Macrolepiota procera, ovvero la “Mazza di tamburo”

Capita spesso a quanti amano passeggiare a contatto con la natura inoltrandosi nei boschi nel periodo autunno-invernale, di incontrare, piacevolmente, funghi di notevoli dimensioni e facilmente individuabili che si ergono, in tutta la loro imponenza ed il loro accattivante aspetto, tra le sterpaglie e le foglie morte del sottobosco. Si tratta di funghi ben strutturati, caratterizzati dalle notevoli dimensioni che generalmente raggiungono e da un lungo gambo che sorregge, in posizione centrale, un largo cappello ricoperto di squame. 

Sono tradizionalmente conosciuti, su tutto il territorio nazionale, con la denominazione volgare di “Mazza di tamburo” appellativo loro attribuito per la particolare forma che assumono nella fase iniziale della loro formazione, quando il cappello ancora chiuso ed il lungo gambo che lo sorregge si presentano, nel loro insieme e per la particolarità della forma assunta, similari al “mazzuolo” (mazza), attrezzo usato per percuotere grancasse e timpani (strumenti musicali a percussione). In alcune zone d’Italia sono in uso altre denominazioni volgari come: Parasole, Ombrellone, Bubbula maggiore, Agarico colubrino, Pelliccione… oltre ad una miriade di nomi dialettali espressamente locali.

La denominazione vuole fare espresso riferimento, in maniera particolare, alla Macrolepiota procera, protagonista della nostra “Riflessione Micologica”, estendendosi, in forma generalizzata, anche ad altre specie appartenenti allo stesso genere.

 

Genere Macrolepiota Singer (1948)

al genere, la cui denominazione fa riferimento al micologo tedesco Rolf Singer (Schliersee, 1906 – Chicago, 1994), inserito nella Famiglia Agaricaceae, Ordine Agaricales, Classe Basidiomycetes, appartengono funghi eterogenei (quando il cappello ed il gambo, stante la loro diversità strutturale, si staccano facilmente l’uno dall’altro senza lasciare tracce evidenti di frattura), con imenoforo (parte inferiore del cappello ove è posizionato l’imenio, zona fertile del fungo ove si maturano gli elementi riproduttivi: spore, formato, nel Genere Macrolepiota, da lamelle) asportabile e residui del velo parziale sotto forma di anello, che presentano le seguenti caratteristiche morfologiche: Cappello di grandi dimensioni, raggiunge facilmente, e spesso supera, in alcune specie, i 30 cm di diametro; inizialmente subgloboso, emisferico, campanulato, poi piano, disteso; caratterizzato in diverse specie alla presenza di un umbone più o meno prominente; generalmente decorato da squame concentriche; colore variabile da nocciola più o meno chiaro a bruno-nocciola, bruno-castano, fino a bruno-ocra, bruno-nerastro. Lamelle bianco-biancastre, leggermente imbrunenti verso la maturazione in alcune specie. Libere (quando si interrompono prima di raggiungere il gambo) ed inserite in un collarium (struttura anulare posizionata all’apice del gambo sulla quale si inseriscono le lamelle). Le spore in massa di colore bianco-biancastro o rosa pallido identificano le specie come appartenenti al gruppo dei funghi leucosporei. Gambo cilindrico, slanciato, molto alto, supera spesso i 30-35 cm., liscio in alcune specie, screziato per la presenza di squamule più o meno evidenti in altre. Nella zona apicale è ornato da un anello semplice o doppio, a volte scorrevole; la base si presenta ingrossata e tondeggiante per la presenza di un bulbo più o meno grosso. E’ costituito da cellule filamentose di consistenza molto fibrosa, cavo all’interno, si schiaccia facilmente alla pressione sfilacciandosi longitudinalmente, formando lunghi e consistenti filamenti. Il colore, sui toni bianco-rosati, varia dal bianco, bianco-biancastro, al bruno, bruno-rosato, bruno-rossastro. Carne bianca immutabile in alcune specie, più o meno arrossante o imbrunente al taglio in altre specie.

Le numerose specie appartenenti al Genere, specialmente quando si presentano di piccole dimensioni, si prestano facilmente ad essere confuse con specie fungine appartenenti al Genere Lepiota che, tradizionalmente, ospita specie velenoso-mortali. E’ consigliabile, al fine di evitare errori di determinazione con conseguenti esiti di natura spesso irreversibile, astenersi dal raccogliere specie fungine ancora poco sviluppate e, in ogni caso, sottoporre, prima del consumo, gli esemplari raccolti all’esame di un micologo professionista al fine di acquisirne la corretta valutazione di commestibilità.

