Pleurotus ostreatus (Jacq.: Fr.) P. Kumm.1871

Comunemente noto con il nome volgare di “Orecchione” e con una miriade di nomi dialettali che si diversificano da una località all’altra, si riproduce, generalmente in forma gregaria, in qualità di fungo parassita-saprofita, su tronchi vivi o morti di varie latifoglie quali pioppo, salice, gelso.

Pleurotus ostreatus_Disegno di Giambattista Bertelli
Pleurotus ostreatus_Disegno di Giambattista Bertelli

Pleurotus ostreatus, specie fungina molto nota e diffusa in tutto il mondo deve la sua notorietà alla versatilità ad essere coltivata e commercializzata su larga scala e, ovviamente, alle caratteristiche organolettiche che la rendono una specie prelibata e ricercata per il consumo alimentare. Nei paesi orientali è anche noto ed utilizzato per le sue proprietà medicinali. In Cina viene chiamato “Ping gu” ovvero “Fungo piatto”, con riferimento alla sua conformazione morfologico-strutturale similare, appunto, ad un largo cappello appiattito.

 

Genere Pleurotus (Fr. : Fr.) P. Kumm. 1871

Al genere appartengono basidiomi carnosi, di medio-grandi dimensioni, omogenei (quando cappello e gambo hanno analoga struttura cellulare risultando strettamente saldati uno all’altro tanto che la loro separazione non avviene in maniera netta), caratterizzate da cappello asciutto e generalmente depresso, imbutiforme; lamelle a lungo decorrenti sul gambo che si presenta, a seconda della specie, subcentrale o fortemente decentrato, laterale ed in molte specie con crescita fascicolato-connata. Per la colorazione bianco-rosata delle spore in massa, sono ineriti nel gruppo dei funghi leucosporei. Tutte le specie appartenenti al genere sono lignicole e tipicamente parassite o saprofite, agenti di carie bianca (1). Le varie specie appartenenti al genere sono considerate, con poche eccezioni, tutte di buona qualità e commestibili. Molte specie si prestano con molta versatilità alla coltivazione.

 

Pleurotus ostreatus (Jacq. : Fr.) P. Kumm.

Führ. Pilzk. (Zerbst) : 104 (1871)

 

Basionimo: Agaricus ostreatus Jacq. 1774

 

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Pleurotaceae, genere Pleurotus.

 

Etimologia: Pleurotus dal greco pleuròn = di fianco e otòs = orecchio ovvero con l’orecchio (cappello) di fianco con espresso riferimento alla posizione del cappello rispetto al gambo. Ostreatus dal latino ostrea = ostrica per la somiglianza del cappello al guscio di un’ostrica.

Sinonimi pricipali: Agaricus fuligineus Pers. (1801); Agaricus reticulatus Schumach. (1803); Agaricus revolutus J. Kickx (1867); Clitocybe ostreata (Jacq.) P. Karst. (1879).

 

Nomi volgari: Agarico ostreato; Cerrena, Gelone, Orecchione [Bonazzi, 2003].

 

Nomi dialettali: come ormai nostra abitudine, considerato che esistono innumerevoli denominazioni dialettali in uso nelle varie aree geografiche italiane, riportiamo solo quelle utilizzate nel territorio messinese: Funci di traversa (Alcara li Fusi – Messina) [Bonazzi, 2003]; Ricchiedda (Motta d’Affermo – Messina).

 

Descrizione macroscopica

Cappello generalmente di medio-grandi dimensioni, posizionato lateralmente al gambo con forma di ventaglio (flabelliforme), di orecchio, di conchiglia; inizialmente convesso si distende verso la maturità presentando, quasi sempre, una marcata depressione verso l’attacco al gambo; orlo a lungo involuto (quando si presenta ripiegato verso l’interno), poi disteso, sottile, a volte fessurato; superficie liscia, glabra, di colore variabile: dal grigio al grigio bluastro chiaro, al bruno-grigiastro, a volte con sfumature violacee o riflessi blu-metallico schiarente verso la maturazione, cuticola non facilmente asportabile. Imenoforo costituito da lamelle non molto fitte, a lungo decorrenti, intervallate da numerose lamellule, biforcate ed anastomizzate (quando sono unite tra di loro da pieghe o nervature trasversali) in corrispondenza del gambo; di colore bianco, bianco-grigiastro, bianco-crema pallido; spore in massa di colore bianco-biancastro, identificative dei funghi leucosporei. Gambo eccentrico, laterale, corto, a volte assente, spesso cespitoso (quando si presenta unito a quello di altri esemplari, formando un grosso cespo), ricurvo, irregolarmente cilindraceo, sodo, pieno, bianco con sfumature grigiastre, leggermente pruinoso (quando è ricoperto da un leggero strato farinoso). Carne tenace, consistente, elastica, tendente al coriaceo negli esemplari adulti specialmente in prossimità del gambo, di colore bianco con odore e sapore gradevole negli esemplari giovani, di muffa in quelli maturi.

