Lactarius deliciosus (L. : Fr.) Gray 1821

Strana primavera quella del 2020 che ci vede asserragliati tra le mura delle nostre case nello strenuo tentativo di difenderci dall’assedio di un nemico invisibile ma insidioso, pericoloso e pronto a colpire quando meno te lo aspetti che ci sta privando, speriamo per poco ancora, della quotidianità sociale e delle tanto attese passeggiate nei boschi che in questo periodo dell’anno lasciano sempre sperare in interessanti incontri con le prime specie fungine che cominciano a fare capolino tra l’erba del sottobosco. Tutto rimandato, quest’anno, ad un periodo più tranquillo, sperando che il prossimo autunno, o ancor prima, sia tutto finito ed il Covid 19 possa essere solo il ricordo di una drastica realtà. 

Nell’attesa, quindi, del ritorno alla normalità e fortemente incitati dal “richiamo del bosco”, ci tuffiamo a ritroso nel tempo, ammirando la nostra collezione mico-fotografica che ci riporta ai nostri primi ritrovamenti quando, prima ancora di essere irrimediabilmente contagiati dalla “febbre del fungo”, eravamo soliti accompagnarci ad un gruppo di “esperti funciari” alla ricerca di lattari e pinaroli che sollecitavano, in maniera sempre più pressante, la nostra curiosità di “cercatore principiante”.

Lactarius delicious, la prima specie conosciuta, incontrata, per la prima volta, nella pineta di San Marco nel comune di Novara di Sicilia (ME), si può dire sia stata il nostro “primo amore” che, quindi, “non si scorda mai”. Si tratta di una specie fungina a larga diffusione territoriale con crescita abbondante e tipicamente legata in rapporto di micorriza ectotrofica(1) con colture arboree del genere Pinus. Specie molto ricercata per le qualità organolettiche, per il suo utilizzo in cucina e per la facilità alla determinazione anche da parte dei cercatori principianti.

Viene posizionata, nella attuale configurazione sistematica, facendo riferimento a quella adottata da Maria Teresa Basso [Cfr. Basso M. T.: Lactarius Pers.] e da noi utilizzata nella stesura di questa “Riflessione Micologica”, nella Classe Basidiomycetes, Ordine Russulales, Famiglia Russulacae, Genere Lactarius, Sottogenenere Piperites, Sezione Dapetes.

 

Genere Lactarius Pers. 1797

La denominazione del Genere fa riferimento a Christian Hendrik Persoon, botanico e micologo sudafricano (Capo di Buona Speranza, 1761 – Parigi,1836) considerato come il padre della sistematica micologica, il quale nel 1797 attribuisce il nome Lactaria al genere comprendente funghi secernenti latice e, successivamente, nel 1799, nelle “Observationes Mycologicae” identifica il genere con il nome di Lactarius [Basso M. T., 1999].

Al Genere appartengono specie fungine caratterizzate dalla presenza, nella struttura del carpoforo (cappello, lamelle, gambo), di una sostanza latiginosa più o meno densa chiamata “latice (2), contenuta all’interno di “tubi laticiferi” che fuoriesce in maniera più o meno abbondante alla frattura del carpoforo. Per tale caratteristica risulta semplice, anche per i meno esperti, determinare con facilità il Genere di appartenenza dei singoli esemplari, anche se non è sempre semplice – anzi è piuttosto difficoltoso – pervenire con esattezza al riconoscimento della specie.

Si tratta di funghi ben strutturati, forniti di cappello e gambo con struttura omogena (quando cappello e gambo sono formati da cellule di analoga struttura e risultano essere tra di loro saldamente uniti tanto che la separazione tra i due elementi avviene con una certa difficoltà), terricoli, simbionti, con imenoforo (zona fertile del fungo posizionata nella parte inferiore del cappello ove si formano gli elementi fertili: le spore) non asportabile a lamelle ed assenza di residui velari, con carne a frattura gessosa (quando per le sollecitazioni esterne si rompe nettamente con un tipico “crac” comportandosi, alla frattura, alla stessa maniera di un pezzetto di gesso o di polistirolo), definita anche cassante, per la presenza di cellule a forma sferica (sferociti). La conformazione strutturale, proprio per la presenza di cellule sferoidee e dei vasi laticiferi, li assimila ai carpofori appartenenti al Genere Russula tanto che, unitamente a questi ultimi, vengono posizionati nella Famiglia delle Russulaceae, Ordine Russulales. E’ opportuno precisare che nel Genere Lactarius i vasi laticiferi risultano essere attivi, ovvero contengono latice, mentre nel Genere Russula sono sterili, ovvero sono privi di latice. 