Macrolepiota procera (Scop. : Fr.) Singer

Pap. Mich. Acad. Sci. 32: 141 (1948)

E’ la “Mazza di tamburo” per antonomasia, conosciuta con tale denominazione volgare su tutto il territorio nazionale. Raggiunge notevoli dimensioni che la rendono facilmente riconoscibile. Ottimo e ricercato commestibile, rappresenta la specie tipo del genere di appartenenza.

Basionimo: Agaricus procerus Scop. 1772

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Agaricaceae, genere Macrolepiota

Etimologia: La denominazione del genere (Macrolepiota) nasce dall’unione di tre diversi termini: macro = grande, lepis = squama, otos = orecchio… ovvero grande orecchio squamoso. Procera dal latino procerus = grande, imponente con espresso riferimento alle notevoli dimensioni che solitamente raggiunge.

Sinonimi principali: Agaricus annulatus Lightf. (1777); Agaricus colubrinus Bull. (1782); Agaricus antiquatus Batsch. (1783); Agaricus squamosus Vill. (1789); Agaricus concentrus Pers. (1793); Lepiota procera (Scop.) Gray (1821): Amanita procera (Scop.) Fr. (1836); Mastocephalus procerus(Scop.) Kuntze (1891); Leucocoprinus procerus (Scop.) Pat. (1900); Lepiotophyllum procerum (Scop.) Locq. (1942); 

Nomi volgari: Mazza di tamburo, Parasole, Bubbula maggiore, Pelliccione, Tobbia [Bonazzi, 2003 – Candusso, 1990]

Nomi dialettali: è conosciuto, su tutto il territorio nazionale, con una miriade di nomi dialettali diversi che variano da un territorio all’altro. Per un senso di appartenenza alla nostra Sicilia, riportiamo soli quelli in uso in tale regione: Funci nipiteddu, Func’i coppu, Funciu capiddinu (nomi dialettali generalmente usati in varie zone della Sicilia); Funciu di nipitedda (nome dialettale messinese); Funcia d’aneddu (in uso nella zona di Alcara li Fusi – Messina); Cappiddino (nome dialettale catanese); Funcia picurina (nome dialettale palermitano) [Bonazzi, 2003].

 

Descrizione macroscopica

Cappello di grandi dimensioni, da 10 fino a 30-40 cm, inizialmente globoso-ovoidale, successivamente campanulato, conico ed infine convesso-appianato con tipica forma di ombrello (origine delle numerose denominazioni popolari) con tipico umbone ottuso, liscio e più o meno pronunciato che tende ad appiattirsi negli esemplari vecchi lasciando un leggero rilievo di colore scuro; margine inizialmente involuto, poi disteso ed infine, negli esemplari molto maturi, leggermente revoluto, regolare, a volte con leggeri residui del velo parziale; superficie asciutta, liscia negli esemplari giovani, poi, verso la maturazione, dissociata in grosse squame concentriche nella zona marginale, facilmente asportabili e tendenti a diradarsi con la maturazione, di colore nocciola, bruno, bruno-ocra, su fondo biancastro che si presenta più scuro nella zona discale in corrispondenza dell’umbone. Imenoforo a lamelle fitte, larghe con orlo intero, intervallate da lamellule di diversa lunghezza, libere al gambo ed inserite in un collarium, facilmente separabili dalla carne del cappello, colore bianco, bianco-crema con riflessi rosati, tendenti a scurire verso il brunastro negli esemplari maturi. Spore in massa bianche. Gambo slanciato, molto sviluppato in altezza, raggiunge e spesso supera i 30-35 cm., facilmente separabile dal cappello, generalmente diritto, a volte leggermente ricurvo, cilindrico, allargato verso la base dove presenta un grosso bulbo arrotondato, internamente cavo, di colore bruno chiaro, decorato da caratteristiche zigrinature che spesso ricoprono l’intera superficie del gambo estendendosi dal bulbo fino alla zona sotto anulare, disposte in cerchi sovrastanti di colore bruno-ocra facilmente asportabili. Anello molto evidente, posizionato nella zona alta del gambo, ampio e persistente, doppio e fioccoso, sfrangiato al margine, scorrevole sul gambo, bianco-biancastro sulla pagina superiore, bruno-ocra nella pagina inferiore. Carne poco spessa, inizialmente soda poi molliccia nel cappello, fibrosa nel gambo, di colore bianco immutabile, appena rosato in esemplari molto maturi, odore e sapore gradevoli di nocciola.

