, 2013]. 

E’ ancora opportuno evidenziare che la sistematica, essendo in continua fase di evoluzione, non è soggetta all’applicazione di regole di natura rigida ed univoca che, invece, scaturendo dalla sensibilità interpretativa di ogni singolo autore, in considerazione della scuola di pensiero seguita, possono portare a conclusioni diverse ma pur sempre valide. E’ ovvio, quindi, che la “sistematica tradizionale” si presta maggiormente ad interpretazioni di natura soggettiva mentre la “Sistematica Molecolare” basata soprattutto su rilevazioni di natura scientifica porta a conclusioni oggettive sempre più corrette ed attendibili. 

Queste motivazioni, da noi riassunte in maniera succinta, hanno portato, dopo l’introduzione degli studi di natura filogenetico-molecolare, ad una totale rivoluzione nella sistematica e, di conseguenza, nella tassonomia consentendo di rilevare piccolissimi particolari diversificanti o accomunanti le varie specie fungine con ovvie e concrete modificazioni della sistematica precedentemente adottata.

Una delle specie fungine a risentire di tali importanti innovazioni che è stata, come in precedenza accennato, trasferita più volte da un genere all’altro è Agrocybe aegerita, protagonista della nostra “Riflessione Micologica”.

 

Genere Agrocybe Fayod (1889)

Al genere, la cui specie tipo è Agrocybe praecox (Pers. : Fr.) Fayod (1889), appartengono funghi di piccole, medie o grandi dimensioni, omogenei (quando cappello e gambo sono formati da struttura cellulare analoga tanto da rendere difficoltosa la netta separazione dei due elementi), morfologicamente caratterizzati da cappello convesso, liscio o fessurato ed a volte areolato; imenoforo a lamelle adnato-smarginate (Adnate: quando si uniscono al gambo per tutta la loro altezza. Smarginate: quando prima di giungere al gambo formano una piccola ansa concava); Spore in massa colore bruno-oliva, bruno-tabacco; gambo generalmente centrale, cilindrico, in alcune specie decentrato, con presenza o assenza di anello; carne Soda, elastica, più o meno spessa, fibrosa nel gambo, bianca-biancastra immutabile, odore e sapore fungini gradevoli; habitat lignicolo o terricolo. Si tratta, con eccezione per Agrocybe aegerita che vive su legno, di funghi apparentemente terricoli che si legano, in qualità di saprofiti, ai residui vegetali che decompongono traendo nutrimento.

 

Agrocybe aegerita (V. Brig.) Singer 

Lilloa 22: 493 (1951)

Accentazione: Agrócybe aegeríta

Basionimo: Agaricus aegerita V. Brig. [as ‘aegirita’], in Briganti & Briganti (1837)

 

Nome corrente: 

Secondo Index Fungorum

  • Cyclocybe aegerita (V. Brig.) Vizzini (2014) 

Secondo stato attuale delle conoscenze

  • Cyclocybe cylindracea (DC.) Vizzini & Angelini (2014) 

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Strophariaceae, genere Agrocybe.

 

Etimologia: Agrocybe dal greco agròs = campo e kybe = testa ovvero “testa dei campi” con riferimento al cappello del fungo che emerge dai campi.

Aegerita da greco aigéiros = pioppo con espresso riferimento all’habitat di crescita preferito.

Principali sinonimi: Pholiota aegerita (V. Brig.) Quél. (1872); Agrocybe cylindracea (DC) Maire (1938);  Cyclocybe aegerita (V. Brig.) Vizzini (2014).

Nomi volgari: Piopparello, Pioppino

Nomi dialetti: la specie è conosciuta con numerosi nomi dialettali che, ovviamente, variano da una località all’altra. Riportiamo, come ormai nelle nostre abitudini, solo quelli in uso nella regione Sicilia: Funcia di càccumu; Funcia di minicuccu; Funcia di chiuppu [Bonazzi, 2003].

