Andar per Funghi: i Leccini

Conosciuti, sull’intero territorio nazionale, con la denominazione comune di “Porcinelli”, i Leccini meritano, a pieno titolo, tale appellativo, soprattutto per la loro spiccata somiglianza con i più pregiati e ricercati “Porcini” con i quali spesso vengono confusi, tanto che, non di rado, nei mercati rionali vengono venduti spacciandoli per questi ultimi.

A tal proposito mi piace riportare, solo per curiosità aneddotica, un episodio vissuto personalmente qualche tempo addietro quando, su invito di un amico, incontrato per le vie del centro nella città di Messina, venivo “spinto ad ammirare dei meravigliosi porcini” posti in vendita in un negozio di frutta e verdura sito nelle immediate vicinanze ove, ben predisposta per l’esposizione, faceva bella mostra una cassetta di funghi accompagnata da un cartellino con la scritta: “Porcini…€ 25,00 Kg.”.

Ben grandi furono inizialmente lo scetticismo e l’incredulità, poi l’ira e, successivamente, lo stupore e la meraviglia del venditore quando facevo osservare che non di porcini si trattava, bensì di più modesti prodotti fungini denominati “Leccini” il cui valore sul mercato poteva al massimo raggiungere i 7-8 euro al chilo. Dalla inevitabile discussione nata, potevo appurare che l’incauto fruttivendolo aveva acquistato la merce da uno sprovveduto – o forse furbo – raccoglitore che in buona o mala fede aveva fornito il prodotto senza curarsi, tra l’altro, di accompagnarlo con certificazione mico-sanitaria attestante la qualità e, soprattutto, la commestibilità dei funghi stessi.

Fatto questo breve inciso che vuole, soprattutto, mettere in guardia dall’acquistare prodotti fungini privi della prevista certificazione di commestibilità, ritorniamo alla nostra “riflessione micologica” occupandoci, per i lettori del Magazine che ancora una volta ci ospita, del Genere Leccinum.

Nella sistematica micologica, come avviene per il Genere Boletus, trova sistemazione nella Famiglia delle Boletaceae, Ordine Boletales. Al genere appartengono funghi caratterizzati, soprattutto, dal gambo per lo più slanciato ed ingrossato alla base, di solito con lunghezza superiore al diametro del cappello, ricoperto da squame fitte ed in rilievo. Il cappello, carnoso, si presenta con superficie variabile a seconda delle singole specie: asciutta o vischiosa, liscia, glabra o tomentosa (ricoperta da fine peluria), talvolta screpolata, di colore, anch’esso variabile, bianco, grigio, bruno, rossastro. L’imenoforo (zona sottostante il cappello ove si formano gli elementi cellulari utili alla riproduzione: spore) tipicamente boletoide, è costituito da tubuli lunghi e fini, facilmente separabili, di colore variabile dal bianco-biancastro al giallo o al grigio-biancastro. La carne, per tutte le specie, ad eccezione del Leccinum scabrum, è annerente al taglio ed alla cottura.

Al genere appartengono specie generalmente commestibili (ad eccezione del gambo molto fibroso, coriaceo e, quindi, indigesto, che non va mai consumato); nessuna specie tossica.

Prendono il nome per il prevalente habitat di crescita che li vede, principalmente, ma non esclusivamente, simbionti con specie arboree quali Quercus ilex (Leccio). Si deve a Pier Antonio Micheli (botanico e micologo italiano 1679-1737) il primo studio e l’identificazione di questo genere.

All’interno del Genere, le singole specie vengono posizionate, a seconda delle diverse caratteristiche macroscopiche, in Sezioni:

Sezione Scabra: basidiomi con carne biancastra, immutabile o a tratti arrossante, non ingrigente, non annerente, con tubuli e pori biancastri. 

Sezione Leccinum: basidiomi con carne biancastra, ingrigente o annerente, talvolta prima arrossante. Cappello in prevalenza di colore rossastro, rosso mattone, arancio. Tubuli e pori da biancastri a giallo.

Sezione Luteoscabra: basidiomi con carne da biancastra a giallognola, arrossante a toni più o meno violacei al taglio, poi ingrigente-annerente. Tubuli e pori giallastri.