Le spore in massa si presentano di colore variabile dal bianco al giallo ocra, identificando, così, specie fungine appartenenti al gruppo dei leucosporei (funghi con le spore in massa di colore bianco, biancastro o tendente al rosato o verdino).

La determinazione del genere e delle varie specie ad esso appartenenti è demandata, prevalentemente, all’attenta osservazione dei caratteri macroscopici combinati variamente tra di loro in quanto non sempre l’osservazione di uno solo di questi indirizza con certezza verso la corretta individuazione della specie [Foiera F. e altri, 1998]. In effetti sono numerose le specie appartenenti al genere Lactarius che si possono determinare anche con la sola osservazione dei caratteri macroscopici, tuttavia lo studio e l’osservazione delle caratteristiche microscopiche consentono una maggiore precisione nella individuazione della sezione di appartenenza e nella determinazione delle numerose specie [Basso M.T., 1999]. E’ opportuno precisare che l’utilizzo del microscopio ha consentito di evidenziare numerosi elementi utili a rilevare differenze e similarità tra le specie tanto da potere creare nuove specie e consentire una maggiore precisione nella suddivisione intragenerica delle numerose specie appartenenti al genere.

Omettiamo la descrizione dei caratteri macroscopici ed organolettici rimandando il lettore ad un testo monografico specifico [Cfr. Basso M. T.: Lactarius Pers. – Foiera F. e altri: Funghi Lattari], limitandoci ad evidenziare che il latice é l’elemento che maggiormente caratterizza le varie specie appartenenti al genere e costituisce un fattore particolarmente utile, anche se non unico, alla corretta determinazione di ogni singola specie.

Sottogenere Piperites (Fries) Kauffman 1918

Vi trovano posto specie fungine caratterizzati da cappello viscido, viscoso o glutinoso a tempo umido o glassato e/o lucido a tempo secco, a volte zonato (quando presenta ornamentazioni circolai concentriche con colore diverso dalla superficie), tomentoso (quando è ricoperto da una fitta e corta peluria che lo rende simile a velluto) al margine di taglia medio-grande, caratterizzate da latice inizialmente bianco, immutabile o virante al grigio, verdognolo, viola, giallo o da latice di colore arancio o rosso sangue o tendente al blù-bluastro (solo specie appartenenti alla sezione Dapetes). Nel sottogenere vengono ospitate specie appartenenti alle seguenti sezioni: AtroviridiDapetesZonarii,PiperitesUvidiGlutinosi [Basso M. T., 1999].

 

Sezione Dapetes Fries 1838

Vi appartengono carpofori di medio-grandi dimensioni caratterizzate da cappello colore arancio, arancio-rossastro con zonature e/o guttule, spesso inverdente, con latice colorato sui toni arancio, rosso, vinoso o, a volte, in parte blù. Associate, generalmente, a conifere. La Sezione, stante alla sistematica seguita, è divisa in due Sottosezioni: Deliciosini e Sanguifluini.

Lactarius deliciosus (L. : Fr.) Gray

Nat. Arr. Brit. Pl. (London) 1: 624 (1821)

Accentazione: Lactàrius deliciòsus

Basionimo: Agaricus deliciosus L. 1753cl

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Russulales, famiglia Russulaceae, genere Lactarius sottogenere: Piperites, sezione Dapetes, sottosezione Deliciosini.

 

Etimologia: Lactarius dal latino lac = latte, con espresso riferimento alla tipica emissione, al taglio o alla frattura, di latice. Delicious (dal latino) = delizioso con riferimento alla commestibilità ed alla gradevolezza al palato.

Principali sinonimi: Lactaria lateritia Pres. (1797); Lactifluus deliciosus (L.) Kuntze (1891); Lactarius laeticolor (S. Imai) Imazeki ex Hongo (1960): Lactarius pinicola (Smotl.) Z. Schaefer (1970).

Nomi volgari: Sanguinello, Lapacendro, Agarico delizioso [Bonazzi U., 2003].

Nomi dialettali: Tra i numerosi nomi dialettali in uso nelle varie zone, ci limitiamo a citare solamente quelli maggiormente utilizzati in Sicilia: Russiddu, Rusitu, Funciu rosellino [Bonazzi U., 2002] Rusillinu [Buda A., 2011, La Spina L., 2017]. 