Descrizione macroscopica

 

Agrocybe aegerita	Disegno di Giambattista Bertelli
Agrocybe aegerita Disegno di Giambattista Bertelli

Cappello di medio-grandi dimensioni, emisferico nei giovani esemplari, tendente ad appianarsi verso la maturazione fino a piano-depresso; superficie inizialmente liscia poi leggermente gibbosa, corrugata, untuosa a tempo umido, tendente a screpolare con il secco specialmente negli esemplari maturi; margine, ondulato-lobato, inizialmente involuto, poi disteso e, spesso, negli esemplari vecchi, anche revoluto; colore variabile dal bruno-fulvo più o meno scuro negli esemplari giovani, tendente a sbiadire negli esemplari maturi passando a tonalità camoscio e, ancora, a beige-biancastre; con zona discale sempre più scura e margine, in tutte le fasi di maturazione, bianco-biancastro. Imenoforotipicamente a lamelle, fitte, adnate o leggermente decorrenti per un dentino, arcuate e molto alte, intercalate da numerose lamellule (struttura lamellare di dimensioni minori che si origina dal bordo del cappello interrompendosi prima di giungere al gambo), di colore biancastro nei giovani esemplari poi, verso la maturazione, cannella ed infine di colore tabacco per le spore mature. Gambo centrale o appena eccentrico, pieno, di conformazione variabile: a volte grosso e corto, più spesso sottile e slanciato, superficie striata o, a volte, leggermente squamettata; colore bianco-biancastro con, ma non sempre, sfumature ocracee; tipico anello alto, ampio, membranoso, persistente, margine fioccoso, colore bianco con la pagina superiore spesso colorata di bruno-tabacco per il deposito sporale. Carnespessa, soda, compatta, tenace ed elastica, fibrosa nel gambo, di colore bianco, brunastro nella parte inferiore del gambo negli esemplari maturi; odore fruttato, di mosto in fermentazione; sapore gradevole.

Habitat

Specie molto comune a larga diffusione territoriale. Si riproduce, inizialmente da parassita e successivamente da saprofita, generalmente in gruppi di numerosi esemplari con crescita cespitosa, a volte anche singola o a piccoli gruppi, su tronchi vivi o morti di latifoglie quali Pioppo, Olmo, Acero, Leccio, Tiglio, Quercia ecc. Per la particolare forma di nutrizione, quale parassita, porta rapidamente a morte l’albero ospite continuando a fruttificare, come saprofita, ancora per numerosi anni sull’albero morto. Fruttifica, tipicamente, diverse volte nell’arco dell’anno. 

Commestibilità

Ottimo commestibile, ricercato ed apprezzato. Si presta molto bene alla conservazione sott’olio. E’ preferibile privarlo del gambo in quanto duro e fibroso, specialmente negli esemplari maturi. 

Caratteri differenziali

Si riconosce facilmente per la tipica crescita cespitosa su latifoglie; per il colore del cappello che varia dal bruno-fulvo negli esemplari giovani al bianco-biancastro negli esemplari adulti che si presentano spesso con la cuticola fessurata e/o areolata; per le lamelle inizialmente biancastre poi grigiastre ed infine ocra-brunastro come il colore delle spore in massa; per il gambo slanciato, cilindrico, bianco con anello tipicamente fragile, membranoso, spesso colorato di bruno sulla pagina superiore per il deposito delle spore. 

Specie simili

Si tratta di specie ben definita, molto conosciuta e difficilmente confondibile con altre specie congeneri in quanto è l’unica a crescita lignicola. Ci piace, in ogni caso, fare riferimento a quelle specie che potrebbero trarre in inganno i raccoglitori principianti:

  • Agrocybe praecox (Pers.) Fayod (1889)

Anche se a volte può crescere sopra detriti legnosi, differisce per il tipico habitat boschivo, per la crescita gregaria e non cespitosa, per l’odore poco significativo e per il sapore amarognolo

  • Agrocybe dura (Bolton) Singer (1936)

Differisce per l’habitat di crescita tipicamente terricolo; per il cappello profondamente fessurato; per il gambo attenuato alla base; per il sapore leggermente amaro.