Non potendo, per ovvii motivi collegati a problemi di spazio, trattare in questo contesto le numerose specie conosciute, ci limiteremo, solo a titolo informativo ed a completamento dell’argomento trattato, a descriverne  alcune.

Leccinum scabrum
Leccinum scabrum

Leccinum scabrum: (Porcinello grigio) capostipite della Sezione Scabrum è quello che maggiormente si avvicina, soprattutto per il colore della carne che rimane, sia al taglio che alla cottura, perfettamente bianca, senza assumere, come avviene per le altre specie, una colorazione grigio-nerastra, al più pregiato “Porcino” del Genere Boletus. Il cappello, di dimensioni variabili da 5 ai 15 cm. va da emisferico a convesso – campanulato, con superficie vellutata, opaca, secca, viscosa con l’umido, di colore bruno, ocra-fulvastro. Il gambo, cilindrico, allargato verso il basso, è totalmente ricoperto da scaglie appuntite inizialmente grigiastre, poi bruno-nerastre. E’ solito fruttificare, in simbiosi con Betulle, dalla fine dell’estate ad autunno inoltrato.

Leccinum aurantiacum
Leccinum aurantiacum

Leccinum aurantiacum: (porcinello rosso) inserito nella Sezione Leccinum ha cappello da subgloso ad emisferico-convesso con margine debordante (riferito alla cuticola che va oltre l’orlo del cappello) di colore rosso-arancio più o meno carico (da cui la denominazione di Porcinello rosso). Il gambo è ricoperto da squame fioccose inizialmente biancastre, poi bruno-rossastre. La carne, inizialmente bianca, vira rapidamente al viola-nerastro al taglio ed alla cottura. Cresce dall’estate all’autunno ed è spesso associato al Pioppo (Populus tremula).

Leccinum lepidum
Leccinum lepidum

Leccinum lepidum: (dal latino lepidum = piacevole per via dell’aspetto) conosciuto anche come “Porcinello d’inverno” per il periodo di fruttificazione che, dall’autunno, si spinge fino ad inverno inoltrato, è tipicamente simbionte con il Leccio (Quercus ilex), ha cappello da emisferico a convesso allargato con superficie liscia e glabra, spesso rugoso-bozzoluta, di aspetto untuoso, di colore bruno-giallastro dalle tonalità più o meno cariche. Ha tubuli lunghi con pori piccoli, tondi, giallognoli, viranti all’ocra-brunastro alla pressione. La carne biancastra vira, al taglio, inizialmente al rosa ingrigendo, poi, con sfumature bruno-violacee. Annerente alla cottura. Per la sue caratteristiche macroscopiche ed il colore giallastro del gambo e dei pori è facilmente confondibile con i Boleti appartenenti alla sezione Appendiculati e/o Fragrantes, in maniera particolare con Boletus impolitus, che sono caratterizzati da gambo e pori verosimilmente di analogo colore.

Vogliamo concludere, precisando che i carpofori appartenenti al Genere Leccinum si diversificano da quelli appartenenti al Genere Boletus presentando, questi ultimi, gambo tipicamente panciuto, ornato da un reticolo più o meno fitto o da punteggiatura o completamente privo di ornamentazione (liscio), tubuli di media lunghezza (sempre meno lunghi di quelli dei Leccini) e carne bianca o gialla, immutabile al taglio o virante, mai annerente al taglio e/o alla cottura.

Vogliamo, memori di quanto riportato nella parte introduttiva, diffidare i nostri lettori dall’effettuare acquisti di prodotti fungini da venditori occasionali o anche venditori rionali o a posto fisso se espongono prodotti privi della prevista certificazione rilasciata dagli ispettorati micologici riportante la denominazione della specie e la commestibilità della stessa, previo accertamento della data di rilascio della stessa certificazione che deve essere recente, non oltre un giorno antecedente la data di acquisto.

Bibliografia essenziale:

  • R. Galli “I Boleti” Ed. Micologica
  • F. Foiera, E. Lazzarini, M. Snalb, O. Tani “Funghi Boleti” Ed. Calderini-edagricole
  • F. Boccardo, M. Traverso, A. Vizzini, M. Zotti “Funghi d’Italia” Ed. Zanichelli

Foto:

Archivio mico-fotografico del micologo Franco Mondello

Pubblicato su: “I Sapori del Mio Sud” – Anno XI n. 118 maggio 2015