 

Descrizione Macroscopica 

Cappello di medio-grandi dimensioni, inizialmente emisferico-convesso e precocemente ombelicato poi, verso la maturazione, piano-convesso con depressione centrale che assume, nei vecchi esemplari, una conformazione imbutiforme. Superficie grassa e lucida specialmente a tempo umido con zonature più o meno accentuate e con aspetto irregolare per la presenza di fossette e guttule, cuticola elastica, tenace e poco separabile, ricoperta da pruina biancastra a tempo secco. Margine arrotolato negli esemplari giovani, poi ricurvo e tendente ad appiattirsi negli esemplari maturi, con andamento regolare o ondulato, spesso lobato, pruinoso. Colore crema-arancio, crema-rossastro, bruno-rossastro più o meno marcato a volte con sfumature rosate o tendente al verdastro nelle zone erose. Imenoforo a lamelle fitte, adnato-decorrenti, inizialmente arcuate poi diritte, fragili e sottili, taglio intero, forcate in prossimità del gambo, intervallate da numerose lamellule di misura diversa, colore arancio, arancio-giallognolo, arancio –rossastro, rossastro-violaceo tendenti al verdastro nelle zone erose o lesionate. Gambo cilindrico, corto, tozzo, centrale, a volte eccentrico, svasato all’apice e attenuato in basso, fragile, pruinoso, farcito (quando all’interno presenta una struttura meno consistente e meno compatta), presto cavo, sovente parassitato dai vermi, ricoperto, alla base, di abbondante feltro miceliare biancastro. Superficie di colore biancastro-aranciato, crema-aranciato pallido che assume, alla manipolazione, sfumature verdastre, ornata da scrobicoli (piccole incavature di forma irregolarmente circolare più o meno profonde, tipicamente ornamentali del gambo dei lattari) di colore arancio-rossastro che contrastano con il colore di fondo. Carne cassante (si rompe nettamente alle sollecitazioni), inizialmente soda poi molliccia specialmente nel gambo dove presto viene invasa dai vermi; colore carota o arancio-carota che, con la maturazione, passa lentamente al crema-giallognolo con sfumature verdastre, biancastra nella parte centrale del gambo. Odore gradevole, fruttato; sapore inizialmente mite poi leggermente amarognolo. Latice non abbondante, arancio vivo, arancio-carota tendente, col tempo, a sbiadire. 

Habitat

Specie autunnale, dalla fine dell’estate fino ad inizio inverno. Legata in simbiosi micorrizica con specie arboree del genere Pinus. Cresce in forma gregaria ed abbondante sia nei boschi di montagna che in quelli di pianura.

Commestibilità

Buon commestibile. Specie molto diffusa, conosciuta e raccolta per uso alimentare e commercializzata nei mercati rionali.

 

Caratteri differenziali

Si riconosce facilmente per l’habitat esclusivo presso Pini; per il colore del latice arancio vivo, arancio-carota, immutabile ma tendente a schiarirsi in tempi più o meno lunghi; per il gambo corto e scrobicolato; per il cappello arancio con zonature più o meno marcate; per il leggero inverdimento delle parti erose.

 

Specie simili

Tra le numerose specie simili – specialmente quelle appartenenti alla sezione Dapetes, ma non solo – che facilmente si prestano alla confusione, riportiamo quelle da noi ritenute più significative rimandando il lettore, per eventuali approfondimenti, ad un testo monografico: 

  • Lactarius sanguifluus var. sanguifluus (Paulet) Fr. (1838)

Differisce per il colore del latice che si presenta subito color rosso-sangue non inverdente; per il cappello colore aranciato e privo di zonature.

  • Lactarius sanguifluus  var. violaceus (Barla) Basso (1999)
Foto 07 Lactarius sanguifluus var. violaceus Foto Franco Mondello
Foto 07 Lactarius sanguifluus var. violaceus Foto Franco Mondello

Differisce per il latice color vinoso e per la carne che vira al taglio verso il rosso-vinoso; per il cappello color violaceo-vinoso; per l’inverdimento spesso completo; per il gambo bianco pruinoso con scrobicoli rosso-violaceo.
 

  • Lactarius semisanguifluus R. Heim & Leclair (1950)

Differisce per il colore del latice che, inizialmente di colore arancio intenso, vira al vinoso dopo circa 7-8 minuti; per il colore del cappello arancio, arancio-rosato con sfumature vinose.
 

  • Lactarius deterrimus Gröger (1968)

Differisce per il colore del latice inizialmente colore arancio-carota, poco abbondante, che vira in circa 30 minuti verso il colore arancio-rossastro; per l’habitat di crescita che lo vede legato a aghifoglie del genere Abete.
 