  • Agrocybe erebia (Fr. : Fr.) Kühner ex Singer (1939) [Nome corrente: Cyclocybe erebia (Fr. : Fr.) Vizzini & Matheny (2014)] 

Differisce per l’habitat terricolo; per il cappello igrofano (quando cambia di colore in funzione del grado di umidità assorbito) e leggermente vischioso di colore bruno-rossastro; per le lamelle nettamente decorrenti anche se per breve tratto; per il gambo percorso da sottili costolature fibrillose e molto scuro alla base.

  • Armillaria mellea (Vahl : Fr.) P. Kumm. (1871)

Presenta analoga crescita lignicola ed in numerosi esemplari, differisce principalmente per il colore mielato del cappello ornato da piccole squame nella zona discale; per le lamelle di colore bianco; per l’anello più robusto e, a volte, contornato di giallo.

  • Hypholoma fasciculare (Huds. : Fr.) P. Kumm. (1871)

Specie tossica, facilmente confondibile tanto per l’habitat lignicolo quanto per la crescita fascicolata. Differisce principalmente per il cappello di colore giallo-aranciato, giallo-fulvo più scuro nella zona centrale; per il colore delle lamelle inizialmente giallo-zolfo, poi verdognolo ed infine grigio-olivastro; per l’assenza di anello.

 

Coltivazione

Come ormai avviene per numerose altre specie fungine che, come il Piopparello, ben si prestano alla coltivazione in serra, questa è facilmente realizzabile anche se, rispetto alla coltivazione di altre specie (Pleurotus ostreatusP. eryngiiAgaricus bisporus …), si presenta più laboriosa e complessa con conseguente aumento dei costi di produzione e quindi di vendita sul libero mercato. Come avviene per il Pleurotus ostreatus, è sufficiente creare il composto di fruttificazione formato da trucioli e/o residui dell’essenza arborea specifica (generalmente pioppo ma anche salice, sambuco, tiglio ecc.) inoculato, ovviamente, dal micelio fungino. Successivamente vengono formate delle balle dal peso di circa 20 – 25 Kg. avvolte in sacchi di nylon particolari sui quali vengono praticati dei tagli a croce dai quali verranno fuori gli sporofori. La fruttificazione richiede un condizionamento dell’umidità ambientale molto elevato che si ottiene con una continua e costante nebulizzazione di acqua nelle serre ove le balle vengono conservate. La produzione per balla, rispetto ad altre specie fungine, è molto bassa assestandosi su circa 8-10% del peso del prodotto, cosa che, unitamente al notevole impiego di mano d’opera durante le fasi di raccolta e di confezionamento, incide sul costo finale di vendita sul mercato [Ceccon, 2018]. 

E’ possibile procedere anche alla coltivazione domestica utilizzando supporti di varia natura già inseminati e pronti per la produzione, facilmente reperibili sul mercato commerciale [AMINT, 2007].

 

Curiosità tassonomiche e nomenclaturali

La specie ha raggiunto, relativamente alla sua posizione tassonomica, un alto livello di complessità sia per l’ubicazione nel rango dei taxa, sia per i diversi epiteti nomenclaturali assegnatile nel corso degli anni che hanno contribuito, “sballottandola” da un genere all’altro, a creare tanta confusione tra i “non addetti ai lavori” che non sempre sono riusciti a seguire con attenzione i mutamenti cui è stata sottoposta. 

Il nostro status di semplici dilettanti non ci permette, ovviamente, di assumere una posizione precisa in merito alla complessa vicenda, motivo per cui ci limitiamo a riportare cronologicamente le tappe essenziali del suo iter nomenclaturale e tassonomico, scusandoci con i lettori per eventuali nostre imprecisioni e/o omissioni. E’ opportuno però, prima di proseguire, precisare che nel tempo, come abbiamo avuto modo di rilevare dalla nostra indagine bibliografica, si sono affermati, in maniera parallela, e nell’uso comune considerati identificativi della stessa specie fungina, inizialmente due epiteti binomiali diversi: Agrocybe aegerita (2) e Agrocybe cylindracea (3) che nell’evoluzione nomenclaturale assumeranno, nel tempo, rispettivamente la denominazione di Cyclocybe aegerita e Cyclocybe cylindracea che, come già detto, nell’uso comune, divengono identificativi della specie fungina volgarmente denominata “Piopparello”. 