 

Habitat

Tipica specie autunnale, reperibile, a volte, a seconda delle condizioni climatiche stagionali, anche nel periodo tardo primaverile. Cresce singola o in gruppi di diversi esemplari prevalentemente in boschi di latifoglie ma anche di conifere, ai margini, nelle radure o nelle zone limitrofe dei boschi. Molto comune.

 

Commestibilità

Buon commestibile. Molto apprezzata e ricercata per il sapore dolce e gradito al palato. Da consumare sempre ben cotta. Si presta bene ad essere cucinata impanata e fritta a cotolette, ripiena o gratinata al forno o alla griglia sempre con l’accortezza che venga sottoposta a prolungata cottura; la mancanza di tale precauzione può essere causa di sgraditi disturbi gastro-intestinali che si possono manifestare anche per abuso nelle quantità consumate [Sorbi, 2010 – AGMT, 2013]. Il gambo, duro e fibroso, deve essere scartato; può essere, in ogni caso, dopo essiccazione e ridotto in polvere, utilizzato come aromatizzante [AMINT, 2010 – Buda, 2011]. Il congelamento è vivamente sconsigliato in quanto può essere causa, come avviene per Armillarea mellea, dello sviluppo di sostanze tossiche [Sorbi, 2010 – AGMT, 2013]. 

 

Caratteri differenziali

Si presta ad una facile determinazione anche da parte dei meno esperti. Per non confonderla con specie simili è sufficiente l’attenta osservazione dei seguenti caratteri: notevole sviluppo del carpoforo sia con riferimento alle dimensioni del cappello, sia a quelle del gambo; cappello ricoperto da grosse squamule di colore bruno, bruno-ocra facilmente asportabili; umbone centrale appiattito e più scuro del colore del cappello; gambo slanciato e ricoperto da caratteristiche zebrature posizionate nella zona centrale, sovrapposte e facilmente asportabili; bulbo basale arrotondato; anello doppio e scorrevole.

 

Forme e Varietà

Numerose sono le forme e le varietà che ruotano attorno alla specie tipo, per comodità indichiamo solo quelle da noi ritenute più significative inviando il lettore, per eventuali approfondimenti, ad un testo specifico:

  • Macrolepiota procera var. fuliginosa (Barla) Bellù & Lanzoni (1987)

Differisce per la colorazione generale che si presenta bruno-fuligginosa-nerastra in tutte le parti; in particolare per il colore delle squame bruno-nerastro; per il gambo che presenta zebrature grigio fumo-nerastre concentrate nella zona centrale e diradate verso il basso; per il bulbo basale molto grosso; per la carne leggermente arrossante specialmente nella zona corticale del gambo.

  • Macrolepiota procera var. pseudolivascens Bellù & Lanzoni (1987)

Differisce per le dimensioni delle squame più piccole e per la particolarità delle superfici che spontaneamente o allo sfregamento hanno la tendenza a macchiarsi di grigio-verdastro. 

 

Specie simili

  • Chlorophyllum rachodes(1) (Vitt.) Vellinga (2002) = Macrolepiota rachodes (Vittad.) Singer (1951)
Macrolepiota rachodes– Foto: Angelo Miceli
Macrolepiota rachodes– Foto: Angelo Miceli

Specie non commestibile, molto simile a M. procera, differisce per il portamento meno robusto; per la presenza di squamule sul cappello più grossolane; per la superficie del gambo completamente liscia, priva di zebrature ed arrossante al taglio ed allo sfregamento.

 

  • Chlorophyllum venenatum(1) (Bon) C. Lange & Vellinga (2008) = Macrolepiota venenata Bon (1979)
Macrolepiota venenata – Foto: Marco  Bianchi
Macrolepiota venenata – Foto: Marco Bianchi

Specie tossica, si presta facilmente, come la specie precedente, ad essere confusa con M. procera dalla quale differisce per il cappello lanuginoso ricoperto da squame irsute; per il gambo liscio e non zebrato che presentandosi più corto del diametro del cappello gli conferisce un aspetto meno slanciato; per la conformazione del bulbo alla base del gambo che si presenta turbinato-marginato; per l’anello semplice e per la carne arrossante.