Habitat

Cresce in forma singola o anche cespitosa con i cappelli sovrapposti a mensola formanti una tipica cascata, su legno morto o vivo di numerose latifoglie sia nei boschi, sia nei parchi cittadini.

Commestibilità

Ottimo commestibile. Preferire sempre esemplari giovani in quanto con l’invecchiamento assume consistenza legnosa ed accumula tossine che possono recare leggeri disturbi di natura intestinale [Cazzavillan, 2011].

Specie simili

  • Pleurotus cornucopiae (Paulet) Rolland (1910)

Differisce per la conformazione del cappello che, a maturità, si presenta imbutiforme-ombelicato e per il colore bruno-giallastro della superficie.

  • Pleurotus pulmonarius (Fr. : Fr.) Quèl. (1872)

Molto simile a P. ostreatus tanto per le caratteristiche morfo-cromatiche generali, quanto per l’habitat di crescita, differisce per la colorazione del cappello più chiara, su toni crema-biancastri e per i caratteri microscopici.

Coltivazione

Come avviene per numerose altre specie fungine a nutrizione saprofitica si presta molto bene alla coltivazione tanto da essere considerata la specie più coltivata in Italia con una produzione di circa 10.000 tonnellate per anno, lasciando posizionare, la nostra nazione, tra i primi produttori a livello mondiale [Ceccon, 2018].

L’ingrediente base per la produzione è un composto formato dal 90% di paglia di frumento arricchita da sostanze azotate e dal 10% di erba medica o, in alternativa, farina di soia, trucioli di mais o urea. Il composto, dopo essere stato sottoposto a varie fasi di lavorazione, lasciato fermentare e riposare, viene confezionato in balle a forma rettangolare dal peso di circa 20-25 kg., avvolte in sacchi di nylon particolari sui quali vengono praticati dei tagli a croce di circa 5 cm. dai quali verranno fuori, a tempo debito, gli sporofori [Ceccon, 2018].

La lavorazione ed in particolare la raccolta del prodotto, deve essere effettuata da personale protetto con apposite mascherine-filtro al fine di evitare l’inspirazione delle basidiospore che possono causare, come spesso è avvenuto, problemi di irritazione delle vie respiratorie che si manifestano con tosse e stato febbrile. Tale sindrome viene tipicamente conosciuta come “Mushroom work’s lung” [Ceccon, 2018].

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(1) La carie, o marciume del legno, è una patologia vegetale che causa la progressiva degenerazione dei tessuti legnosi di piante vive o del legname in conservazione o in opera. Viene diversificata, generalmente, in carie bianca e carie bruna. La carie bianca é diffusa su numerose specie arboree, sia di latifoglie che di conifere e viene causata da specie fungine appartenenti tanto alla classe dei Basidiomiceti quanto a quella degli Ascomiceti i quali agiscono eliminando in maniera progressiva la lignina, conferendo, di conseguenza, ai tessuti legnosi attaccati, un aspetto chiaro, biancastro. La carie bruna è la conseguenza della progressiva degradazione della cellulosa che deteriorandosi perde di consistenza assumendo un colore bruno scuro. Le specie fungine che agiscono quali agenti di carie, bianca o bruna, assumono la denominazione di “parassiti da ferita” in quanto trovano facilità di attecchimento in corrispondenza delle ferite del tronco arboreo, nei tagli di potatura, nelle ferite provocate da insetti, nelle lesioni traumatiche della corteccia. Normalmente l’attacco invasivo viene realizzato dal micelio che, dopo aver condotto un periodo di vita saprofitario su organi morti della pianta, riesce a penetrare all’interno della massa legnosa attaccandone le parti vive [Goidànich G. 1975].

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Disegni: Giambattista Bertelli per gentile concessione del figlio Aldo

Foto: Emilio Pini, Angelo Miceli

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Bibliografia

  • Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca , 2008: Funghi d’Italia. Zanichelli, Bologna (ristampa 2013)
  • Bonazzi Ulderico, 2003: Dizionario dei nomi volgari e dialettali dei funghi in Italia e nel Canton Ticino. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento
  • Cazzavillan Stefania, 2011: Funghi medicinali – Dalla tradizione alla scienza. Nuova Ipsa Editore Srl, Palermo
  • Ceccon Pieremilio, 2018: I funghi coltivati. Terza Parte. Passione Funghi & Tartufi. Aprile 2018 n. 81: 32-37. Erredi Grafiche Editoriali, Genova
  • IF, Index Fungorum database. www.indexfungorum.org (ultima consultazione agosto 2018)
  • MB, Mycobank database. www.mycobank.org (ultima consultazione agosto 2018)
  • Lavorato Carmine, Rotella Maria – 2004: Funghi in Calabria. Guida per il riconoscimento delle specie. Raccolta e commercializzazione. Tutela ambientale e sanitaria. Edizioni Pubblisfera . San Giovanni in Fiore (CS)
  • Papetti Carlo, Consiglio Giovanni, Simonini Giampaolo, 2004: Atlante fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 1 (seconda ristampa). A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento
  • Phillips Roger, 1985: Riconoscere i funghi. Istituto Geografico De Agostini, Novara