Andar per funghi….. “Il Chiodino”

Armillaria mellea
Armillaria mellea

Conosciuto, ricercato ed apprezzato in cucina sin dai tempi più remoti, anche se per il suo uso gastronomico non vengono seguiti, soprattutto perché sconosciuti dalla maggior parte dei consumatori, i consigli utili ad un suo corretto utilizzo ai fini della commestibilità, il “Chiodino” è solito fare la sua apparizione sin dall’inizio dell’autunno crescendo cespitoso, da parassita-saprofita, sugli alberi nei boschi di latifoglie e di conifere e, in maniera piuttosto ricorrente, anche su culture arboree da frutto.

Considerato da numerosi micofagi un ottimo commestibile ed annualmente oggetto di una spietata caccia è, in realtà, proprio per la sua ricercatezza, per la sua abbondante crescita e per il suo diffuso consumo, il principale responsabile dei numerosi ricoveri ospedalieri per intossicazione da funghi.

Il suo nome scientifico, Armillaria mellea, derivato dal latino armilla = braccialetto con riferimento all’anello che adorna la parte superiore del gambo e da mellea, attinente al miele, con riferimento al suo colore, lo connota, nel vasto “Regno dei Fungi”, nel Genere Armillaria, famiglia Tricholomataceae, Ordine Agaricales.

Armillaria mellea
Armillaria mellea

I cromatismi del cappello sono vari e diversificati e vanno messi in relazione con la cultura vegetale su cui si sviluppa, variando dal giallo-miele, al brunastro, al grigio nerastro; la superficie è ricoperta da piccole squame feltrose più fitte al centro che risulta di colore più scuro; è sempre presente, in maniera più o meno accentuata, un piccolo umbone.

Le lamelle, leggermente decorrenti (attaccate al gambo e prolungate verso il basso), hanno un colore che va dal biancastro al bruno e, a maturità, sono macchiate di ocra-brunastro. Le spore in massa di colore bianco, lo classificano come leucosporeo.

Il gambo, biancastro, scuro brunastro alla base, è coriaceo e fibroso e non è adatto al consumo. Nella parte superiore è ornato da un anello infero (quando si forma partendo dal basso e si allarga verso l’alto), chiamato “Armilla” da cui prende il proprio nome.

E’ un fungo che cresce, si nutre e riproduce, da parassita, su numerose culture arboree provocando il “marciume radicale fibroso” che attacca la pianta fino a distruggerla completamente. Il fungo, completato il suo lavoro da parassita, continua a vivere sulle sostanze morte delle piante, ora in fase di decomposizione, nutrendosi delle stesse ed assumendo, così, la veste di fungo saprofita.

E’ un buon commestibile ma tossico da crudo. Per il suo corretto consumo bisogna tenere presenti alcune accortezze alle quali ci si deve attenere scrupolosamente: eliminare il gambo, anche negli esemplari più giovani, in quanto fibroso, coriaceo e, pertanto, molto indigesto. Fare bollire, prima del consumo, i funghi in quanto contengono tossine (emolisine) di natura termostabile-solubile che perdono la loro tossicità se portati a temperatura di ebollizione. Per tale motivo è necessario fare bollire, preventivamente, il prodotto eliminando, poi, l’acqua di cottura e procedendo, successivamente, a regolare cottura per almeno 15-20 minuti a fuoco vivo e senza coperchio. Sono stati registrati casi di disturbi intestinali a breve latenza provocati dall’uso di esemplari di Armillaria mellea congelati a fresco, senza preventiva bollitura. Si ritiene, quale ipotesi maggiormente accreditata, anche se in atto non ancora provata da studi approfonditi, che con la congelazione le tossine vengano fissate nella struttura del fungo e, successivamente, anche se i funghi vengono scongelati e cucinati in maniera corretta, queste perdano la loro caratteristica di solubilità e non vengono più smaltite con la bollitura. Per questa particolare reazione al freddo è sconsigliato raccogliere e consumare questa specie fungina e le specie ad essa affini se la temperatura ambientale è scesa sotto lo zero nei giorni immediatamente precedenti il ritrovamento. 

L’intossicazione da Armillarea mellea si manifesta entro poco tempo dal consumo dei funghi, generalmente 1-2 ore, anche se sono stati registrati casi in cui i sintomi si sono manifestati oltre le sei ore. I sintomi principali sono diarrea, sudorazione, rinorrea, astenia, crampi muscolari, confusione mentale, vertigini, atassia cerebellare.

Hypholoma fasciculare
Hypholoma fasciculare

Fare attenzione, durante la raccolta, a non confonderlo con Hypholoma fasciculare, molto simile ad Armillaria mellea ma particolarmente tossico e con tossine termostabili, (quando le tossine permangono anche dopo la bollitura), non commestibile e causa di sindrome gastroenterica costante di natura violenta con possibili complicazioni epatorenali. Presenta caratteristiche similari ad Armillaria mellea, soprattutto per la analoga crescita cespitosa sopra tronchi di albero ma con caratteristiche morfologiche diverse come il colore delle lamelle che da giallo verdastro diventa nerastro a maturazione, la superficie del cappello sempre liscia e priva delle classiche squamette fibrose tipiche di A. mellea e la mancanza di un anello ben evidenziato, oltre al sapore della carne che è amaro.

Consigli per il consumo: non è necessario utilizzarlo in cucina ma…. se proprio non potete farne a meno fate buon uso di quanto sopra esposto utilizzandolo e cucinandolo in maniera corretta, limitandone il consumo a piccole quantità e mai in pasti ravvicinati al fine di evitare effetti di accumulo e ricorrete sempre, prima del consumo, al giudizio di commestibilità espresso da un micologo professionista. Il servizio è gratuito presso le USP su tutto il territorio nazionale.

Foto:

Archivio mico-fotografico del micologo Franco Mondello

Bibliografia essenziale:

  • F. Boccardo – M. Traverso – A. Vizzini – M. Zotti: “Funghi d’Italia” ed. Zanichelli – Bologna 2013 (ristampa)
  • I. Milanesi: “Conoscere i funghi velenosi ed i loro sosia commestibili” – Ed. Associazione Micologica Bresadola – Fondazione Centro Sudi Micologici – Trento 2015
  • C. Papetti, G. Consiglio, G. Simonini: “Atlante fotografico dei Funghi d’Italia” Ed. Associazione Micologica Bresadola – Fondazione Centro Studi Micologici

Riferimenti siti web:

  • http://www.micologiamessinese.altervista.org/
  • http://www.amint.it/
  • http://www.appuntidimicologia.com/

Pubblicato su:

“I Sapori del Mio Sud” anno XI n. 124 novembre 2015;

“Moleskine” Anno 8 n. 11 Novembre 2015.