 

  • Macrolepiota excoriata (Schaff. : Fr.) Wasser (1978)
Macrolepiota excoriata – Foto: Angelo Miceli
Macrolepiota excoriata – Foto: Angelo Miceli

Differisce per le piccole dimensioni del cappello; per la cuticola liscia di colore bruno-chiaro, eccedente, asciutta e sfrangiata al margine, integra nella zona centrale in corrispondenza dell’umbone e tendente a lacerarsi, nella zona mediana e verso il margine, in grossi lembi radiali a forma triangolare che le conferiscono un tipico apsetto a “stella”; per il gambo bianco-biancastro, liscio, tendente a scurire alla manipolazioe; per la presenza di anello semplice.

 

  • Macrolepiota konradii (Huijsman ex P.D. Orton) M.M. Moser (1967)
Macrolepiota konradii – Foto: Angelo Miceli
Macrolepiota konradii – Foto: Angelo Miceli

Differisce per la conformazione delle squame sul cappello a forma di stella, facilmente staccabili e con la punta rivolta verso l’alto; per il gambo liscio e bianco nella zona superiore e screpolato e ricoperto da fine ed appressate quamette nella zona sotto l’anello che si presenta semplice e brunastro nella parte inferiore.

 

  • Macrolepiota mastoidea (Fr. : Fr.) Singer (1951)
Macrolepiota mastoidea – Foto: Angelo Miceli
Macrolepiota mastoidea – Foto: Angelo Miceli

Differisce per le decorazioni sul cappello costituite da piccole e fini squamette; per la presenza di un umbone pronunciato, mammellonato; per il gambo caratterizzato da screziature puntiformi e per la presenza di un anello semplice.

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  1. Specie originariamente inserita nel Genere Macrolepiota, riposizionata, dopo accertamenti e studi di natura molecolare che ne hanno rimodulato la posizione tassonomica, nell’attuale Genere Chlorophyllum che inizialmente ospitava solo specie fungine caratterizzate da spore in massa di colore verdognolo.

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Foto: Marco Bianchi, Angelo Miceli, Franco Mondello

 

Bibliografia

  • A.G.M.T., 2013: Io sto con i funghi. La Pieve Poligrafica Editore, Villa Verucchio (RN). I
  • AMINT (Associazione Micologica Italiana Naturalistica Telematica), 2007: Tutto funghi. Giunti editore, Firenze (nuova edizione 2010). I
  • Balestreri Stefano, 2011: Macrolepiota procera. Estratto da “Appunti di Micologia” (www.appuntidimicologia.com)
  • Bellù Francesco, Veroi Giulio, 2014: Per non confondere i funghi. Casa Editrice Panorama, Crocetta del Montello (TV). I
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  • Bresadola Giacomo – 1954: Funghi mangerecci e funghi velenosi.. Museo di Storia Naturale. Trento. ( IV edizione a cura del Comitato Onoranze Bresadoliane. Milano-Trento). I
  • Buda Andrea, 2011: I funghi degli Iblei. Vol. 1. A.M.B. Gruppo di Siracusa. Siracusa. I.
  • Candusso Massimo, Lanzoni Gianbattista, 1990: Lepiota s. l.. Collana Fungi Europaei Vol.4. Libreria Editrice Giovanna Biella, Saronno. I
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  • La Chiusa Lillo, 2013: Funghi Agaricoidi, Vol. I – Agaricaceae. ANDER Editore, Monza. I
  • La Spina Leonardo – 2017: Funghi di Sicilia Atlante illustrato. Tomo I. Eurografica, Riposto (CT) – I
  • Lavorato Carmine, Rotella Maria – 2004: Funghi in Calabria. Guida per il riconoscimento delle specie. Raccolta e commercializzazione. Tutela ambientale e sanitaria. Edizioni Pubblisfera . San Giovanni in Fiore (CS). I
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  • Oppicelli Nicolò – 2012: I funghi e i loro segreti. Erredi Grafiche Editoriali, Trento
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  • Phillips Roger – 1985: Riconoscere i funghi. Istituto Geografico De Agostini, Novara. I
  • Sorbi Claudio, 2010: Le Macrolepiota più comuni delle nostre zone, le mazze di tamburo. Micoponte – Bollettino del Gruppo Micologico Massimiliano Danesi, n. 4: 5-12, Ponte a Moriano (LU). I

Sitografia