  • Lactarius chrysorrheus Fr. (1838)
Foto 08 Lactarius chrysorrheus - Foto: Angelo Miceli
Foto 08 Lactarius chrysorrheus – Foto: Angelo Miceli

Si riconosce facilmente per la colorazione del cappello su toni fulvo-rosati, per la presenza di guttule e zonature di colore più scuro; per il latice abbondante di colore biancastro che tende rapidamente ad assumere un colore giallo-zolfo; per l’habitat tipico in boschi di latifoglia o misti.

 

Note e Curiosità:

Può capitare, anche con una certa frequenza, trovandosi nei boschi alla ricerca di Lattari, di imbattersi in esemplari parassitati: generalmente Lattari appartenenti alla Sezione Dapetes che vengono attaccati da un microfungo appartenente al Genere Hypomyces, generalmente Hypomyces lateritius (Fr.) Tul. & C. Tul. spesso indicato come Hypomyces deformans (Lagger) Sacc. o Peckiella deformans (Fr.) Maire. Questi attacca gli esemplari fungini nella zona imeniale impedendo una corretta formazione e crescita del carpoforo deformandolo. Le lamelle si presentano completamente invase dal fungo parassita che, ricoprendole totalmente, forma uno strato uniforme di muffa biancastra, dura e liscia. I Lattari parassitati, stante le diverse usanze locali, sono considerati migliori dal punto di vista organolettico e regolarmente consumati. Ci permettiamo di dissentire in merito a tale pratica sconsigliandone il consumo per evitare spiacevoli conseguenze anche perché, per le mutate caratteristiche morfocromatiche, possono facilmente essere scambiati con altre specie di dubbia commestibilità. 

 

Note sulla Commestibilità e tossicità del Genere Lactarius

E’ buona norma ritenere che solo i lattari secernenti latice rosso-rossastro, ovvero quelli appartenenti alla Sezione Dapetes, siano da ritenere commestibili, limitandone il consumo solo ad alcune specie quali, ad esempio, Lactarius deliciosus, L. sanglifluus, L. sanguifluus var. violaceus, L. salmonicolor e considerando tutte le altre di scarso valore gastronomico.

Alcune specie a latice bianco di sapore mite sono ritenute commestibili ma ne sconsigliamo il consumo ai fini precauzionali al fine di evitare confusione con specie tossiche. Si ritiene opportuno sconsigliare, nella maniera più assoluta, al fine di evitare spiacevoli conseguenze, il consumo delle specie a latice bianco e con sapore acre o pepato anche se alcune di queste vengono consumate in diverse zone del meridione d’Italia e in alcuni paesi nordici previo trattamenti empirici quali bollitura preliminare, salatura, essiccazione o fermentazione. 

Al genere non appartengono specie velenose ma solo tossiche in grado di provocare disturbi più o meno gravi in considerazione della quantità consumata e delle condizioni fisiche del consumatore. 

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  1. Micorrizza ectotrofica o ectomicorriza: forma di simbiosi stabilita tra il micelio fungino e gli apici radicali di una pianta, attorno ai quali le ife fungine si attorcigliano formando una copertura avvolgente a guisa di mantello detta micoclèna. Endomicorriza o micorriza endotrofica: quando le ife fungine, stabilendo il rapporto di simbiosi, penetrano negli apici radicali della pianta.
  2. Latice: elemento che maggiormente caratterizza le varie specie appartenenti al genere Lactarius, costituisce un fattore particolarmente utile alla corretta determinazione di ogni singola specie.

Si trova all’interno di vasi laticiferi che percorrono tutto il carpoforo dal quale fuoriesce, in maniera più o meno abbondate, per la frattura della carne.

Il colore, che assume notevole importanza per la determinazione della specie, varia dal bianco, bianco-biancastro al giallo, all’arancio, al rossastro, all’azzurro-bluastro.

La sua reazione a contatto con l’aria, dopo la fuoriuscita dal carpoforo, comporta una variazione di colore che viene definita viraggio. A seconda della reazione del latice a contatto con l’aria, si può pervenire ad una prima suddivisone tra specie a latice bianco immutabile, specie a latice rosso, rosso carota, rosso vinoso e specie a latice bianco virante [F. Foiera e altri, 1998].

Il viraggio del latice verso una determinata colorazione riveste molta importanza per la determinazione della specie.

Anche il sapore del latice consente di effettuare altra ulteriore suddivisione tra le specie che vengono distinte in specie con latice mite, specie con latice acre, specie con latice bruciante [F. Foiera e altri, 1998].

 

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Foto: Angelo Miceli, Franco Mondello

Tavole Micologiche: Nino Mannina che si ringrazia per la cortese concessione ed autorizzazione alla pubblicazione

 

Bibliografia

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Sitografia