Ci piace quindi, per maggiore intelligibilità espositiva, analizzarne l’evoluzione cronologica: 

 

Agrocybe aegerita: (2)

  • Anno 1837 viene pubblicata una prima descrizione effettuata da Vincenzo Briganti (medico e botanico naturalista italiano – Salvitelle (Salerno) 7 giugno 1766 – Napoli 5 aprile 1836). Si tratta di descrizione postuma riportata, dopo la morte dell’autore, nell’opera “Historia Fungorum Regni Neapolitani” (pubblicazione del 1848 curata dal figlio Francesco) [Brunori ed altri, 2014] con l’originale denominazione, seguendo i canoni dell’epoca che vedevano tutti i funghi a lamelle inseriti nel Genere Agaricus, di Agaricus aegirita V. Brig. Da notare che l’epiteto assegnatole “aegirita” viene scritto con la “i” [Acquaviva ed altri, 2017]. 
  • Anno 1872 prima modifica con ricombinazione del genere ad opera di Lucien Quélet (naturalista e micologo francese – Montécheroux, 14 luglio 1832 – Hérimoncourt, 25 agosto 1899) che, nella sua opera “Mémoires de la Société d’émulation de Monthéillard”, la posiziona nel Genere Pholiota con il nome, appunto, di Pholiota aegerita (V. Briganti) Quél. Viene così sostituito anche l’epiteto identificato della specie che da “aegirita”, con la “i”, passa ad “aegerita”, con la “e” [Acquaviva ed altri, 2017]. Nuova denominazione scientifica, questa, che accompagna il nostro “protagonista” per numerosi anni ed abbandonata verso la fine degli anni ’80 ma, sebbene in disuso, ancora utilizzata, oggi, sulle etichette di alcune confezioni di funghi coltivati [Della Maggiora M., 2019].
  • Anno 1889 viene definito, ad opera del micologo svizzero Victor Fayod (Bex, 23 novembre 1860 – Blois, 28 aprile 1900) il nuovo genere Agrocybe nel quale Pholiota aegerita, ritenuta possedere caratteristiche più confacenti al nuovo genere, viene riposizionata con la nuova denominazione di Agrocybe aegerita [Della Maggiora M., 2019]. 
  • Anno 1951 è, però, ad opera di Rolf Singer (Botanico e micologo tedesco, Schliersee, 23 giugno 1906 – Chicago, 18 gennaio 1994) il quale su “Lilloa”, rivista argentina di botanica e micologia, propone una notevole revisione sistematica delle specie agaricoidi, che la nuova definizione di Agrocybe aegerita (V. Brig.) Singer si afferma definitivamente. Questa ricombinazione viene ufficialmente attribuita, dalla letteratura micologica esistente, al micologo Singer [Della Maggiora M., 2019]. Ancora oggi l’epiteto è largamente utilizzato da numerosi appassionati di micologia. 
  • Anno 2014 nuovo cambio di genere: il nostro “Piopparello” viene posizionato nel GenereCyclocybe, con la denominazione di Cyclocybe aegerita (V. Brig.) Vizzini, utilizzata alla data attuale (20 maggio 2020) da Index Fungorum

 

Agrocybe cylindracea (3)

  • Anno 1815 nasce, come nuova specie, ad opera di Augustin Pyrame de Candolle (micologo e botanico svizzero, Ginevra, 4 febbraio 1778 – 9 settembre 1841) Agaricus cylindraceus De Candolle. La descrizione della specie, come successivi studi, effettuati dopo numerosi anni, hanno dimostrato, risulta essere abbastanza sovrapponibile alla descrizione di Agaricus aegeritadi Briganti che, ricordiamo, è successiva risalente all’anno 1837. Le due specie, in ogni caso, continuano ad avere una propria individuale e separata storia per tutto il secolo e buona parte del secolo successivo. [Della Maggiora M., 2019].
  • Anno 1876 prima ricombinazione di A. cylindraceus, ad opera di Claude-Casimir Gillet (Botanico e micologo francese, Dormans, 19 maggio 1806 – Alençon, 1º settembre 1896) nel genere Pholiota con la denominazione di Pholiota cylindracea (DC) Gillet
  • Anno 1938 nuova ricombinazione nel genere Agrocybe con l’epiteto Agrocybe cylindracea (DC) Maire, ad opera di Ernest Maire (René Charles Joseph Ernest Maire, botanico e micologo francese, Lons-le-Saunier, 1878 – Algeri, 1949) il quale, contestualmente, propone anche la sinonimia con Agrocybe aegerita. Il nuovo epiteto però, nonostante prioritario rispetto a A. aegerita (Agrocybe cylindracea deriva da Agaricus cylindraceus del 1815 mentre Agrocybe aegerita deriva da Agaricus aegerita del 1837), viene poco utilizzato, per motivi diversi, per quasi tutto il secolo [Della Maggiora M., 2019].
  • Anno 1995 alcuni autori iniziano ad usare l’epiteto Agrocybe cylindracea (DC.) Maire 1938 che, con il passare degli anni assume, specialmente a far data dagli anni 2000, un uso sempre più corrente ed assiduo [Della Maggiora M., 2019]. 
  • Anno 2014 come rilevabile da un approfondito e dettagliato articolo pubblicato su Rivista di Micologia Romana, viene utilizzato l’epiteto binomiale Cyclocybe cylindracea (DC.) Vizzini e Angelini (2014) [Vizzini ed altri, 2014] che dovrebbe essere l’epiteto definitivo ed attualmente in uso.

 

A questo punto nasce un dubbio: Cyclocybe aegerita (derivante da Agaricus aegerita di Briganti) e Cyclocybe cylindracea (derivante da Agaricus cylindraceus di De Candolle) sinonimizzati da Maire nel 1938 sono da considerare riferiti alla stessa specie o no? Index Fungorum, autorevole portale in materia di micologia, alla data odierna (20 maggio 2020 – vedi schema) continua a considerarle specie diverse!!! 

Non è finita qui!!!. Si rende necessario un ulteriore chiarimento:

Il genere Cyclocybe (4) e Cyclocybe cylindracea

Negli ultimi due decenni, come ormai noto a quanti si occupano di micologia, la sistematica fungina e quindi anche la tassonomia hanno subito una radicale trasformazione per il notevole impulso che il mondo della micologia ha ricevuto dalla applicazione della filogenesi molecolare allo studio dei funghi aprendo nuove frontiere e rimesso in discussione le tradizionali forme di raggruppamento dei funghi. Difatti oggi è possibile, grazie alle tecniche di estrazione ed esame del DNA fungino, determinare la corretta discendenza di ogni singola specie stabilendo se nei vari raggruppamenti sono inserite specie monofiletiche (quando discendono da un unico capostipite) o polifiletiche (quando discendono da capostipiti diversi), provvedendo, di conseguenza, ad effettuare le dovute modifiche per la creazione di gruppi sempre più omogenei.

Relativamente alle specie fungine posizionate nel genere Agrocybe, rileviamo che i primi studi di natura filogenetica furono condotti verso la fine degli anni ‘90 evidenziando una notevole eterogeneità delle varie specie che, di conseguenza, sono state raggruppate in quattro gruppi con caratteristiche filogenetiche tra di loro omogenee [Della Maggiora M., 2019].

Recentemente un gruppo di studiosi italiani: Alfredo Vizzini, Claudio Angelini e Enrico Ercole, ha condotto un approfondito studio sulle sezioni Velate ed Aporus del sottogenere Aporus del genere Agrocybe [Cfr.Vizzini A. ed altri, 2014], riuscendo a dimostrare, in maniera molto chiara, come il genere Agrocybe di Fayod raggruppi specie fungine con caratteristiche diverse tanto da consentire la creazione di nuovi gruppi. E’ risultato, dall’esame di numerose raccolte relative a specie determinate come “Piopparello” che queste hanno caratteristiche genetiche diverse da quelle appartenenti al genere Agrocybe e che, pertanto, devono trovare posto in un genere diverso. Quindi, effettuati i dovuti studi, è stato individuato come genere idoneo ad ospitare tali specie il genere Cyclocybe, (4) creato nel 1939 dal micologo Joseph Velenovsky nel quale vengono ricombinate le seguenti specie già appartenenti al genere AgrocybeCyclocybe erebia che assume la configurazione di specie tipo, Cyclocybe aegerita,Cyclocybe cylindraceaCyclocybe parasiticaCyclocybe salecaceicola [Cfr. Schema n. 1]. 

 

Specie afferenti al Genere Cyclocybe
Specie afferenti al Genere Cyclocybe

 

Considerazioni, dubbi e conclusioni

Avviandoci verso la conclusione della nostra “Riflessione Micologica” su questa contorta ed intricata vicenda che nel tentativo di fare chiarezza forse ha ingenerato numerosi altri dubbi, riponiamo l’interrogativo: Cyclocybe aegerita (derivante da Agaricus aegerita di Briganti) e Cyclocybecylindracea (derivante da Agaricus cylindraceus di De Candolle) già sinonimizzate da Ernest Maire nel 1938, sono da considerare riferiti alla stessa specie e quindi tra di loro sinonimi? O sono, invece, epiteti identificativi di due specie diverse come la ricombinazione separata nel genere Cyclocybe lascia dedurre???

In merito rileviamo che l’approfondito studio filogenetico condotto da Vizzini ed altri (2014) non conferma né, tantomeno, smentisce la sinonimia tra i due taxa [Cfr. Vizzini e altri, 2014 – Della Maggiora, 2019] che, in conseguenza degli studi condotti, vengono posizionati in due gruppi distinti detti cladi: uno rappresentato con certezza da una sola specie, l’altro, più eterogeneo, forse da due o più specie non ancora ben definite ed in attesa, quindi, di ulteriori indagini. [Vizzini A. ed altri, 2014 – Della Maggiora M., 2019]. La soluzione proposta, che riteniamo temporanea in attesa che gli studi vengano completati, identifica il clade con una sola specie con la denominazione di Cyclocybe cylindracea riferita a raccolte di “Piopparello” rinvenute su colture arboree appartenenti alla famiglia delle Salicaceae ovvero Pioppo e Salice; mentre il secondo clade, nel quale vengono posizionate specie legate a colture arboree diverse dalle Salicaceae come Fagaceae o Ficus, almeno per il momento ed in attesa di ulteriori indagini, viene identificato come Cyclocybe parasitica nel caso in cui dovesse risultare monospecifico o messo ancora in discussione, come è probabile prevedere, nel caso in cui fosse formato da più specie [Della Maggiora M., 2019]. 

Relativamente a Cyclocybe aegerita non è possibile, al momento ed in considerazione del fatto che non esiste un typus d’erbario da cui estrarre e confrontare il DNA, stabilire se trattasi o meno di un sinonimo di Cyclocybe cylindracea o se si tratta, invece, di una delle specie non ancora identificate e nascoste nel secondo clade [Della Maggiora M., 2019] rimanendo, pertanto, chissà ancora per quanto tempo…”in attesa di giudizio”.

Per quanto sopra riteniamo, di conseguenza, che l’argomento debba essere ulteriormente approfondito e studiato al fine di fare luce su questa interessante ed intricata vicenda ed auspichiamo che i nostri illustri ed attenti connazionali abbiano a completare, felicemente ed in tempi brevi, la loro accurata ed interessante ricerca.

E’ doveroso precisare che, alla data attuale (20 maggio 2020), il nome corrente attribuito al “Piopparello” utilizzato da Index Fungorum è Cyclocybe aegerita mentre quello scaturente dallo stato attuale degli studi è Cyclocybe cylindracea che identifica correttamente carpofori legati quali parassiti o saprofiti a colture arboree del genere Pioppo e Salice.

In conclusione, quindi, gli epiteti Agrocybe aegeritaAgrocybe cylindracaCyclocybe aegerita e Cyclocybe cylindracea, al momento vengono abitualmente riferiti, nella quotidianità espressiva, alla stessa specie fungina, quella comunemente conosciuta su tutto il territorio nazionale con la denominazione volgare di “Piopparello”. 

E’ opportuno evidenziare, considerato che le nostre “Riflessioni Micologiche” sono frutto di limitate e dilettantistiche conoscenze in materia, che quanto sopra riportato è solo il risultato della nostra ricerca mico-bibliografica e delle nostre soggettive interpretazioni, motivo per cui invitiamo il lettore, per eventuali approfondimenti, a consultare la letteratura specifica indicata in bibliografia [Cfr. Vizzini e altri, 2014 – Della Maggiora M., 2019].

Ad ogni buon fine, poiché non riusciamo più ad orientarci nei meandri di questa complicata vicenda, rimanendo legati alla tradizione ed alle nostre originarie conoscenze in materia, continuiamo a chiamare il protagonista della nostra “Riflessione Micologica” come abbiamo sempre fatto: Agrocybe aegerita o meglio, ancor più semplicemente, “Piopparello”, scusandoci con gli autorevoli autori delle varie denominazioni e ricombinazioni ai quali intendiamo rivolgere un grazie di cuore per il notevole impegno e gli studi approfonditi che come sempre, ed ancora una volta, hanno consentito di varcare le frontiere della micologia. 

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  1. Il “Codice Internazionale di Nomenclatura per le alghe, funghi e piante” (ICN) viene realizzato e mantenuto aggiornato da botanici provenienti da tutto il mondo che si riuniscono ogni 5 – 6 anni in una sessione precongressuale del Congresso Internazionale di Botanica. Il Codice attuale è stato formalizzato nel Congresso di Shenzhen (Cina) nel mese di luglio 2017 ed è operativo dall’anno 2018; è anche conosciuto semplicemente come “Codice di Shenzhen”; sostituisce il precedente “Codice di Melbourne” che è rimasto in vigore dal 2012 al 2017, apportando, con la sua adozione, significative modifiche al codice precedentemente in vigore che veniva chiamato “Codice Internazionale di Nomenclatura Botanica” (I.C.B.N. – International Code of Botanic Nomenclature) la cui denominazione venne cambiata durante lo stesso Congresso di Melbourne [Miceli A., 2020].
  2. Agrocybe aegerita ricombinazione dell’originario Agaricus aegirita Briganti 1837, ricondotta a Pholiota aegeritada Quelét nel 1872, ad Agrocybe aegerita da Fayod nel 1889 e a Cyclocybe aegerita da Vizzini nel 2014.
  3. Agrocybe cylindracea si tratta di una ricombinazione dell’originario Agaricus Cylindraceus DC. 1815 che nel 1876 fu ricondotto, ad opera di Claude-Casimire Gillette nel genere Pholiota con la denominazione di Pholiota cylindracea (DC.) Gillet e, successivamente, nel 1938, da Ernest Maire, nel genere Agrocybe con la denominazione di Agrocybe cylindracea (DC.) Maire [Della Maggiora M., 2019] ed ancora nel 2014 a Cyclocybe cylindracea da Vizzini.
  4. Genere Cyclocybe Velen. (1939), istituito nel 1939 da Joseph Velenovsky (botanico e micologo ceco, 22 aprile 1858 – 7 maggio 1949) ha inglobato, tra le specie già esistenti nel genere, dopo recenti ed approfonditi studi di natura filogenetico-molecolare, specie fungine già appartenenti al Genere Agrocybe, caratterizzate da “grandi dimensioni, da anello membranoso e da spore con poro germinativo rudimentale o assente” [Vizzini ed altri, 2014], tra le quali anche Agrocybe aegerita che, ovviamente, come accertato dagli studi condotti, presenta tali caratteristiche.

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Foto: Renzo Burlandi, Angelo Miceli, Emilio Pini

Tavole micologiche: Giambattista Bertelli, gentilmente concesse dal figlio Aldo

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Bibliografia

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Sitografia

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  • ADSeT (ultima consultazione, maggio 2020): Associazione Dirigenti Scolastici e Territorio. www.adset.it
  • AMINT (ultima consultazione maggio 2020) Associazione Micologica Italiana Naturalistica e Telematica. www.funghiitaliani.it
  • IF (ultima consultazione, maggio 2020): Indexfungorum databasewww.indexfungorum.org
  • MB (ultima consultazione, maggio 2020) Mycobank database. Fungal databases, Nomenclature e Special Banks www.mycobank.org